L’ Unione Sarda 15/06/2014. L’ex assessore alla Cultura è il presidente regionale del Fondo Ambiente italiano. Mongiu: rinascita da ambiente, agricoltura e patrimonio storico.
Ci salverà su connottu. O se preferite, la conoscenza, il rispetto del passato, delle tradizioni e del paesaggio, la riscoperta dell’agricoltura e dei vecchi mestieri. «Il fatto che la Sardegna sia il più grande museo all’aperto al mondo per qualità della natura e presenza di reperti storici e preistorici».
Ne è convinta Maria Antonietta Mongiu, che non è soltanto un’archeologa ed ex assessore regionale alla Cultura nella Giunta Soru: è il nuovo presidente regionale del Fai (Fondo Ambiente Italiano). Potrebbe sembrare il solito circolo troppo esclusivo, snob con la pretesa di essere gli unici depositari del verbo. Il dubbio svanisce davanti a testimoni d’accezione: le spianate, i maccheroni mignon e un pane sardo per le cerimonie che Maria Antonietta Mongiu ha appoggiati sul tavolo del suo studio: «Io sono di Pattada, la pasta e il pane freschi li mangio certo, ma li conservo pure per ricordarmi ogni minuto chi sono, da dove vengo e qual è la strada per l’Isola che verrà».
La missione del Fai?
Siamo una fondazione “rifondata a Ivrea”, nelluogo simbolo dei capannoni industriali di Adriano Olivetti diventati spazio culturale. La strada l’hanno indicata il presidente Andrea Carandini, il vice presidente Marco Magnifico, la presidente onoraria, oltre che mitica fondatrice del Fai, Giulia Maria Crespi. Ci battiamo su più fronti: la cura dei luoghi speciali da tramandare alle generazioni future, la promozione dell’educazione all’ambiente e alla conoscenza, al godimento di natura, paesaggio e patrimonio storico. E poi vigiliamo sulla tutela dei beni paesaggistici e culturali. Ruolo attivo, non solo parole».
Lei è una sorta di assessore alla Cultura ombra, visto il suo passato?
«Nient’affatto, non c’è nessun riferimento al mio passato politico-amministrativo. Inoltre è ben noto quanto sia indipendente e non iscritta ad alcun partito. Ho aderito a questa nuova missione con spirito di servizio perché il Fai fa politica della bellezza, del paesaggio, dello sviluppo sostenibile, dell’educazione al rispetto della natura ».
Guardiani di un recinto in cui i buoi sono già scappati?
«No, siamo in tempo, in Sardegna, per un’inversione di tendenza storica. Siamo la regione d’Europa con il più alto numero di monumenti fuori terra da quelli preistorici all’archeologia industriale che devono diventare fonte di ricchezza per le nostre comunità. Abbiamo un paesaggio agricolo importante da tutelare e rilanciare perché importiamo l’80 per cento di quello che finisce nelle nostre tavole, prezzemolo e aglio compresi. Occorre partire da ciò e dalla conoscenza».
Utopia?
«In Sardegna no. Lo insegna la nostra storia: mella Carta de logu erano previste pesanti sanzioni per chi appiccava roghi o devastava boschi o non rispettava la terra che era un bene comune. Il rispetto per la natura l’abbiamo nel sangue».
Non sembrerebbe
«Se pensiamo alle trivellazioni alla ricerca di petrolio, ai poligono militari, all’inquinamento del Sulcis e di Porto Torres qualche dubbio assale. Invece è così. Lo dimostra il Piano paesistico regionale della Giunta Soru. C’erano sicuramente errori cartografici, si poteva migliorare, e bisogna ancora inserire il Piano per le zone interne ma le sue fondamenta erano quelle che il Fai promuove in tutta Italia: difesa del paesaggio, dei beni identitari, dei luoghi storici. Neanche un altro centimetro di cemento in più, né lungo le coste, né nelle periferie e nei centri storici dei paesi dell’interno. Per questo il Governatore Pigliaru deve cancellare la Delibera del 25 ottobre del 2013 che mette in dubbio tutto questo: era il cardine della sua campagna elettorale».
Così secondo qualcuno l’economia muore
«Esattamente il contrario, così risorge. I paesi abbandonati devono dare le terre ai giovani senza lavoro. L’edilizia deve recuperare il patrimonio immobiliare esistente. Quante case invendute? Sfitte? Quanti ruderi? E i posti di lavoro che arriverebbero con le bonifiche ambientali?».
L’agricoltura e la pastorizia muoiono
«Il Fai punta sui quattro elementi canonici: aria (da non inquinare, al bando le emissioni di Co2, acqua (l’acqua è pubblica e si deve riciclare) e terra (le prossime guerre mondiali, vista la carenza di cibo, nasceranno proprio per accaparrarsi risorse idriche e terreni, fuoco (cioè energia, salvaguardare i paesaggi da eolico e fotovoltaico selvaggi). Mai più i terreni agricoli per scopi diversi dall’agricoltura.
In Sardegna il Fai ha solo la batteria militare Talmone di Palau, rudere recuperato
«Diventerà un campo scuola. Stiamo ripartendo con il tesseramento e, da settembre, con un’azione capillare nelle scuole. I “ciceroni” delle nostre iniziative devono moltiplicarsi. Devono essere presenti in tutti i nostri 377 Comuni. Se una bimba di otto anni semina un fagiolo e vede crescere la piantina, da grande vorrà sapere da dove arriva quel che viene portato al mercato. Se un coetaneo durante le giornata Fai spiega ai visitatori la storia di un monumento, sono i primi passi della rivoluzione culturale».
Il suo sogno per Cagliari?
«La gestione secondo il modello del National Trust, che è il riferimento per il Fai, del patrimonio archeologico- naturalistico di Santa Gilla e Tuvixeddu. Cagliari è nata lì».
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