Era una cantarella oristanese la brocca della sposa sarda [di Maria Laura Ferru]

cantarella1 - Copia

A cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta sull’onda del rinnovato interesse mondiale per l’arte popolare e per il “fatto a mano”, la ceramica popolare sarda conobbe un risveglio di attenzione da parte di un pubblico che, se da un lato non sapeva cosa farsene di una brocca in case sempre più servite dalla rete idrica regionale, dall’altro cominciava a interessarsi di oggetti che potevano rappresentare il passato. Prese a circolare, all’epoca, una brocchetta a un collo e due – quattro manici che, rispetto al modello corrente, presentava una  decorazione plastica a fiorellini  la cui forma a quattro-sei petali o anche a bocciolo era chiaramente derivata da quella che  nello stesso periodo si applicava ai  pani e ai dolci  della festa. Di conseguenza fu detta “brocca della sposa”.

In realtà quel modello non ha superato l’indagine storica mirata, perché negli inventari sardi dei beni  nuziali e post-mortem, indagati dall’epoca medioevale sino al Novecento presso gli Archivi di Stato di Cagliari e Sassari, non c’è traccia di  una specifica “brocca della sposa” così definita. E come tale niente si trova tra le indicazioni di stoviglie contenute negli Statuti dei figoli di Cagliari e di Oristano. Ma, in quegli stessi documenti storici, c’è invece l’indicazione precisa di quella che poteva essere stata la brocca che non doveva mancare nel corredo di ceramica della novella sposa: la brocchetta da tenere in camera da letto per il servizio notturno dell’acqua da bere. Soprattutto gli inventari dei beni presenti nelle case di Alghero nel Seicento riportano l’indicazione della  presenza della cantaretta ( cantarella, cantarilla,) tra gli arredi della camera da letto e tra le stoviglie da vendere  presenti nelle rivendite algheresi di ceramica oristanese .

Cantarella era il nome che in Spagna veniva  dato alla brocchetta “amb una ansa en la part superior central i dos brocs de diferent gruix  que serveix per tenir aigua o vi i per beure a galet “. La traduzione della descrizione (che dobbiamo al  monumentale Diccionari  català-valencià-balear dell’Alcover), nel  riferire la forma caratteristica del recipiente  spagnolo descrive anche quella della  brocchetta sarda avente  manico ad ansa nella parte superiore  e due versatoi di differente grossezza, per contenere acqua o vino e per bere  a garganella“. Stesso nome per la brocchetta spagnola e per quella sarda: cantarella, stessa forma: ansa in alto e due versatoi, stesso uso: bere direttamente dalla brocca.

Chi produceva cantarelle in Sardegna? La cantarella non è citata tra le stoviglie delle quali  i figoli di Cagliari, a tenore dello Statuto del 1689, dovevano dare dimostrazione pratica per poter aprire bottega. Appare invece attestata  nello Statuto degli Alfareros (figoli)  di Oristano del 1692 nella parte riguardante i capi d’opera che costituivano la prova pratica dell’esame: in essa  si citano espressamente “una media cantara y una cantarilla armadas y  guarnidas ” , termini spagnoli per indicare una brocca media a due anse  e un collo e una brocchetta  ad ansa e due versatori. Che dovevano esse decorate (armadas y guarnidas) alla perfezione, secondo  quanto usuale per la maestranza (segun se estila en dicha maestranza).

L’esemplare di cantarella  riportata in foto, all’esame materiale, si è rivelata di terracotta  rifinita con gabanza, secondo la tecnica esclusiva e distintiva dei congiolargios oristanesi, ed in più  ha rivelato con l’evidenza la decorazione a nastro che le fonti documentarie non potevano indicare e che ci permette di proporne la somiglianza con la produzione spagnola detta “filigranada “.Il termine di canterella non è rimasto nei vocabolari sardi (Spano, Martelli, Porru) con riferimento alla brocchetta a due versatoi e ciò dà ragione del fatto che nel Campidano brocche così erano l’eccezione e non la regola. Esiste una spiegazione storica anche per questo fenomeno: l’assoluta ostilità dei figoli cagliaritani verso i concorrenti sardi ottenne che nel 1689 le autorità cagliaritane imponessero una tassa annua  per tutti coloro che  portassero  per la vendita a Cagliari i loro prodotti, e ciò di fatto tenne  lontano dalla vendita a  Cagliari soprattutto gli oristanesi e le loro ceramiche.

Ora che la città di Oristano, grazie agli studi miei e di Marco Marini, è stata dichiarata nel 2001 “Zona di affermata tradizione ceramica”, in base alla Legge nazionale  n.188/1990, sarebbe bene che si valorizzassero ceramiche originali come la cantarella. Per finire una esortazione a tutela dei nostri beni materiali: era la cantarella quindi la vera brocca della sposa sarda e sarebbe auspicabile che tale testimonianza materiale di usi e costumi  popolari trovasse giusta collocazione museale, a ricordo dell’abilità dei congiolargi oristanesi del passato e a stimolo della creatività dei ceramisti sardi del futuro.

*Esperta di ceramica sarda e perito in argenti antichi

 

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