Carloforte : un angolo di Liguria in terra sarda [di Laura Candiani]

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La toponomastica ricorda due donne generose L’uiza de San Pé (isola di san Pietro) -sesta per superficie fra le isole italiane- ospita  un solo pàise:  Carloforte  (fondato il 17 aprile 1738) che prende il nome da Carlo Emanuele III di Savoia, il sovrano che trovò una nuova patria  per i profughi, di origine ligure, che vivevano da circa due secoli nell’isoletta tunisina di Tabarca.

 In questo luogo praticamente disabitato, vicinissimo alla costa e alla gemella isola di Sant’Antioco, i “tabarchini”  mantennero  le usanze tenacemente conservate e crearono un ambiente che stupisce il visitatore che arriva dal mare: un villaggio colorato di sfumature pastello, case aggrappate alla collina, vicoli che salgono ripidi (creuza de ma) , palme e bouganville, agricoltura a terrazze. Ancora oggi  si parla il dialetto di Pegli e se ne incoraggia l’uso anche a scuola, si usano cibi tipicamente liguri (come il pesto, le trofie, la farinata di ceci), si scrivono cartelli e insegne in tabarchino (con gli articoli “u” al maschile e “a” al femminile), si trovano cognomi come Parodi, Baghino, Brichetto, Pittaluga. Un angolo della vecchia Liguria magicamente trasportato in terra sarda .

La toponomastica locale, oltre a ricordare la storia propria degli abitanti (piazza Pegli , via Tunisi , piazza Carlo Emanuele), rimanda alle isole del Mediterraneo (via Ponza, via Pianosa, via Tabarca, via Caprera,via Isola Piana)e alle località culturalmente affini (via Calasetta, via Chiavari, via Alicante, dove si erano stabiliti altri profughi che oggi hanno perduto però le antiche tradizioni).

Il dato più evidente tuttavia emerge dalle attività legate tradizionalmente alla pesca soprattutto del tonno  e del corallo che sono state primarie per la vita e il sostentamento della popolazione e oggi si mantengono (anche con feste e sagre come il “Girotonno”); troviamo dunque una serie di strade con nomi oscuri per i non addetti : via Raìs (il capo delle operazioni della tonnara), via Calafati (gli operai addetti alla impermeabilizzazione degli scafi), via Tonnarotti, via Corallari, corso Battellieri, via dei Naviganti, via dei Salinieri, via delle Mosciare (piccole barche da pesca), piazza dei  Galanzieri (i trasportatori di galena, minerale a base di piombo: lavoro pericoloso e durissimo che il medico piemontese Cavallera cercò di tutelare).

Le donne non avevano molto spazio in questo mondo di lavoratori quasi totalmente maschile (a loro poteva essere riservato il compito di riparare le reti e di intrecciare le nasse, oppure  di pulire, salare, cucinare il pesce); la toponomastica locale non ricorda le lavoratrici né le regine dei Savoia, ma curiosamente, oltre a dedicare due vie che partono dal lungomare  una a S. Teresa (e arriva proprio  al forte Santa Teresa) e l’altra a S. Lucia, presenta una lunga strada in alto, che circonda a ventaglio il paese , chiamata salita Santa Cristina.

Vengono così costeggiati i resti delle  mura, l’antica porta Leone, le scuole elementari, il liceo, la scuola media, il forte Santa Cristina: passeggiando si domina fino al mare con bellissimi scorci del porto e delle stradine scoscese. Carloforte ricorda poi –con due vicoletti fra loro vicini- l’educatrice religiosa suor MariaScaccabarozzi (1899-1984) e la beata Carolina Damele; quest’ultima era nata proprio nell’isola, nel 1883,  e si dedicò fin da giovane alla preghiera e alla povertà, divenendo terziaria. Prima a Roma e poi a Gaeta  – dopo aver lasciato i suoi beni ai parenti –  si adoperò attivamente per i malati e i bisognosi, vivendo in umiltà francescana. La morte la colse a Gaeta nel 1952, ma dal 1988 le sue spoglie sono state riportate a Carloforte.

Un’altra particolare storia di generosità e altruismo riguarda una donna dal nome fiabesco, così bello che  sembra inventato e alla quale dedicheremo un intero articolo : Fortuna Novella

 

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