Memorie d’archivio [di Sabrina Sabiu]
In un periodo denso di iniziative volte alla divulgazione della conoscenza del nostro patrimonio culturale stride con violenza quanto accaduto nella notte tra il 10 e 11 maggio scorso nel territorio di San Giovanni Suergiu: nella palazzina della Centrale di Santa Caterina è stato appiccato un incendio al solo scopo di mandare in cenere il prezioso archivio storico dell’impianto industriale, memoria dell’intera vita della Centrale risalente al 1939 e funzionale alla miniera di Serbariu sino al 1963. Il complesso della Centrale di Santa Caterina ricalcava un modello industriale ormai consolidato nell’industria mineraria sarda, quale insediamento operaio nato intorno o accanto alla fabbrica. Modello che nasceva da un dialogo fruttuoso tra committenti e architetti ed ha lasciato tracce preziose negli archivi delle imprese industriali: accanto ai documenti finanziari, contabili, tecnici e produttivi, si conservano disegni e planimetrie attestanti la nascita e lo sviluppo degli insediamenti operai, spesso parte di un più ampio programma aziendale. Al di là di ciò che oggi è rimasto dell’attività della Centrale, oltre le testimonianze orali, ci sono altri aspetti della Centrale – tecnici, industriali, produttivi e professionali – che devono essere accuratamente indagati. L’archivio di Santa Caterina ha rischiato la totale distruzione per un atteggiamento poco incline, da un lato, alla salvaguardia del patrimonio storico, ritenuto non prioritario rispetto ad altre emergenze del territorio, dall’altro per convinzione che il patrimonio storico industriale abbia minor valenza culturale rispetto a quello archeologico. La salvaguardia della memoria industriale è un fatto consolidato sin dagli anni Ottanta con una significativa crescita di studi e pubblicazioni riguardanti la documentazione del mondo del lavoro, puntualmente esaminata per raccontare la storia dell’industrializzazione e della rinascita economica del secondo dopoguerra. Emerge nei convegni e nelle presentazioni dei vari studi la problematicità della salvaguardia e della gestione dei singoli archivi, quando questi vengono ceduti o affidati agli enti locali. L’archivio della Centrale, di proprietà ENEL, fu ceduto al Comune di San Giovanni Suergiu, realizzando nell’Isola un unicum, a fronte del trasferimento del patrimonio archivistico aziendale presso l’Archivio storico ENEL di Napoli, istituito nel 2008. Non è giustificabile la riluttanza e l’indifferenza con cui si è considerato sino ad oggi questo importante patrimonio archivistico locale, il cui riordino e valorizzazione possono costituire volano economico e risorsa storico-culturale per inedite ricerche scientifiche. Gli archivi costituiscono un bene prezioso e imprescindibile per conservare e valorizzare la storia della comunità e dell’intrapresa industriale del nostro territorio. Questo fragile patrimonio di memoria corre il rischio di andare disperso se non è affidato alle cure di esperti, così che assistiamo, talvolta impotenti, a distruzione e dispersione dei documenti per incuria, incapacità o, ancor peggio, semplice inconsapevolezza del suo valore. *Scala elicoidale nella Centrale di Santa Caterina (San Giovanni Suergiu). |
Condivido il richiamo di Sabrina Sabiu sull’importanza degli archivi industriali scritti e orali che, specialmente dal punto di vista antropologico, contribuiscono a mettere in luce la produzione culturale di nuovi saperi, saper fare, saper vivere che caratterizzano la ricchezza pluralmente identitaria della Sardegna moderna e contemporanea, ben più ampia e articolata rispetto ai soli referenti agricoli e pastorali.
Mi sembra una cosa gravissima. La storia industriale della Sardegna, così come la sua storia urbana, hanno purtroppo risentito di troppa marginalità e di scarsissima considerazione. Troppo lontane dal deleddismo per essere narrate, troppo vicine alla realtà per essere neutrali. Meglio, allora, farle fuori.
Un modello di sviluppo “pesante” ci ha lasciato, paradossalmente, un’eredità “leggera” e immateriale. Perchè rappresentata da saperi tecnici e organizzativi e da forme inedite, per la Sardegna, di convivenza civica e civile. Una memoria dal valore inestimabile, ma della quale non esiste ancora una diffusa consapevolezza. Ben vengano quindi i richiami, come questo di Sabrina Saiu, alla salvaguardia di questi aspetti di un’identità oggi più che mai plurale e complessa.
Gentile prof.ssa Sabiu,
sono una studentessa dell’ Università di Pisa e sarei interessata a porLe alcune domande in merito al lavoro di ricerca che ha compiuto per il libro Rosas, ma su internet non sono riuscita a reperire nessun contatto. Potrebbe gentilmente contattarmi o farmi avere un Suo indirizzo mail? La ringrazio anticipatamente.
Cordiali saluti,
Giorgia Murgia