Requiem [di Franco Masala]

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E’ triste passare in via dei Pisani e leggere, all’angolo dell’edificio con il viale Regina Margherita, il cartello AFFITTASI nel luogo dove per decenni ha trovato il suo spazio la galleria d’arte La Bacheca. Nei locali di quel seminterrato, gestiti da Lidia Scuto, si sono avvicendati fin dal 1970 mostre e avvenimenti che hanno contribuito a fare la storia culturale cittadina con l’esposizione di opere dei grandi maestri del Novecento – da De Chirico a Ortega a Mario Schifano – e di artisti affermati o giovani che hanno avuto possibilità di farsi conoscere partendo proprio da quelle sale.

E il pensiero non può che ritornare alla vivacità del dibattito culturale di anni che sembrano ormai lontani, favorito anche dai numerosi spazi non tanto istituzionali quanto alternativi. Dalla gloriosa Arte Duchamp, dapprima nella sede di piazza Gramsci e poi in via Marche e nella via Satta fino alla chiusura definitiva, al Feu vert di via La Maddalena, da Photo13 a Spazio A, si potevano ricavare indizi interessanti sulle novità del fare artistico con aperture a livello nazionale e internazionale. Per non dire della interessante collezione di arte contemporanea promossa da Ugo Ugo negli anni Settanta nella Galleria Comunale d’arte, oggi imbalsamata nella Collezione Ingrao (ne rimane, magra consolazione, il catalogo curato da Antonello Negri, 1983).

Oggi il panorama cittadino è profondamente mutato e pochissime gallerie private riescono a sopravvivere in mezzo a mille difficoltà mentre le istituzioni municipali si barcamenano con mostre di respiro non sempre ampio.

A chiudere, quindi, non sono soltanto negozi ed esercizi commerciali ma anche istituzioni culturali. E se qualcuno continua a sostenere che con la cultura non si mangia, sembra ormai chiaro che, al contrario, questa ha il compito di tenere deste le speranze per superare una crisi sempre più profonda.

2 Comments

  1. Antonello Farris

    A fronte di un programma di esposizioni di buon livello il Comune di Cagliari dovrebbe dare un sostegno finanziario alle gallerie private. Un po’ come fa con le tante associazioni di volontariato. Se la città aspira a diventare capitale della cultura in uno dei prossimi anni non può presentarsi senza gallerie d’arte che in fondo sono il segno di quanto i suoi abitanti considerano importante ogni aspetto culturale. Purtroppo sono oramai troppi gli anni di regressione di questa città (poche biblioteche di quartiere, chiudono le librerie, si leggono pochi gornali, nessun cinema di quartiere, altissimo tasso di abbandoni scolastici, pochi sportelli bancomat in periferia, convinzione diffusa che visitare le gallerie d’arte sia tempo perso, utilizzano i mezzi pubblici solo i poveracci, i benestanti lo considerano avvilente, basso utilizzo della bicicletta, convinzione che si debba tenere la propria casa pulita e le strade e le piazze si possano sporcare a piacere, eccetera eccetera). Perciò il Requiem dell’articolo è proprio centrato. Chissà…forse tra una o due generazioni riusciremo a recuperare l’arretratezza culturale e Cagliari potrà diventare capitale della cultura, ma a quel punto saremo nel 2050!

  2. Che altro si può aggiungere?

    “Per non dire della interessante collezione di arte contemporanea promossa da Ugo Ugo negli anni Settanta nella Galleria Comunale d’arte, oggi imbalsamata nella Collezione Ingrao”

    Si potrebbe aggiungere che all’epoca di Ugo Ugo, le giunte comunali,quando andava meno male, erano di centro sinistra. Adesso?

    Mi fermo.

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