Fare bene i tagli per farne meno [di Tito Boeri e Massimo Bordignon]
La voce.info 29.07.14. Se si vuole evitare di sottoporre un paese allo stremo a una cura da cavallo, il Governo ha una sola strada a disposizione: portare a termine almeno una riforma strutturale entro ottobre. E per farlo, può usare la Legge di stabilità per una profonda razionalizzazione della spesa pubblica. VERSO LA LEGGE DI STABILITÀ. Non passa settimana senza che questa venga annunciata come decisiva per il Governo. E certo un Governo ambizioso, che ha fatto molte promesse, ha di fronte a sé costantemente sfide impegnative. Ma ce n’è una più impegnativa di tutte e riguarda la Legge di stabilità per il 2015. Allo stato attuale potrebbe occorrere una manovra da quasi 25 miliardi per evitare di incorrere nelle procedure per il disavanzo eccessivo. L’unico modo per evitarle è varare entro ottobre una vera riforma strutturale. Ci permetterebbe di invocare la clausola delle riforme. Ma nonostante i tanti annunci, nessuna riforma è pronta. Meglio allora fare di necessità virtù, presentando come tale una Legge di stabilità che operi una profonda ristrutturazione della spesa pubblica, senza lasciare fuori nessuno dei capitoli principali, compresi i fondi europei. Dove trovare i soldi? Aumentare le imposte è improponibile; riuscire a operare 20-25 miliardi di tagli alla spesa in un solo anno è molto difficile, benché il Def 2014 indichi ancora in 17 miliardi i tagli previsti nel 2015. E anche se ci si riuscisse, non è auspicabile un aggiustamento di un punto e mezzo di Pil in un’economia esangue, che sa solo passare da recessione a stagnazione. È d’altronde ridicolo continuare a chiedere flessibilità alla Commissione. Le regole ci consentono flessibilità solo se, prima di presentare la manovra di bilancio, riusciamo a documentare di aver fatto qualche riforma, nel senso pieno della parola, vale a dire compresi i decreti attuativi. Infine, ignorare i vincoli europei è molto rischioso per la valutazione che ne potrebbero dare i mercati, ancor più che per le sanzioni previste in questi casi.
ABBIAMO QUALCHE RIFORMA PRONTA? Purtroppo, il Governo Renzi è molto in ritardo nella sua ambiziosa agenda. Molte delle riforme annunciate esistono per ora solo in powerpoint. Si è parlato di una riforma della Pa per un mese prima di vedere un articolato e scoprire che si trattava solo di un disegno di legge delega con principi molto generali. La riforma del lavoro, la cui discussione in Parlamento è stata rimandata a settembre, è anch’essa un disegno di legge delega talmente generico che la maggioranza litiga aspramente sulla sua interpretazione. Per di più, molte delle proposte del Governo sembrano aumentare più che ridurre le spese. È il caso del pensionamento anticipato a 62 anni senza penalizzazioni dei dipendenti pubblici o della “riforma del terzo settore” che aumenterà le agevolazioni fiscali per l’impresa sociale. E si potrebbe continuare. Insomma, l’esecutivo allo stato attuale non ha alcuna riforma strutturale pronta da portare al tavolo europeo. E certo non può essere quella del Senato, comunque solo alle battute iniziali, a prendere il posto delle riforme economiche strutturali. Secondo, non può essere affidata solo a interventi sulle partecipate comunali, sulle centrali d’acquisto o sui fabbisogni standard degli enti territoriali di governo. Tutti interventi potenzialmente utili, ma chiaramente insufficienti allo scopo. Se fatti bene, richiedono tempo per portare a casa risparmi significativi, se fatti male, solo per far cassa, rischiano di creare solo ulteriori problemi. Terzo, bisogna ricontrattare a Bruxelles il finanziamento dei fondi strutturali europei. Non solo il co-finanziamento nazionale, ma l’intero meccanismo andrebbe rivisto. Quei soldi potrebbero essere spesi molto meglio o, meglio ancora, risparmiati. Il partito di coloro che vivono di fondi strutturali continua a sostenere che è troppo tardi per misure di questo tipo. Ma non è mai troppo tardi per ridurre gli sprechi. |