Contro il rischio di chiusura del Centro di Documentazione delle donne di Cagliari. “Anche tra le donne più represse e depresse, nelle sacche di miseria più disperata, io andavo cercando e trovando una luce di rinascita, un rifiuto alla rassegnazione, una carica di energia non domata da umiliazioni e sventure.”*
Donne che cercano di guardare dentro di sé per capire chi sono.
Non smettono di interrogarsi nella loro ricerca dei perché.
Donne che si chiedono cosa sia identità e vogliono scoprire, toccare con mano le radici. Quello che eravamo per quello che siamo per quello che saremo.
Bisogno di guardare quello che le altre prima di noi hanno tracciato e seminato.
E trovarsi stupite e commosse davanti alle loro storie.
Epigoni di un passato per un moto di ribellione del presente. Ora, non domani.
Per se stesse e per le altre.
Noi possiamo riscriverla la storia, ma lo dobbiamo volere più di noi stesse.
Attraversare un’Isola
“scheggia di un continente antico,
eroso rugginoso
come una spada dimenticata
che nessuno raccoglie”**
la nostra Terra, Sardegna, isola ancestrale dove in tempi bui, non so se peggiori o migliori di questi una maestra elementare sfidava il fascismo accendendo la luce di una candela quando le tenebre inghiottivano e assalivano. Il lume è fioco, ma è un barlume che permette di leggere, di nutrire la propria anima e non consegnarla all’Oscurità.
Rivolta di donna in nome di un popolo.
“La sera lessi e rilessi quelle pagine consolatrici al lume di una debole lampada , quando d’un tratto udii rumori nella scala, come di corpi pesanti che cadessero dall’alto. Cacciai i foglietti sotto il cuscino , spensi la luce e uscii sulla terrazza , mentre i proiettili continuavano a cadere. Erano dei sassi: i fascisti andavano per le strade per controllare l’oscuramento”***
E’ storia di eroine e donne mortali.
Dee in nome del coraggio, persone comuni che rompevano le regole dello straordinario.
Quando era proibito scrivere, loro scrivevano. Quando era proibito studiare , studiavano. Quando era proibito parlare e pensare, parlavano e pensavano.
Non è vero che donne e uomini sono uguali, agli uomini è sempre stato tutto concesso in nome di una presunta superiorità di specie che voleva delegittimare il potere che loro per natura non hanno: saper dare la vita.
E scusatemi se è poco.
Vita è eternità e non solo proseguimento della specie.
Senza le donne, partita chiusa e fine dei giochi.
Le guerre mondiali come parto senza fine per ottenere tutto quello che gli uomini avevano senza sforzo nascendo. Solo un piccolo grido di spavento e poi se sei maschio tutto in discesa. A patto che tu abbia cervello, ma questo vale anche per le donne ed è tutta un’altra storia.
Poesia e racconto continuo, perpetuo che ora è utile più che mai.
In un presente dove l’uguaglianza è una certezza sancita dalla legge, ma utopia in pratica.
Dove ancora ti chiedono di firmare dimissioni in bianco, dove la politica a Roma è cosa per donne, ma non in Sardegna, patria di grandi pensatrici e di donne leggendarie, di donne che tutti i giorni, in ogni luogo, lottano e non si arrendono. Coriacee e determinate, argute e selvagge. Creative e passionali. Donne e ancora donne.
In via Roma a Cagliari, nell’ ecomostro di cemento che è il Palazzo della Regione, lasciatemelo dire triste e brutto, non per niente simbolo del Potere maschio, “gli uomini colti “ in conclave segreto hanno liquidato la legge sulla doppia preferenza senza alcun senso di colpa e pazienza se sugli scranni del Consiglio Regionale ci sono solo quattro donne.
Non gettiamo la spugna facilmente.
Striscioni e scarpette rosse, flash mob e manifestazioni.
Tutte senza paura devono far sentire la propria voce per l’ennesimo atto di sfregio.
La chiusura del Centro di Documentazione delle donne di Cagliari.
Nato come Libreria delle Donne nel 1978 poi, grazie alla cooperativa La Tarantola, evoluto nel centro di Documentazione e studi delle donne. Riconosciuto dal ministero dei Beni Culturali e dell’Istruzione come eccellenza per il suo interesse storico culturale particolarmente rilevante, ma non dal Comune di Cagliari e dalla Regione Sardegna che hanno lasciato in balia di loro stesse le volontarie che con passione e sacrificio mandano avanti il centro. Senza alcun tipo di finanziamento o supporto.
Il centro-fonte sistema bibliotecario Opac- è vigile custode di quello che significa essere donna. “Il Centro di documentazione raccoglie il materiale documentario sulla memoria, la politica, la cultura e la storia delle donne; la legislazione regionale, nazionale ed europea che riguarda le donne.
Offre servizi di consultazione gratuita e prestito a domicilio di libri, riviste e documenti posseduti dal Centro. Informa sul materiale documentario della base-dati nazionale LILITH, la rete di centri di documentazione, archivi e biblioteche delle donne; sul materiale librario specializzato posseduto dalla Biblioteca Provinciale di Cagliari; sul materiale librario specializzato posseduto dalla Biblioteca Comunale Is Bingias; sul materiale documentario del Centro di documentazione della Commissione Regionale Pari Opportunità; sui programmi televisivi realizzati sulle donne e da donne registe della sede regionale RAI . Fornisce inoltre servizi specializzati nel settore della documentazione.
Il centro ha bisogno di una collocazione non all’interno di una biblioteca, ma in autonomia perché è passato che è presente segnante, sapere che deve essere circolante, base imprescindibile per prenderci tutto.
Non si può ignorare,
Ora le serrande rischiano di essere abbassate e la mia ricerca su Joyce Lussu bloccata.
Ma non è una considerazione egoista, da donna che è affamata di sapere.
No è dolore e profonda ingiustizia, perché dentro il centro ci siamo noi, il nostro sangue, tracce di quella memoria che è importante che le tenebre non catturino.
Sono conscia che è il mio è un debole lume, ma tante fioche luci fanno un bagliore accecante.
“E cercavo di analizzare il fondo più oscuro del dramma quotidiano, appunto perché da quel fondo bisognava risalire, e non ignorarlo o coprirlo con romanticismi, populismo o schematismi di partito.”****
Se ci siamo, facciamoci sentire. Non possiamo continuare a subire. E non parlo di femminismo stereotipato dal mondo maschile che l’ha sminuito, ma dell’essere differenti, semplicemente donne, fiere e degne di esserlo. Continuiamo a scrivere , pensare. Dobbiamo farlo sempre. Nessuno ci può impedire di sapere.
“E’ nostro dovere ora. Pensare, pensare, dobbiamo.
In ufficio; sull’autobus; mentre tra la folla osserviamo l’Incoronazione e l’investitura del sindaco di Londra; mentre passiamo accanto al Monumento ai Caduti; mentre percorriamo Whitehall; mentre sediamo nella tribuna riservata al pubblico della Camera dei Comuni; nei tribunali; ai battesimi, ai matrimoni, ai funerali. Non dobbiamo mai smettere di pensare: che ‘civiltà’ è questa in cui ci troviamo a vivere?”*****
*Joyce Lussu, L’Olivastro e l’Innesto, La Biblioteca della Nuova Sardegna-Edizione Speciale
**Joyce Lussu, L’Olivastro e l’Innesto, La Biblioteca della Nuova Sardegna-Edizione Speciale
*** Mariangela Maccioni, Pensatori Sardi-La Biblioteca dell’Identità Unione Sarda
****Joyce Lussu, La Biblioteca della Nuova Sardegna-Edizione Speciale
*****Virginia Woolf Le tre ghinee,Feltrinelli
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