Alla luce dell’accordo Stato-Regione, quale manovra finanziaria per il 2015? [di Pietro Tandeddu ]

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Secondo le vigenti norme regionali in materia di contabilità, la Giunta Regionale deve approvare e presentare al Consiglio, entro il 30 settembre, la manovra finanziaria per il 2015. Alla luce del recente accordo tra Stato e Regione, premesso che il risultato sul patto di stabilità, sia pur lontano dalle aspettative, rappresenta comunque un risultato rispetto al niente della Giunta Cappellacci, deve essere in primo luogo fatta chiarezza sull’ammontare delle entrate sulle quali la Sardegna potrà contare.

La Regione ha rinunciato al contenzioso aperto con lo Stato per cui sorge spontanea qualche domanda : l’accordo raggiunto a suo tempo dalla Giunta Soru e sancito dall’art.1, comma 834 e seguenti della legge finanziaria statale per il 2007, stabilisce chiaramente le percentuali spettanti alla Sardegna rispetto alle diverse categorie di imposte. Ora, rispetto alle somme dovute per legge, è bene conoscere quanto la Regione ha effettivamente accertato e riscosso dal 2007 ad oggi. La Regione ha o no rinunciato ad un qualche credito rispetto ai calcoli di legge? Sulla base delle tendenze attuali dell’economia, su quali trasferimenti statali si potrà oggettivamente contare per il 2015?

La domanda non è inopportuna, anche perché, in virtù di quell’accordo, la Regione si è accollata la spesa sanitaria e, a partire dal 2010, la spesa per il trasporto pubblico locale e per la continuità territoriale. A proposito, a quando una discussione seria e la concretizzazione di misure riferite alla continuità territoriale delle merci? Nel corso della polemica estiva tra maggioranza ed opposizione, si è riparlato di norme di attuazione. Ma non si era chiarito che ciò non era necessario?

Chiarito il tutto, la prossima manovra finanziaria non potrà comunque prescindere da un ulteriore contenimento della spesa pubblica regionale al fine di consentire una politica di investimenti e non caratterizzare il bilancio come bilancio di mera spesa corrente senza una minima massa di risorse manovrabili che, ai tempi della Giunta Soru aveva raggiunto il 30% delle risorse complessive.

Pur constatando che il Consiglio Regionale ha fatto negli ultimi tempi uno sforzo meritevole per contenere i suoi costi, tuttavia è ancora aperto il tema del contenimento delle spese del personale non politico, sul quale si registra invece l’impegno del Parlamento italiano, poiché gode di uno stato di privilegio rispetto alle altre branche dell’Amministrazione regionale. Sarebbe opportuno il blocco della contrattazione per qualche anno e, se mi è permesso, la pubblicazione integrale, sul sito del Consiglio, del contratto collettivo di lavoro, che pare essere sconosciuto alle stesse segreterie regionali confederali e di categoria dei sindacati.

Al presidente Ganau chiederei inoltre di pubblicare integralmente il bilancio del Consiglio e di farsi portavoce presso i gruppi consiliari dell’esigenza di una modifica del regolamento interno consiliare per abrogare la norma che oggi consente la discussione e votazione del bilancio in seduta segreta quando la Presidenza del Consiglio o almeno dodici consiglieri lo richiedano.

Condivisibile l’impegno della Giunta sulla riorganizzazione della struttura amministrativa regionale, ma mirando meglio gli obiettivi. Non trova, per esempio, facile spiegazione la scelta della riduzione del numero dei servizi dell’assessorato dell’agricoltura quando sono ridondanti quelli delle Agenzie e mentre si assiste ad un esodo ormai patologico di funzionari verso altri assessorati, alla mancata indizione, da circa 25 anni, di concorsi regionali per agronomi. Non esiste il dirigente idoneo a tutte le funzioni.

Che dire poi del mantenimento dello specifico stato giuridico del personale del Centro di Programmazione; sono lontani i tempi di Colavitti. Il personale potrebbe benissimo transitare nei ruoli dell’Amministrazione, magari istituendo una specifica direzione generale, se è vero, come è vero, che l’Assessorato è denominato Assessorato della Programmazione e Bilancio, abolendo la direzione generale per la programmazione unitaria presso la presidenza.

C’è dunque ancora spazio per contenere i costi e recuperare risorse utili, da un lato, a contrastare situazioni di precarietà dovute alla crisi industriale, e non solo, una povertà crescente, ma soprattutto per impostare una politica che dia prospettive ai giovani e politiche attive del lavoro che sono rappresentate in primo luogo dalle politiche per l’impresa.

 

 

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