Principessa [di Francesca Gallus]

neonato

Non aprire gli occhi bambina, intorno a te c’è solo luce bianca. I tuoi begli occhi, che non hanno ancora mai visto niente. Riposali, tienili chiusi, nel caldo artificiale di questo laboratorio e ascolta il suono lungo e monotono dell’universo. Ascolta me, il tuo artefice, un’unica volta.

Mentre fiato del tuo primo respiro appanna il cristallo dell’incubatrice, mentre misuro i palpiti del tuo cuore, finché sarò certo che spingano il sangue al ritmo della vita, ti narrerò la tua storia; perché tu sappia che sei destinata. Un giorno, bambina, incontrerai il tuo amore; e sarà il tuo cavaliere, il tuo Re.  Egli è nato in una terra lontana, al di là di queste colline basse, rotonde, fertili, oltre il nostro cielo azzurro, distante come il paradiso.

Si trova adesso in un paese straniero, e per raggiungerlo farai una lunga strada, bianca sotto il sole infuocato. Appena le tue gambe avranno forza per il cammino ed i denti da latte saranno stati sostituiti dai nuovi, ben saldi dietro le tue dolci labbra rosa, partirai, sola. Nessun dono avrai da me, né dai tuoi padrini. Avrai solo i sensi e l’istinto per attraversare il mondo, e guardando le nuvole e la terra chiamerai ogni cosa col nome che le è stato dato in ogni lingua del mondo. Partirai ignara.

Ma nel cammino verso il tuo sposo ti sovverranno le parole ed il canto e le regole dei pianeti ed i segreti dei numeri che ordinano lo spazio. Perché la sapienza è stata fusa nell’amalgama da cui sei modellata. Una materia nobile e rarissima di cui noi soli, sacerdoti e creatori, esiliati nel più lontano angolo del pianeta, conserviamo il segreto. Solo gli elementi più puri ne permettono la sintesi. Ottenerli richiede pazienza e perseveranza.

Il nostro lavoro è lungo e il risultato può essere solo eccellente. Non è stato facile averti, bambina, e ancora non basta; perché, ricorda, nemmeno la tua strada sarà facile. Ti graffierai il viso con i rovi, ti spezzerai le unghie, ti piagherai i piedi nella steppa. E soffrirai la fame, il freddo e la paura. Giungerai al mare infinito e sulle sue rive proverai, profondo, il turbamento per l’ignoto.

Navigando su una barca leggera e fragile, inadatta a sfruttare i venti amici, impreparata a fronteggiare quelli di tempesta, dovrai resistere all’abbacinante riverbero dell’acqua, scoprirai i colori dei pesci d’altura, dividerai il tuo pane con i delfini. Saranno loro i compagni della tua traversata; li troverai vicino nei momenti più duri, ti ridaranno il sorriso quando avrai voglia di arrenderti.

Ma attenta bambina, alle groppe lucenti. Il mare è pieno di squali. Passeranno i giorni, di sereno e di calma di vento; di burrasca. Passerai notti insonni alla luce delle stelle, notti di sogno sotto la luna piena. Sarai ancora in viaggio quando i tuoi fianchi perderanno la magrezza dell’infanzia e scoprirai che il tuo corpo si purifica ad ogni luna nuova. E avrai già i seni rotondi quando debole e assetata, assalita dalla febbre e dal pianto, vedrai il sale delle tue lacrime mischiasi al sale di tutto l’immenso oceano.

Ti guiderà la certezza, che adesso ti do e che mai potrà da ora, abbandonarti, che lui è lì, immutato, forte, dolcissimo, ad attenderti. Da quando è nato il suo nome è risuonato alto sugli altri di quel regno. Le sue parole hanno illuminato i confusi, i suoi scritti divulgato nuove scoperte e la sua arte rallegrato ogni spirito. Si è distinto in guerra, assalendo i nemici con spietato furore, e in pace, proteggendo gli oppressi e assolvendo gli innocenti. Non una pietra della sua magnifica capitale è stata posata senza il suo consenso, non una sola gemma sugli alberi dei giardini imperiali è sbocciata prima del suo ordine.

Il suo calendario dà origine alle stagioni, le sue canzoni innamorano le vergini. Questo lungo pellegrinaggio ti conduce a lui; a lui, che solo, fra gli uomini, ti è destinato. E il giorno in cui tutto ciò che hai fatto ti apparirà inutile un volo di gabbiani segnalerà la terraferma.

Il suo popolo ti riconoscerà al primo sguardo. Straniera tra quelle genti sarai accolta da regina. Il tuo corpo salso sarà lavato e profumato di unguenti, i tuoi capelli, striati dal sole, intrecciati di perle.

Avrai nuove vesti e fiori rossi per la cintura. Una pietra preziosa ti ornerà l’anulare, e finalmente, sarai condotta a lui. L’eco delle sue gesta ha volato alta ma lenta sino a noi, che ti abbiamo preparata, generata per lui dalla medesima creta, per una festa nuziale. Per lui che giace da secoli, dopo una vita fulgida come il diamante, incorruttibile nella sua gioventù, algido e pietrificato, in un sepolcro di marmo opalino. E da secoli, attende.

 *Ingegnere e mamma di Felipe e Fernando

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