Salviamo il Centro di documentazione delle donne di Cagliari [di Lea Melandri]

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Non posso pensare che il Centro di documentazione delle donne di Cagliari, per la storia e il significato che ha avuto per la città, ma anche per la Sardegna e per il movimento delle donne in Italia, sia a rischio di chiusura.

A partire dal femminismo degli anni ’70, sono stati luoghi di sapere e risveglio delle coscienze come questo, che hanno permesso di portare al centro dell’attenzione politica il rapporto tra uomini e donne, ad avviare processi formativi ed educativi capaci di contrastare gli effetti distruttivi di un dominio così a lungo confinato nella “naturalità” dei ruoli e negli interni delle case.

Sostenuti quasi unicamente dall’impegno gratuito delle donne che li hanno creati e conservati nel tempo, oggi risentono del disinteresse che spesso hanno incontrato da parte delle istituzioni pubbliche, le stesse che oggi si dicono, almeno a parole, preoccupate della violenza tra i sessi che sta emergendo, insieme alla maggiore libertà delle donne nelle loro scelte, personali, lavorative, culturali e politiche.

Mi auguro, come è accaduto in altre città -penso in particolare a Milano e a Ravenna, dove sono nate da poco Case delle donne col sostengo delle amministrazioni locali- che siano le donne presenti nei consigli comunali, regionali, nei parlamenti e nei giornali, a garantire la continuità di un patrimonio di pensiero essenziale per la convivenza tra i sessi e, in generale, per la civiltà in cui viviamo

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