Se gioca, gioca a biliardo [di Leonardo Mureddu]
(Ma ci gioca da dio). Leggendo gli articoli di Guido Pegna e di Giuseppe Pulina sul caso, la necessità e il caos mi sono ricordato di una lettera che ho scritto tempo fa a un’amica letterata, che vive immersa nel fumo di sigarette e nelle poesie di Rilke, oltre ad essere appassionata di occultismo. Spero che mi si perdoni l’eccessiva semplificazione. Che legame c’è tra una farfalla che batte le ali a Tokyo e il tornado che si scatena a Miami? gli studiosi di fisica dell’atmosfera usano quest’immagine iperbolica per spiegare come i fenomeni atmosferici siano tutti interconnessi tra loro, e niente possa veramente essere considerato irrilevante. Considerando il numero sterminato di oggetti grandi e piccoli che interagiscono con l’atmosfera (dalla fiamma del tuo accendino fino al sole con la sua enorme energia), ci si può rendere conto di come sia difficile prevedere l’evoluzione climatica. Infatti i meteorologi non ci azzeccano molto, se non sulla brevissima distanza, malgrado abbiano a disposizione i metodi di calcolo e gli strumenti più sofisticati del mondo. D’altra parte, anche senza occuparci di farfalle e accendini, sono troppi i parametri indipendenti che agiscono sull’atmosfera. Quindi possiamo considerare l’atmosfera terrestre un buon esempio di meccanismo complicato, di cui è difficile prevedere il comportamento, ma che in teoria potrebbe essere spiegato da un’equazione sufficientemente complessa. Il suo problema principale è che non si tratta di un sistema chiuso, ma interagisce con l’esterno, sia verso la Terra, sia verso lo Spazio. Dal punto di vista fisico-matematico, un sistema “chiuso”, delimitato in uno spazio dove nulla entra e nulla esce, può essere descritto con un’equazione che permette di prevedere il comportamento di ogni suo elemento. Prendiamo per esempio un tavolo da biliardo in un preciso istante. Osserviamo una palla che si sta muovendo con una data velocità, accelerazione, massa. Conosciamo gli attriti, le posizioni delle altre palle, i coefficienti di elasticità delle sponde e di tutti i materiali. Possiamo scrivere un’equazione che ci dirà, una volta risolta, l’evoluzione futura di quel sistema, quali palle verranno toccate, che velocità e direzione assumeranno, e infine come sarà la situazione quando tutti i moti si saranno fermati. Da un frammento di conoscenza potremo sapere tutto. Potremo anche andare a ritroso, almeno fino all’istante in cui è stata introdotta una novità nel sistema, ossia quando la palla è stata colpita dalla stecca del giocatore. In realtà non siamo in grado di conoscere proprio quel momento, ma le equazioni potranno dirci qualcosa circa la probabilità di quell’evento drammatico. Questo tipo di esercizio viene svolto comunemente da ingegneri, progettisti e studiosi di vario genere. Basta un calcolatore della potenza adeguata e la possibilità di misurare con cura tutti i parametri del sistema. Per inciso, il nostro cervello sviluppa ogni giorno migliaia di questi calcoli, a nostra insaputa, per farci acchiappare una palla che ci è stata lanciata, per aiutarci ad attraversare la strada, per farci capire da dove proveniva un rumore, eccetera. Secondo le attuali teorie cosmologiche, il nostro Universo è un sistema chiuso. Nulla (nemmeno la luce) può entrare e uscire dai suoi confini. Questo lo renderebbe il sistema ideale per essere descritto con un’unica, grande, meravigliosa Equazione. E qui viene il bello. Attenzione. Se ipotizziamo un qualunque istante di vita dell’universo primordiale, dall’istante del famigerato big bang, prima della formazione di stelle e galassie, e a maggior ragione prima dell’insorgere di una qualunque forma di vita intelligente, in quell’istante l’Equazione già c’era, ed era perfettamente operativa. Anzi, l’Equazione esisteva a prescindere dall’universo stesso, pronta a descriverlo in ogni suo aspetto evolutivo, malgrado non ci fosse nessuno in grado di scriverla e di svilupparla. Questo è il bello della Matematica, che non ha bisogno di appoggiarsi da nessuna parte per esistere, ma è sempre pronta a dimostrare, combinare, descrivere le cose che esistono. Per le cose semplici basta la semplice aritmetica, per le cose complesse servono strumenti più complicati, a volte complicatissimi, alla portata di pochi. E’ chiaro che nessun essere umano può, né potrà mai, affrontare la complessità dell’Equazione dell’Universo, sia per il grande numero di variabili, sia per la difficoltà a stabilire le condizioni del sistema in un dato istante. Si possono fare dei modelli semplificati che affrontano solo un aspetto per volta, ed è questo il metodo che usano i cosmologi e i fisici delle particelle per aggiungere qualche frammento di conoscenza. Ma l’Equazione nella sua globalità non potrà mai essere scritta, né studiata, né risolta. Quell’Equazione potrebbe essere identificata con Dio, e se rileggi questo periodo ce lo puoi ritrovare (preesistente, onnisciente ecc.). In realtà si tratta pur sempre e solo di una serie, per quanto complessa all’inverosimile, di formule matematiche, che possono spiegare, ma certo non condizionare il sistema. Posto che sia vero ciò che ho appena detto, ossia che l’universo sia un sistema chiuso descritto da un’immensa equazione, è facile rendersi conto di come da questa Equazione discenda tutto, compresa la vita, tutte le vite, le storie le vicende di tutte le umanità di tutti i sistemi solari. Possiamo anche spiegarci cosa lega la farfalla di Tokyo al tornado a Miami: sono tutte soluzioni della medesima equazione; e anche il risultato di un tiro di dadi, o una carta estratta da un mazzo, tutto è previsto, contenuto nella grande Equazione, che in questo caso prende il nome, spesso tanto odiato, di Destino. E anche il nostro decantato libero arbitrio, anche il nostro subitaneo ripensamento erano già previsti all’inizio. Quindi, mi dirai, basta conoscere questa equazione per poter prevedere il futuro e per conoscere il passato più remoto. Ma l’Equazione è talmente grande che non basterebbe tutto lo spazio dell’universo per contenerla, e tutti gli atomi e particelle non sarebbero sufficienti per costruire un calcolatore in grado di calcolarla. E’ questo il problema. Di fatto, però, l’Equazione esiste, anche se non riusciremo mai ad abbracciarla per intero. Proprio come pensiamo di Dio. Ovviamente tutto questo discorso è destinato a crollare miseramente se si introduce un giocatore esterno con una stecca, ossia un elemento metafisico (Dio). In questo caso l’Equazione incontrerebbe un punto di discontinuità per ogni evento imprevisto, e dovrebbe ogni volta ricalcolare tutto, e quel che è peggio non potrebbe mai essere usata per andare indietro nel tempo o per prevedere il futuro, dato che non si sa mai quando arriva (o è arrivato) il colpo di stecca. Ma finora i cosmologi e gli astrofisici non hanno ancora trovato tracce di questi colpi di stecca. Certo, un colpo di stecca decisivo potrebbe essere quello dell’introduzione della “vita”, ma finora non è stata dimostrata alcuna necessità di un intervento esterno per questa nuova funzione: sono sufficienti le leggi della fisica e della chimica per spiegarla, e siccome si tratta di un fenomeno legato a particelle che si aggregano in qualche modo, può essere benissimo contenuto nella grande Equazione, senza bisogno di scomodare il grande Giocatore. Su questo ho fantasticato un giorno mentre facevo una lunga discesa in bicicletta, con il mare a sinistra, il sole in faccia e il cervello a ruota libera. Pensavo alla famosa frase che viene attribuita ad Einstein: “Dio non gioca a dadi”, e infatti Dio (cioè l’Equazione Cosmica), conosce già benissimo quali numeri usciranno. *Tecnologo presso l’INAF |
Il profumo del mare
invade la mia camera
e nel risveglio sento
il respiro dell’universo
*
Quando torna il bel tempo
esco a piedi col sole alto:
mi piace camminare
con la testa tra le nuvole.
* due liriche baishù (antiche poesie giapponesi)
Riassumo ciò che Leonardo Mureddu dice in quest’articolo. La sterminata e – per motivi puramente tecnici – inconoscibile Equazione Cosmica ha alcune delle principali caratteristiche che l’uomo ha attribuito a quella entità da lui creata che ha chiamato Dio, ed è appunto per questo che merita le iniziali maiuscole. Di conseguenza non esistono, almeno in linea di principio, il caso, il caos inteso come confusione indecifrabile, la fortuna o la sfortuna: come dice Dostoiewskij, essendo tutto ciò che accade totalmente nell’ambito della razionale prevedibilità, nulla accade. In conclusione, ma mi dispiace la banalità di questa derivazione da una costruzione profonda e interessante: il fatto di non conoscere l’Equazione Cosmica è ciò che ci salva dalla noia del tutto previsto, del nulla che accade. E possiamo continuare a sorridere al caso, alla fortuna che ogni tanto ci arride e a rammaricarci della maledetta sfortuna. Non conoscere Dio ci salva.
Ringrazio Guido per la perfetta sintesi, e per la acuta conclusione. Ogni tanto mi immagino che anche Dio abbia difficoltà a capire tutti i termini dell’Equazione, e ne sia in qualche modo sovrastato. D’altra parte anche lui è una creatura dell’uomo.