Crisi, idee e riforme: come tornare allo sviluppo [di Antonella Crescenzi]

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Pubblichiamo la Relazione introduttiva di Antonella Crescenzi nella Sezione Lo stato dell’economia e del lavoro al Convegno Come creare lavoro? Quale e come? Nell’ambito de S’Ischola de su Trabagliu tenutasi a Pattada Venerdì 12 e Sabato 13 settembre, organizzata dall’Associazone culturale LAMAS. L’iniziativa diventata un vero e proprio think tank o serbatoio di pensiero e di idee si è occupata di analisi di politiche industriali, agricole, manifatturiere, della conoscenza e culturali. (NdR).

La quarta edizione de S’ischola de su trabagliu, organizzata dall’associazione culturale Lamas, che si è svolta a Pattada il 12 e 13 settembre scorso, ha visto lo sviluppo creativo di una serie di argomenti fondamentali per l’economia sarda e non solo. Come creare lavoro? Quale e come? è il titolo. Domande a cui nel corso dell’evento si è cercato di dare risposte concrete con riferimento ai problemi dell’industria, dell’artigianato, del settore agroalimentare, del turismo e della cultura. Partendo, naturalmente, da una premessa, la crisi, e arrivando a una conclusione, la necessità e l’urgenza delle riforme.

La crisi. Nel 2014 l’Italia stenta a uscire da una recessione che sembra non avere fine, la più lunga della storia repubblicana: il Pil, dopo il risultato positivo del quarto trimestre del 2013 che apriva alla speranza interrompendo una serie di 9 cali consecutivi, è tornato a diminuire nel primo e nel secondo trimestre del 2014. La tanto attesa ripresa si allontana, rinviando l’anno di svolta al 2015.  Anche l’economia della Sardegna attraversa una fase molto complicata. Nel 2013 il Pil è diminuito del 2,5 per cento (-3,4 per cento nel 2012).

Le informazioni raccolte nei primi mesi del 2014 indicano in prospettiva un leggero miglioramento del quadro economico, anche se i segnali rimangono caratterizzati da molta incertezza. Sulla contrazione del prodotto ha pesato l’ulteriore forte indebolimento dei consumi delle famiglie e degli investimenti. Anche le esportazioni si sono ridotte: continua a incidere l’inadeguata capacità competitiva del sistema economico regionale. La produzione dell’industria ha continuato a diminuire.

Le indagini realizzate in primavera dalla Banca d’Italia, tuttavia, segnalano per il 2014 una moderata espansione delle vendite e un incremento degli investimenti. L’attività produttiva si è ridotta anche nel settore delle costruzioni e nei servizi, in particolare nel commercio, mentre un contributo positivo è venuto dal turismo estero e dal trasporto aereo internazionale. L’occupazione è fortemente diminuita (-7,3 per cento), attestandosi sui livelli più bassi degli ultimi dieci anni. Il tasso di disoccupazione è ulteriormente salito, soprattutto tra i più giovani. Sono crescenti le difficoltà di chi ha terminato gli studi nel trovare opportunità di impiego.

Le idee. L’analisi del difficile contesto, nazionale e regionale, rende necessario elaborare strumenti di sviluppo dell’economia che possano rapidamente tradursi in atti concreti dell’iniziativa privata e pubblica. Un laboratorio di idee, un confronto tra studiosi e tecnici, artigiani, imprenditori, industriali, artisti, rappresentanti di istituzioni pubbliche e private: questo l’obiettivo della manifestazione di Pattada, obiettivo che si può considerare raggiunto nella qualità e quantità degli interventi, nella passione civile suscitata, nell’intelligenza delle proposte e delle soluzioni avanzate.

Si tratta, ora, di fare i passi successivi, raccogliendo le indicazioni emerse per quei cambiamenti non più rinviabili nella conduzione delle cose pubbliche e private, per il recupero di quei valori fondanti del vivere insieme in una società democratica. Indicazioni semplici, a volte di puro buon senso, che dai singoli (imprenditori, lavoratori, semplici cittadini…) possano raggiungere le istituzioni, dando un’impronta concreta e vitale all’azione riformatrice, in Sardegna, ma non solo. Si, perché le riforme per funzionare davvero devono essere vissute come giuste.

Le riforme. Senza le riforme il nostro Paese continuerà ad arretrare. La politica economica è chiamata a intervenire. Le riforme sono in ritardo e la resistenza degli interessi di parte al cambiamento è forte. Lo ha detto pochi giorni fa in una intervista a La Repubblica il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco: il tempo che ci rimane è poco.

Eppure le condizioni esterne potrebbero aiutarci: mai la politica monetaria era stata così favorevole. Negli Stati Uniti la Presidente della Fed Janet Yellen tiene a bada i mercati finanziari e guida la ripresa americana dosando liquidità e tassi d’interesse con lo sguardo puntato all’economia reale e alla disoccupazione. In Giappone il Primo Ministro Abe con la sua politica totalmente espansiva tenta di tirare fuori il paese da una stagnazione quasi ventennale. In Europa Draghi esercita la vera regia della politica economica europea: tassi d’interesse quasi a zero, liquidità per le banche condizionata all’erogazione di prestiti a famiglie e imprese, determinazione a usare tutti i mezzi per combattere la deflazione e sostenere la ripresa, spinta alle riforme strutturali, richiamo alle conseguenze devastanti della disoccupazione in termini di disuguaglianze.

Ma anche la politica fiscale europea, pur restando tesa a garantire la stabilità (il pericolo corso nel 2010 dall’euro non può essere dimenticato!), offre possibili interpretazioni volte a dare maggiore flessibilità alle regole di bilancio per quei paesi che intraprendono con serietà e credibilità un piano di riforme. Inoltre, la nuova Commissione ha annunciato per il 2015-2017 un piano straordinario da 300 miliardi di euro per gli investimenti, che si aggiunge ai fondi già esistenti delle politiche di coesione.

La politica economica deve saper coniugare gli strumenti nazionali con quelli europei: avviando le riforme e cogliendo così i possibili margini di flessibilità insiti nelle regole di bilancio europee; partecipando in modo attivo al programma di rilancio degli investimenti annunciato dalla nuova Commissione europea; utilizzando al meglio la liquidità fornita dalla BCE per alimentare il credito alle imprese e alle famiglie; impiegando con maggiore efficacia le risorse finanziarie delle politiche di coesione.

 

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