La rivoluzione di Filippo Vivanet [di Maria Antonietta Mongiu]

palazzo vivanet

Filippo Vivanet è tra i sardi illustri di quell’Ottocento meno frequentato di quanto meriti e in cui l’archeologia, come in Europa, legittima la nascente borghesia. Nato a Cagliari da piemontesi che radicarono in città e nel contado tanto che Quartucciu chiamò Sa domu de Vivaneti un antico complesso acquistato da Antonio, fratello di Filippo.

Allievo di Gaetano Cima e come lui architetto e docente coltivò passioni archeologiche tanto da diventare nel 1891 Direttore dell’Ufficio regionale dei monumenti fino alla morte nel 1905. Con il fratello commissionò (1893-1895) a Cesare Picchi il palazzo omonimo, in stile neogotico, inaugurando il fronte mare di via Roma . La rivoluzione urbanistica e il respiro europeo in città si erano già materializzati nel progetto di Piazza del Carmine (1841-1847) e nel Piano Regolatore Generale (1858) di Cima, ancora oggi linea guida della città.

Filippo Vivanet si fece sintesi di quella rivoluzione in bilico tra città e campagna, cultura, pragmatismo e visione secondo il profilo di una borghesia che oltrepassò la cinta daziaria. Aiutano in tal senso una rilettura di Salvatore Satta, Enrico Costa, Giovanni Antonio Sanna, Francesco Guiso Gallisai ma pure gli scavi dell’architetto-archeologo. In primis Cala Moguru di santa Gilla. Esemplare perché furono coinvolti eminenti scienziati: Patrizio Gennari, Domenico Lovisato, Eugenio Ficolbì.

Sappiamo poco più di quella narrazione del 1893. Un fanum lacustre di una divinità salutifera con centinaia di coroplastiche come ex voto. Teste umane e zoomorfe, arti (piedi, mani) prodotti in loco. Un imperdibile campionario fa bella mostra al secondo piano del Museo di Cagliari. Tra mani di stile ellenistico occhieggia una splendida gran mano a prova di riti comunitari antichissimi perdurati nelle fasi punica, repubblicana e molto oltre.
* L’Unione Sarda 27/08/2014. In bilico tra città e campagna con un respiro europeo.

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