Le condizioni istituzionali per lo sviluppo [di Giogio Macciotta]

pattada

Pubblichiamo l’abstract della Relazione introduttiva di Giorgio Macciotta della Sezione  Lo stato dell’economia e del lavoro al Convegno Come creare lavoro? Quale e come? che si terrà a Pattada Venerdì 12 e Sabato 13 settembre all’Hotel La pineta Edizione 2014 de S’Ischola de su Trabagliu, organizzata dall’Associazone culturale LAMAS (NdR).

1.L’Italia è sempre stato il Paese dei “due tempi” e del “ben altro”. Oggi, in presenza di un indiscutibile aggravarsi delle preoccupazioni per lo stato dell’economia (da ultimo il segnale molto negativo sull’andamento delle entrate nel periodo gennaio-luglio), questa vocazione si esprime con la richiesta che si accantoni il filone delle riforme istituzionali per concentrarsi sugli interventi più immediatamente incidenti sui temi economico-sociali. Non sembra un’ipotesi condivisibile.

2.In primo luogo occorre considerare che incisivi interventi in economia, a “regole vigenti”, richiederebbero un ammontare di nuove risorse che difficilmente sarebbero reperibili in un quadro di finanza pubblica segnato da un debito ingente, e non ancora integralmente emerso. Il debito rappresenta un vincolo anche a prescindere dai parametri europei. La voce più squilibrante (in termini quantitativi e qualitativi) dei bilanci delle Pubbliche Amministrazioni in Italia è costituito, infatti, dall’ingente ammontare delle risorse che il debito pubblico costringe ad appostare in bilancio. Squilibrante in termini quantitativi perché si tratta di una voce che pesa, in rapporto al PIL, circa il doppio di quanto pesa analoga appostazione nei bilanci dei nostri competitor. Squilibrante in termini qualitativi perché: a) per una quota rilevante destinato a investitori esteri (un impoverimento netto del paese); b) perché, su scala interna, in termini territoriali la quota percepita al Nord eccede largamente la consistenza della popolazione e del PIL dell’area; c) perché i tassi che l’Italia paga, elevati malgrado la riduzione dello spread (e che vanno comparati con la crescita nominale del PIL), determinano un elevato livello dei tassi passivi richiesti ai cittadini ed alle imprese; d) perché l’elevata remunerazione degli investimenti finanziari distorce le convenienze nella allocazione delle risorse.

3.In secondo luogo molte delle disfunzioni che scoraggiano nuovi investimenti derivano da una organizzazione istituzionale che non è, comparativamente, più costosa di quella dei nostri competitor ma è più inefficiente e meno trasparente.

4.Ciò non vuol dire valutare positivamente le scelte che, in materia di riforme istituzionali, son state compiute dall’attuale governo (che sono, anzi, per molti versi discutibili) ma affermare che il processo di riforme istituzionali è connesso, indissolubilmente, con quello di interventi per lo sviluppo.

5.Senza entrare nella problematica, pur rilevantissima, della riforma della giustizia civile o dei guasti determinati dalla disciplina del falso in bilancio e/o della disciplina degli appalti, basta pensare al tema della registrazione delle procedure di governance degli interventi sul territorio in un quadro di riforma/applicazione del Titolo V della II parte della Costituzione.

6.L’Italia è il paese delle molteplicità di stazioni appaltanti con squilibri incomprensibili dei costi degli acquisti di beni e servizi. Interventi per realizzare economie di scala, ma anche per accrescere la professionalità degli operatori, sembrano essenziali. La strada, se non si vuole tornare all’illusione del comando centralizzato, è quella di una profonda riorganizzazione degli assetti dei poteri locali. Una simile scelta, se vuole, insieme, responsabilizzare i soggetti locali di governo deve fondarsi: a) su una corretta applicazione dell’articolo 5 della legge 42/2009 in termini di comune individuazione degli obiettivi macro economici; b) su una applicazione della normativa circa la gestione aggregata delle funzioni degli Enti Locali di minori dimensioni che sia preludio di una costruzione più complessa di un’armatura territoriale di infrastrutture e servizi (per i cittadini e per le imprese).

7.È questa anche l’ipotesi di lavoro su cui impegnarsi in Sardegna sia prendendo sul serio l’applicazione di costi, fabbisogni e prelievi standard, facendosi carico di partecipare alle sedi nazionali sia recuperando i gravi ritardi accumulati dal centro destra nel riscrivere le regole per il governo dell’area vasta, dopo i risultati dei referendum sulle province.

8.L’individuazione di forme efficaci di governo dell’area vasta consentono anche di affrontare il tema del nuovo modello di sviluppo mettendo in campo ipotesi di lavoro su investimenti di respiro nazionale e, insieme, valorizzando al meglio le risorse locali, utilizzando le potenzialità, sinora inesplorate, aperte dalla normativa del 2012 in materia di crisi complessa.

Lascia un commento