A Santa Gilla il destino dei Sardi [di Maria Antonietta Mongiu]

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L’Unione Sarda 18/06/2014 La città in pillole (Nella piana della laguna si consuma tuttora parte del futuro dell’intera isola). “Quando vogliamo spiegare una cosa, dobbiamo diffidare ad ogni istante della eccessiva semplicità delle nostre suddivisioni”. Così Fernand Braudel.

Lo aveva presente Giovanni Spano nelle sue narrazioni? Quelle sullo stradone di san Pietro e Paolo (Viale Trieste), nell’intrecciarsi delle cause e delle conseguenze, inverano la teoria della lunga durata dello storico francese. Dominanti san Pietro e le sue saline. La chiesa di san Paolo fece spazio (1854) al cimitero dei “cholerosi” ed oggi ad assessorati regionali (P.I. e Urbanistica). Fu anche tofet punico.

Intorno manufatti, tra cui domus e terme che, scapitozzate in nome della modernità, riapparvero dal 1978 dense di riusi nei muri e nei marmi romani diventati cristiani. Spano vi vedeva su tutti il luogo da cui la nazione sarda prese il volo verso quel mito che abita l’inconscio dei sardi malgrado l’Accademia di Berlino smentisse le Carte d’Arborea che attendono nuovi Braudel e Lacan. “Quivi finalmente il re Gialeto nel 687, coi tre fratelli, eresse il vessillo di libertà, e rivendicò l’onore nazionale contro il governo bizantino, dopo che era sparito da tanti secoli colla morte di Amsicora”. Fantasie ma non le geografie e le conseguenze.

Nella piana di santa Gilla, sempre in bilico tra potere e suburra, si consuma tuttora parte dei destini dei sardi. Luogo fondativo per fenici e punici; di mediazione nella romanità; di sepolture per i cristiani con titoli (Salvatore e Pietro) che governarono la genesi della Villa giudicale di santa Igia. Ne sopravvivono lacerti in viale Trieste 105 e in via Nazario Sauro. “Dall’onore nazionale” a scantinati dell’attuale potere.

Degradata san Pietro nel cui nome, nel 1090, Costantino rex et iudex Sardiniae, abbandonò pessimas consuetudines antecessorum meorum, et aliorum principum Sardiniae. Non vale per oggi.

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