Dall’America Latina soffia il vento del rinnovamento?[di Veronica Rosati]

sacerdoti

Il recente dramma dei migranti a Lampedusa paralizza ogni possibile spiegazione, commento o ideale parola consolatoria per chi è sopravvissuto. La memoria delle immagini dei notiziari deve arrestare per un attimo un Occidente corresponsabile della più grande delle sciagure: quella della speranza che si annienta nella morte. Uomini, donne, bambini ricordati da Papa Francesco nell’Angelus del 6 ottobre. Fa l’unico invito possibile. Invocare un silenzio discreto che può lasciare spazio solo alla preghiera. Dopo la “vergogna” si può solo pregare tutti in silenzio, in un ideale abbraccio di persone che non distingue più i volti di chi ha l’unico vero privilegio, quello di essere nato nella parte giusta del mondo, da chi ancora soffre in terre lontane. Nella nebulosa di emozioni, di commenti illustri o di sterili polemiche, vogliamo seguire l’invito del Pontefice che fa strada ad una riconsiderazione della fraternità, volta a rifondare l’ essere tutti figli di un unico Dio.

Joseph Ratzinger ha definito la vocazione dei giovani quella di essere amici di  Cristo. I giovani non temono il sacrificio, hanno invece paura di una vita senza senso. Fa uno strano effetto collocare queste parole, così tristemente attuali, in quella che è stata definita come la sede di redazione del manifesto programmatico del pontificato di Francesco: la V Conferenza Generale dell’Episcopato latinoamericano e dei Caraibi, tenutosi ad Aparecida, in Brasile, nel maggio del 2007. Ricordiamo la fumata bianca dello scorso marzo con la certezza cristiana che in quel momento lo Spirito Santo aveva scelto per il soglio pontificio l’uomo più idoneo.

Il carisma di Jorge Mario Bergoglio, la sua efficacia comunicativa, i suoi modi discreti, il suo essere un semplice sacerdote, la sua voglia di estirpare il marcio dalla Chiesa, si pongono come effetti immediatamente fruibili di quella rivoluzione silenziosa partita con lui dalla lontana America Latina. Non ha senso parlare, dal punto di vista strettamente teologico, di una spaccatura netta, quanto di un autentico ritorno al Vangelo, sic et simpliciter. E’ questo ciò che traspare da una moltitudine di omelie di Bergoglio  nel suo ultimo decennio trascorso in Sud America.

Le parole di Benedetto XVI e di Francesco paiono fondersi e darsi reciproca solennità nel 2007 ad Aparecida e nella Lumen Fidei, la prima Enciclica emanata dal Papa argentino, ma scritta a quattro mani. Nelle ultime pagine sentiamo la voce unanime dei due Papi i quali ci ricordano che la fede ci fa comprendere la dignità e l’unicità di ogni persona. La fede non è intimismo, non è fuga dalla realtà, non è una luce che ci consente di dissipare magicamente le tenebre della sofferenza, non è una sbornia che ci annebbia la mente. È una luce che guida i nostri passi.

La considerazione dei poveri trova un grande spazio nel dibattito teologico – pastorale latinoamericano recente. Al santuario di Aparecida Bergoglio è uno dei tanti protagonisti dell’avvio di un’azione di rinnovamento, partita dal Concilio Vaticano II. Molto profonda, che parte dal silenzio di chi guarda i drammi del proprio paese.

Proprio il Documento Finale di questa Conferenza ribadisce che nel regno di Dio si conferma l’opzione preferenziale per i poveri e gli esclusi. Se da un lato il Dio che si fa uomo in Cristo pare impoverirsi della sua onnipotenza, dall’altro non fa altro che rendersi del tutto simile all’uomo, con l’unico obiettivo di arricchirlo, per mostrargli la strada della felicità più vera e duratura. L’attualità fa ampliare molto la categoria dei poveri. Si riconoscono fra loro i disoccupati, i malati, i migranti. E’ la globalizzazione priva della solidarietà che provoca il drammatico esito della dilagante esclusione sociale.

Le parole di Bergoglio nella lontana Buenos Aires insistono con forza sulla necessità attuale di mantenere accesa la speranza ogni qualvolta ci sia bisogno di lottare per la giustizia, vivendo in maniera solidale. Dobbiamo avvicinarci a tutti i nostri fratelli più deboli, facendoci carico delle loro sofferenze. Stupisce l’attualità del Documento di Aparecida, così come stupisce l’universalità delle parole di un Bergoglio, ancora in Sud America, che riflette sui drammi dell’Argentina di inizio millennio. Il gesto di un povero, di un disoccupato, di un migrante che chiede il pane o un lavoro è un modo di voler dare vita. Il gesto dello spezzare il pane evoca un vortice di significati basati sulla presa di coscienza da parte di un popolo che vive in maniera solidale. È questa speranza sottesa che penetra l’anima di ognuno e la pacifica

Nel 2005 Bergoglio ci ricorda dall’Argentina il nesso fondamentale fra giustizia sociale, solidarietà e servizio. Di fronte al Figlio di Dio che lava i piedi ogni altro gesto parrà ridicolo, in quanto ci rende tutti uguali, nessuno escluso, mantenendo preservata la nostra dignità. L’oggi Papa Francesco non si è mai stancato di invitare tutti a gesti concreti. Non bastano i discorsi, le mere parole.

Si fa portavoce e coautore di una rivoluzione basata sul nuovo vincolo sociale del servizio, in quanto il potere ha senso solo se al servizio del bene comune. Non si tratta di un impegno etico o di un semplice volontariato, ma, poiché la nostra vita è un dono, servire significa essere fedeli a ciò che si è, dando ciò che si è.

Nel 2007 si evidenzia la necessità di un maggiore ardore missionario da parte dalla Chiesa per mostrare come il Vangelo di Cristo sia il cammino verso la vita vera. La Chiesa stessa deve portare avanti un’opera di rinnovamento interno per riuscire a trasmettere la bellezza della fede come fonte di una vita piena e degna per tutti. Il breve viaggio fra gli scritti sudamericani ci conferma l’aria di rinnovamento che ha portato fin qui Papa Bergoglio. Non solo in una Chiesa un po’ assopita, ma anche in ciascuno di noi. Ci sentiamo più forti nel prendere atto della nostra umanità, servendo Dio nei nostri fratelli, per il bene comune. In silenzio.

*Laureata in Filosofia morale, coltiva la passione per gli studi di Teologia. Vive a Trento

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