La difficile uscita dell’Italia dalla Grande Crisi [di Antonella Crescenzi]

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Pubblichiamo l’abstract della comunicazione introduttiva che l’economista Antonella Crescenzi terrà al Convegno Come creare lavoro? Quale e come? che si terrà a Pattada Venerdì 12 e Sabato 13 settembre all’Hotel La pineta nell’Edizione 2014 de S’Ischola de su Trabagliu, organizzata dall’Associazone culturale LAMAS (NdR).

La Grande Crisi del 2008-2009 che ha portato recessione e disoccupazione in tutto il mondo sembra non avere fine, almeno in Europa e in Italia. Infatti, se gli Stati Uniti e i paesi emergenti sono tornati presto a crescere, l’Europa nel 2014 mostra ancora un’economia debole e segnata da un pericoloso processo di deflazione.

In Italia la Grande Crisi ha accentuato gli effetti degli squilibri strutturali del sistema-paese che si erano cominciati a manifestare già dagli anni novanta con il progressivo rallentamento della crescita. La perdita complessiva di Pil tra il 2008 e il 2013 è stata pari a 9 punti percentuali; la produzione industriale si è ridotta di un quarto; l’occupazione è crollata; il numero dei poveri è raddoppiato.

Nel 2014 il Pil, dopo le speranze suscitate dal risultato positivo del quarto trimestre del 2013 che interrompeva una serie di 9 cali consecutivi, è tornato a diminuire nel primo e nel secondo trimestre. La tanto attesa ripresa sembra allontanarsi ancora una volta, rimandando l’anno di svolta al 2015.

Per l’economia della Sardegna, in netta recessione nel biennio 2012-2013, le informazioni raccolte nei primi mesi del 2014 indicano in prospettiva un leggero miglioramento del quadro economico, anche se i segnali rimangono caratterizzati da elevata incertezza e il mercato del lavoro risulta compromesso, con l’occupazione scesa al livello più basso degli ultimi 10 anni, un elevato tasso di disoccupazione, soprattutto tra i più giovani, e crescenti difficoltà di chi ha terminato gli studi nel trovare opportunità di impiego.

In questo difficile quadro, la politica economica è chiamata a intervenire: senza le riforme che il nostro Paese aspetta da lungo tempo la crescita negli anni a venire rimarrà bassa. Occorre, allora, sostenerla coniugando in maniera ottimale gli strumenti di policy nazionali con quelli disponibili a livello europeo.

Ad esempio: avviare un serio processo di riforme, rispettando le regole europee di bilancio ma utilizzandone tutti i possibili margini di flessibilità; sfruttare la liquidità fornita in maniera “eccezionale” dalla BCE per alimentare il credito alle imprese e alle famiglie affinché tornino, rispettivamente, a investire e consumare; utilizzare al meglio le risorse finanziarie delle politiche europee di sviluppo e coesione per ridurre i divari territoriali e di genere; prepararsi a cogliere in modo efficace le opportunità provenienti dal piano di rilancio della crescita annunciato dalla Commissione europea che si insedierà in autunno.

 

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