Ridateci la politica: anche noi sindaci abbiamo bisogno di fare quella regionale [di Umberto Cocco]

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Si scioglie qualche tensione fra comuni e regione ad Abbasanta all’assemblea dei sindaci davanti ai vertici dell’Anci e all’assessore regionale alla programmazione Paci. Ma molti equivoci restano. Uno lo alimenta lui, l’assessore che si proclama più volte in quindici minuti “un economista”, e vanta a suo merito di non essere stato candidato e di non volersi candidare mai: beh, questa concezione di sé dei tecnici segna una distanza, vuole segnare una distanza; ma mentre pensa di marcare una superiorità almeno intellettuale, una capacità di astrazione che permetterebbe loro di fare le scelte migliori, svincolati dalle pressioni dei “portatori di interesse” (fra i quali un po’ incautamente Paci annovera il sistema delle autonomie locali . Glielo fa notare il sindaco di Bortigiadas, Deiana: i sindaci sono portatori di interessi sì, ma di interessi generali…) in realtà certifica un’estraneità, un vuoto di relazioni e dunque anche di conoscenza, di presa sulle cose.

Non ha colpe questa giunta, di queste mode culturali della stagione dell’antipolitica, anche nella versione di centrosinistra e nella declinazione sarda. Non ha colpe di essersi trovata i conti in rosso, buchi, promesse di spesa che non si potevano mantenere, fatte a larghe mani alla vigilia della campagna elettorale da Cappellacci che però non è che sia stato troppo criticato negli anni scorsi e nella stessa campagna elettorale. Ma le cattive impostazioni culturali sono colpevoli, e comunque presenteranno il conto, hanno conseguenze, anche se lì per lì sembrano giovare all’immagine di chi le divulga, le utilizza, se ne fa bello.

Ridateci la politica. Non banalmente soldi, direi tornando ai sindaci, non opere pubbliche a campagne regionali (di volta in volta musei, centri polivalenti, una volta le piazzette ad anfiteatro, i mattatoi comunali, ora Renzi decide di finanziare scuole dove non ci sono più ragazzi che le frequentino). Non uno stanziamentino per ogni museo in pericolo o per lo scavo che finisce nella prima pagina del giornale nel vuoto d’agosto, la sottosegretaria sarda che fa la gara con l’assessore regionale a chi promette per primo di trovare due soldi. Quelli giusti sì, per tenere in piedi i paesi, riparare le buche delle strade, e a parlare troppo di scuole non pensando che le parole sostituiscono le cose in quella dimensione.
Ho detto all’assessore che tantomeno una giunta di tecnici si può permettere di stabilire con i comuni un rapporto in cui questi rivendicano, e quella concede o nega, a seconda, nel gioco generale degli equilibri fra portatori di interesse, appunto. Nella idea della Costituzione italiana (sovranista?) che i comuni sono anche la Regione, sono lo Stato, che Piersandro Scano è stato bravissimo a porre in pochi giorni come premessa di ogni iniziativa dell’Anci da neo-presidente – per togliere supponenza, abbattere distanze, ristabilire corresponsabilità – in questa idea non (solo) di soldi si tratta, ma di partecipazione. Paci dice che sì, è d’accordo, che quello è il quadro e che la giunta Pigliaru non si sogna di metterlo in discussione.

Ma le scelte contano. Anche per il valore simbolico: avere cominciato mettendo 210 milioni nell’edilizia universitaria di Sassari e Cagliari è una scelta di questa giunta, no? E non lo dico perché per me la cultura viene dopo, anzi…. Cancellare tutti i bandi già vinti dai comuni è una scelta. Sono scelte anche quelle non ancora fatte, nemmeno annunciate. Per esempio: che ne sarà della gestione dei beni culturali a macchia di leopardo e a seconda della fortuna avuta nel 1986 quando cominciò questa pacchia, 150 milioni di euro ogni anno alle cooperative culturali che sono ormai un retaggio insopportabile dell’assistenzialismo senza costrutto, un sito gestito e l’altro accanto no; non so chi se li inventò all’origine ma ora in un chilometro ad Abbasanta e Paulilatino agiscono due cooperative per due siti archeologici, e poi per vasti territori a sud e a nord niente, come se fossero deserti senza beni.

Mi permetto di ridire anche ai miei colleghi: non opere pubbliche comune per comune rivendicherei, non cascherei nella trappola che ciascun sindaco è per sé anche quando fa gruppo come stamattina ad Abbasanta, lasciando alla Regione di stabilire i criteri e la natura dell’opera, delle opere. Ma un posto nella programmazione regionale, che aiuti la regione ad avvalersi nel modo giusto dell’apporto dei comuni, e i comuni ad emanciparsi dalla dimensione locale, dalla corsa ai soldi a prescindere, questo chiederei, a noi stessi e agli altri. Prendiamo la scuola: Pigliaru sta facendo assai meglio di Renzi, che ha imbrogliato le carte per fare propaganda in materia di edilizia scolastica, disperdendo risorse e finanziando a casaccio appunto anche scuole senza più bambini. Ma per esempio, nei finanziamento imminente sia pure irrisorio (30 milioni per 1500 scuole della Sardegna, quando il sindaco di Cagliari ne ha messo 20 nella sole scuole della città, senza nemmeno suonare la grancassa, ha detto ad Abbasanta) c’è posto per razionalizzare gli spazi, accorpare scuole, destinare ad altro gli edifici sovradimensionati? E’ una questione enorme in Sardegna questa degli edifici sovrabbondanti e ingestibili ormai nei comuni che ne hanno costruito e recuperato a iosa negli anni delle vacche grasse, e ora non hanno un euro per aprirli una volta all’anno a far entrare aria, mentre cascano a pezzi porte, finestre, tetti.Negli schemini allegati al censimento del fabbisogno non c’è lo spazietto per dire questo.

Vorrei dire che i comuni devono partecipare allo sforzo di risanamento del Paese e della Regione, e la Regione deve chiamarli a questo, prima che insieme comuni e regione siano sacrificati dopo le province dall’ansia semplificatoria che percorre l’Italia. Ho idea che Renzi non meno di Berlusconi stia giocando con molti aiuti esterni a semplificare gli assetti del potere sino alla progressiva cancellazione dei corpi intermedi, come li chiama Giuseppe De Rita. I partiti, i sindacati nella società, e poi negli assetti istituzionali le province, adesso i comuni (basta leggere il “Corriere della Sera” da qualche giorno, i comuni fatti bersaglio per la proliferazione di società partecipate, e poi nei report di Cottarelli accusati di alimentare un ceto politico esageratamente esteso. Giuste cose, ma semplificate, generalizzate, fatte campagna politica di opinione). Populismi vecchi e nuovi con i quali si cercano soluzioni semplificate in un rapporto diretto fra leader e opinione pubblica televisiva. Ha ragione Massimo Zedda: Renzi che si fa bello di cancellare le tasse, e prima di lui Berlusconi, poi toglie i soldi ai comuni e dice loro: mettete voi le tasse sulla casa, i rifiuti, i servizi. Un capolavoro di sputtanamento dei comuni, così subìto, che fa rabbia.

Moriremo non per mancanza di risorse, temo. Ma perché perderemo il giusto senso delle cose, delle gerarchie, dei bisogni. Guai a farci intrappolare nel ruolo di chi quando va bene fa ordinaria amministrazione nel proprio paese, lasciando fare ad altri la politica, le scelte – a Renzi, ai tecnici della giunta regionale, ai giornali – e quando va male tiene aperto l’ufficio del sindaco perché i disoccupati abbiano un luogo dove andare a protestare. Ho bisogno di fare anch’io la politica scolastica, quella regionale, non la corsa ai finti bandi di Renzi a chi ha più amianto nelle coperture e nei pavimenti che danno premialità anziché penalizzazioni, come dice il sindaco di Neoneli.
L’assessore Paci ha risposto (così l’ho intesa) ricordando la non felice stagione della programmazione nei territori, quella partecipata di 7 o 8 anni fa. Beh, siamo deboli tutti, quanto a programmazione. I professori e i sindaci. E quella fu più una stagione di professori che di sindaci, che fossero assessori o che non lo fossero (ancora), nelle estensioni e nelle sovrapposizioni dei cerchi (magici).

*Sindaco di Sedilo

 

3 Comments

  1. Maria Luisa Vargiu

    Ad agosto 2014 leggere l’ articolo del sindaco di Sedilo Umberto Cocco è osservare ” le verdi palme ” della buona politica.
    Una sorgente d’ acqua dolce come per magia le nutre, le rinvigorisce.
    Intorno è caldo, è arido, è il deserto salato che avanza.

  2. Daniele Cau

    Programmazione …. i Sindaci devono darsi da fare perché la Regione dia finalmente alla luce un progetto organico di sviluppo per la Sardegna. Considerazioni da tenere bene a mente quelle del Sindaco di Sedilo.

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