La fotografia è il mio paese senza pulci e senza mosche [di Redazione]

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Si è aperta venerdì 5 settembre scorso, nelle sale espositive del Teatro Civico di Castello, a Cagliari, una mostra delle fotografie di Marilìa Gallus – originale sin dal nome, da pronunciare come una parola piana- e delle opere scultoree di Franco Congiu – oggi ottantenne – che, nella sua maturità, ha espresso con la materia una serie di emozioni profonde. Nel percorso attraverso le scale e i corridoi che portano al piano dell’esposizione sono collocate, effimere ma evocative, delle composizioni di erbe e rami realizzate da Emanuela Pilo. La mostra resterà aperta sino al 27 del mese.

Marilìa Gallus è nata a Cagliari nel 1959, medico veterinario, vive e lavora a Sassari. Al suo lavoro presso l’AGRIS, agenzia della Regione Sardegna per la ricerca scientifica, affianca l’amore per la fotografia, che spazia dalle foto sportive – segue in maniera particolare le squadre di rugby della Sardegna – alle foto astratte; alcuni suoi scatti sono stati scelti dalla casa editrice Einaudi come copertine per volumi pubblicati tra il 2012 e il 2013. Le quattro serie di scatti esposti, spesso ispirati alla sconcertante essenzialità degli haiku giapponesi, sono minimali nella scelta dei soggetti, ma capaci di suscitare profonde e complesse emozioni. Chi visita la mostra ha la rara opportunità di interagire con essa, completando le opere con l’aggiunta accanto ad esse degli haiku stampati su carta di riso e messi a disposizione del pubblico. Deliziosi “telaietti”, ideati e magistralmente realizzati dalla curatrice della mostra, Barbara Amat Gentilini, al di sotto di ciascuna foto, permettono di appuntare, piccole emozioni di 17 sillabe. Completano l’esposizione quattro trittici che l’artista ha voluto dedicare alla sua città, stupendo ancora una volta i visitatori con la visione originalissima della bellezza di Cagliari.

Diamo voce all’artista:
La fotografia è il mio paese senza pulci e senza mosche.”
«-Deve essere più piacevole vivere in un posto tranquillo come questo-
È piacevole ed è spiacevole: al mondo si sta secondo come ci si ci sente nell’animo.
È inutile lasciare il paese delle pulci per andare nel paese delle mosche.-
Ma basterebbe recarsi in un paese senza pulci e senza mosche, no?-
Se esiste un simile paese me lo mostri, su, me lo mostri. -»
夏目 漱石 Sōseki Natsume – Guanciale d’erba

Franco Congiu è nato a Cagliari nel 1932, comandante pilota sulle rotte intercontinentali dagli anni ’50 del ‘900, quando il pilota era ancora un aviatore, vive e lavora in un casale nel cuore dell’Umbria. Durante la sua vita di viaggiatore si è espresso costantemente attraverso chine di tratto essenziale, quando poi, abbandonate le strade dei cieli, è approdato alla scultura, ha usato gli schizzi a china come preparazione per le opere plastiche. A partire dal 1981 ha esposto costantemente in numerose personali, principalmente a Roma e in Umbria con qualche puntata nella sua Cagliari, e ha partecipato a un numero di collettive che sarebbe impossibile elencare in tutto il territorio italiano. La scelta espositiva della curatrice Barbara Amat Gentilini, è stata di mettere a confronto le opere scultoree con le chine di preparazione, dando modo al visitatore di entrare più profondamente nel processo creativo che ha generato le piccole, aggrovigliate curve di creta nelle quali riconosciamo figure umane enormemente espressive.

Diamo voce all’artista:
Non scolpisco volti perché ognuno, nel perdono, nella tristezza, nell’amicizia, si comporta in modo differente. Io abbozzo il gesto, il gesto che credo sia più frequente durante l’esternazione di un moto del cuore.”

 

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