Vissero d’Arte. Altri ricordi di B.B. [di Andrea Carandini]
Nel “Domenicale” di due settimane fa Gonzales-Palacios ha recensito gli Appunti per un libro di ricordi di A. Giuliano. Lì egli rievoca Ranuccio Bianchi Bandinelli (1900-1975), considerandolo affascinante ma contraddittorio (sempre), narcisista (spesso), diviso fra inclinazione e intelletto, mentalmente molto ben costruito – al fascista Giglioli tutto il nozionismo -, con sorprendente intuito storico e notevole gusto estetico. C’è da incuriosirsi per un personaggio tanto ragguardevole. Ottimo sussidio per conoscerlo è la biografia di M. Barbanera (Skira, 2003), che lo stesso Gonzales Palacios ha raccomandato la settimana scorsa. Ciascuno veda in un grande personaggio una persona diversa, perché l’io spesso è diviso e soprattutto perché divisi sono gli uomini in giudizi e pregiudizi. Tuttavia vale la pena correggere alcune impressioni che dalla recensione si traggono, specialmente quelle che più contrastano i miei ricordi di allievo. Gonzales Palacios scrive che conoscere B.B. “non è stata una esperienza indolore”. Ciò può essere vero per Giuliano. Ricordo che da un certo momento – segnato probabilmente dalla fondazione della rivista “Dialoghi di Archeologia”(1967) e da una nuova mandata di allievi tutti allora arrabbiatissimi – il rapporto con Giuliano era mutato. Per me e credo anche per altri allievi il rapporto con B.B. è stato intenso e piacevole. Scrive ancora Gonzales Palacios: “come Longhi, adorabile e crudele con gli allievi, non evitando divisioni e gelosie proprio per la sua stessa instabilità sentimentale e a tutti lasciò un’ombra malsana di cui nessuno è stato in grado di liberarsi del tutto. Questo fantasma di Banquo serpeggia nel resoconto (di Giuliano) e forse spiega il ritegno… dell’autore”. Qui il recensore ha probabilmente scambiato una parte con il tutto. Con me B.B. mai è stato “crudele”, anzi straordinariamente accogliente e tollerante, anche quando ho lasciato la storia dell’arte antica per l’archeologia e i suoi materiali vili e ciò nonostante ha sostenuto la mia chiamata a Siena; neppure è stato “adorabile”: aveva infatti un tono affabile ma assai ritegnoso. Se fra i suoi allievi vi sono state divisioni eccessive, in alcuni casi anche oltre il normale, non è stato per la sua supposta “instabilità sentimentale”, a me ignota, o per una instabilità di carattere, da me non riscontrata. Per me e penso anche per altri allievi B.B. è stato non una “ombra malsana” – quale esagerazione! – ma un maestro dialogante e rispettoso, di cui non ho ragione di liberarmi, sia perché ho condotto una vita scientifica diversa come più mi è piaciuto e sia perché il fascino culturale che mi ha trasmesso come raro italiano-europeo ancora mi tiene compagnia, insieme a quella di altri mentori amati. Leggo poi: “Non si sentiva a casa sua a Geggiano”. Secondo me adorava quella villa – restaurata e ancora abitata dalla famiglia -, ch’egli ha ricostruito nel suo assetto settecentesco, dopo mescolamenti incongrui di mobili; ricordo il suo tour du proprietaire, dove era autenticamente sé stesso (Siena, un altro luogo). Leggo infine che “non divenne un vero comunista”. Lo fu invece in pieno, tanto che votò l’estromissione di quelli del Manifesto pur non condividendola: il privilegio andava pagato e lui ha scelto la camicia di Nesso che gli conveniva; le delusioni politiche alla fine non sono mancate, procurandogli un dolore che ha guardato in faccia. Se i suoi allievi si sono oltremodo divisi – avanzo l’ipotesi – è stato per troppo ammirazione e affetto per l’unico uomo fuori del comune che allora ci è stato dato incontrare, per cui tra i figli accademici si è ingaggiata una competizione mai spenta, avvenuta suo malgrado; direi anche indegna del suo magnifico insegnamento. Non mi stupisco che circolino interpretazioni diverse su B.B.. La mia vuole arricchire il quadro, inserendo un altro punto di vista. B.B. ne esce meno fosco e più interessante. Uomini non convenzionali come lui e l’altro B.B. (Bernard Berenson) – da lui tanto diverso, entrambi con gran stile – non ne ho visti più (oltre scritti e fotografie, Geggiano e I Tatti dicono moltissimo su di loro). E’ forse il caso che scriva anche io i miei ricordi, come Gonzales Palacios ha invitato a fare? E’ vero agli Italiani piace poco la vita pratica, i diari, gli arredi e i monili (gli storici dell’arte li abbandonano generalmente agli antiquari e l’archeologo ciò mal sopporta).
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