Referendun scozzese e sconfitta del risentimento: un ammaestramento per i Sardi [di Pietro Ciarlo]

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Il referendum per l’ indipendenza della Scozia ha visto prevalere il NO con quasi dieci punti di scarto. Eppure gli ingredienti fondamentali per una vittoria del SI c’erano tutti. Le favorevoli condizioni economiche della Scozia (peraltro più immaginarie che reali) rispetto al resto del Paese e un diffuso risentimento contro gli inglesi.

La Scozia è stata sempre terra colta, ma povera. Poi la scoperta del petrolio ha migliorato la sua condizione portandola più o meno alla pari con l’ Inghilterra. Molti scozzesi hanno pensato che l’indipendenza avrebbe consentito uno sfruttamento della risorsa petrolifera più favorevole a loro. Può anche essere, ma la cosa non sarebbe stata facile, essendo i diritti di sfruttamento già stati ceduti a diverse privati, BP in testa (British petroleum). Comunque, molti scozzesi hanno pensato o si sono illusi di diventare più ricchi grazie alla secessione. E’ il secessionismo dei ricchi. Del Paese Basco, della Catalogna, dei Fiamminghi, della Lega-Nord e via elencando. Ma non basta.

In Scozia è stato ben vivo un altro elemento caratteristico dei movimenti indipendentisti: il risentimento. Cioè l’idea di aver subito gravi ingiustizie e di sentire ancora o nuovamente, di ri-sentire, il dolore da esse causato. Vicende accadute secoli prima, battaglie di mille anni fa. Alcuni vogliono ancora (ri)sentire garrire nel vento il Leone di San Marco in nome della gloriosa Repubblica. La storia viene offuscata, ogni periodizzazione ignorata. Nel caso italiano prima regola è svalutare la rottura con il fascismo e il centralismo rappresentata dalla Costituzione, dalla Repubblica e dalla democrazia.

La parola risentimento è carica di significati negativi. Fortunatamente in Scozia ha prevalso, e anche con una certa larghezza, il NO. Egoismo e risentimento non ce l’hanno fatta. La giustizia è un’altra cosa, dovrebbe avere molto a che vedere con l’intelligenza analitica e la ragione.

Giusto vent’ anni fa feci molta fatica a mostrare il disastro che per il Mezzogiorno e le Isole avrebbe rappresentato ogni ipotesi di separatismo fiscale, detto federalismo. Infatti, dovetti costruire una lunga apposita ricerca, pubblicata su “Le regioni” del 1995, per palesare la situazione del residuo fiscale essenziale per qualsiasi scelta consapevole di politiche territoriali. Oggi fortunatamente non è più così.

Il separatismo fiscale, di fatto impraticabile in un Paese dualistico come il nostro, non si è realizzato e basta digitare “residuo fiscale regioni” per accedere ad una voce di Wikispesa ben documentata, sintetica ed esaustiva. Il residuo fiscale della Sardegna è negativo per il 14,5 % del Pil regionale. Su queste pagine ho già scritto della catastrofe, una sorta di carestia, che si abbatterebbe su una Sardegna che fosse indipendente e lo farò ancora, anche se non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Viceversa, qui voglio dire ancora qualcosa sul “risentimento” come ingrediente fondamentale del territorialismo.

Come da sempre si sa, la politica si nutre anche di incentivi psicologici, di miti. I miti che nascono dal risentimento, non lontani da quelli della vendetta, spesso utilizzati strumentalmente da professionisti della politica, fomentano l’avversione se non l’odio. Io preferisco quelli della pace e dell’inclusione, forse meno suggestivi, ma per certo non autoreferenziali.

 

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