I toponimi, recinto troppo stretto [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione Sarda 21/05/2014 (La città in pillole. Per gli abitanti i nomi dei luoghi assumono significati assai diversi). “Perché del resto nessuna lingua viva ha, né può avere un vocabolario che la contenga tutta, massime quanto ai modi, che son sempre (finch’ella vive) all’arbitrio dello scrittore. E ciò tanto piú nell’italiana (per indole sua)”(G. Leopardi). Sostituiamo lingua con città ed ecco la difficoltà di possederne tutti i codici e di governarla. Non a caso Renzo Piano lancia per la città termini inattuali e muliebri: rammendare e ricucire! Se poi agli atlanti di opere e luoghi aggiungiamo quello dei nomi che abitano l’urbano il vocabolario infinito va oltre“l’arbitrio dello scrittore”. A Cagliari i toponimi sono un’anamnesi di eventi religiosi, geomorfici, cronologici, storici; di ruoli, dispositivi, destinazioni talvolta riconoscibili nelle funzioni e gerarchie non sempre nelle genesi, diacronie, perimetrazioni, esegesi. La città oltrepassa la rappresentazione fisica e le contingenze notarilcatastali. Segue logiche che, nella tradizione erudita e popolare (spesso interdipendenti), assumono valenze metalinguistiche e metastoriche in cui alle logiche iniziali (anche di migliaia di anni) si sovrappongono, inferendo, le nuove. Esemplare la vexata quaestio, in ambito storiografico e nella percezione popolare, del “luogo (o dei luoghi) s. Gilla”, assurto a simbolo di identità ed omologato a Gilia, Igia, Cecilia. La denominazione, ormai autoreferenziale, riassume indistintamente cronologie, spazi, funzioni quali emporio, villa, città fenicia e punica, capitale giudicale, oppido, cattedrale, laguna/stagno, supermercato, aeroporto. Al netto di punti di vista specialistici sui differenti significanti e significati delle diverse declinazioni, il luogo s. Gilla è, nel senso diffuso e nella percezione, l’autopoietico mito fondativo di ogni urbano possibile da quello antico all’attuale passando per l’epopea giudicale.
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