Dall’erba cali ai capperi [di Franco Masala]
Nel 1800 le autorità militari concessero ad alcuni privati cittadini di Cagliari i terreni “lungo i fossi e gli spalti delle fortificazioni dall’Avanzata alla darsena” con lo scopo di coltivarvi l’erba cali, nome volgare della Salicornia. Dalla soda ricavata dalle sue ceneri, mescolata con la sabbia, si poteva realizzare il vetro, peraltro di mediocre qualità, tanto che l’iniziativa non ebbe grande seguito. Nel 1842, infatti, il re Carlo Alberto concesse alla città di Cagliari i “tre fossi chiusi a muro” sotto i bastioni del Castello per farne dei semenzai. Sono gli spazi dove oggi sorgono il giardino sotto le mura e l’ex sede dell’Unione Sarda con alcuni villini che, da metà Ottocento, divennero sede del vivaio comunale o “pipiniera”, secondo la denominazione d’usanza franco-piemontese. Era la trasformazione definitiva dello spazio antistante la strada coperta di impiego militare, divenuta la passeggiata del Terrapieno, finalmente recuperata alla fruizione pubblica e civile. Oggi, ai piedi delle fortificazioni lungo il viale Regina Elena, non è difficile vedere molti cagliaritani che raccolgono i boccioli dei capperi dentro una bustina di plastica da supermercato. I substrati calcarei, infatti, sono terreno ideale per la crescita del saporito alimento che, in modo spontaneo e rigoglioso, attecchisce tra le connessure delle antiche pietre. Quindi a chiunque è data la possibilità di raccoglierlo e di metterlo sotto sale. Così, gustando una pizza napoletana verace o un succulento intingolo, si può dire che si stia mangiando un pezzetto di storia. *Nella foto: Il vivaio comunale di Cagliari ai piedi del Castello, oggi giardino sotto le mura (1935). |