Sarà provinciale, provare a copiare? [di Umberto Cocco]

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Si sono svolti in Normandia a luglio e agosto i Giochi equestri mondiali del 2014, gare in sei specialità, e poi mostre, sino a Bayeux, vere mostre d’arte, e tra le altre a Caen l’Ardia di San Costantino nella chiesa di Saint Nicolas, in una serie di video dell’artista cilena Carolina Saquel.

Così mi piacerebbe che fosse la Sardegna ogni tanto, una stagione ogni certo numero di anni dedicata al cavallo, per stare al tema, fra febbraio e luglio, i carnevali di Oristano e Santulussurgiu e sino all’Ardia appunto, e magari la marchiatura a Laconi e nella Giara, facendoci ruotare tutta la nostra cultura dell’allevamento, delle corse, dai militari romani sino all’esercito Regio e ai fantini e ai cavalli sardi del Palio di Siena. A forte regìa regionale e se ci aiutasse il ministro Franceschini benedicente senza bisogno che dica di esser sardo, tutto sotto uno standard, manifesti vistati da grafici competenti, i luoghi allestiti da architetti che hanno visto l’Europa.

E nei luoghi appunto le corse tradizionali e la loro lunga preparazione, e poche belle grandi mostre che non indulgano al folclore. Per esempio sos battiles (i sottosella) della tessitura sarda prima che ne perdiamo i disegni e i colori, esposti magari a Samugheo nel museo del tappeto, e chessò al Man di Nuoro la mostra del cavallo nell’arte sarda sino a Biasi e Pietro Antonio Manca, se non si riuscisse a farla europea. Bayeux, nel Calvados, 13mila abitanti, campa sull’attrazione di un arazzo dell’anno Mille, un tessuto ricamato di poco meno di 70 metri e alto 50 centimetri.

Racconta la conquista normanna dell’Inghilterra e raffigura persone, edifici, alberi, animali, 202 fra cavalli e muli. I cavalieri a staffa lunghissima e a volte senza staffa nel combattimento. Solo su questo elemento, la staffa, quando è stata introdotta e dove, che progresso ha segnato, che battaglie sono state combattute e vinte senza e con la staffa….. Lo avevamo raccontato a Sedilo due anni fa nelle serate in piazza di “In hoc signo vinces“.

Senza mettere le braghe al mondo, alla Sardegna, lasciando tutta la libertà di continuare a fare le sagre del mangiare gratis in piatti di plastica, però se tutti fossimo per una stagione concentrati su un tema, ossessivi e ossessionati, monotematici; nei ristoranti (senza carne di cavallo, per carità) che sono i veri musei frequentati dai visitatori più dei musei formali (chiusi), e negli alberghi, nei b&b, appese ai muri foto selezionate, e niente paccottiglia sui tavolini, e in ogni stazione di servizio lungo le strade fra Sanluri e Nuoro tutte le locandine di questa Sardegna del cavallo, gli indirizzi, i giochi per i bambini, l’alto e il basso dell’offerta ma proposto con la stessa serietà, dignità, decoro.

(Sulla paccottiglia però un’altra mostra, come questa estate a Londra alla Tate Modern quella sulla British Folk Art, tutto il kitsch inglese fra 17° secolo e noi, polene di navi con figure gigantesche e stravaganti, sculture di cartapesta, galli impagliati, oggetti di artigiani che si provarono a fare gli artisti, e video di coppie che coltivano nel giardino di casa piante e gnomi. Insomma sarebbe meglio che la ricostruiamo anche noi in Sardegna in modo consapevole la storia del nostro folclore, prima che continui a sommergerci).

Riprodurrei volentieri a Sedilo, o a Sassari, o a Nuoro al nuovo Museo Etnografico, o a Cagliari, i video di Carolina Saquel. Residente a Parigi, l’artista cilena venne invitata dal MAN di Nuoro tre anni fa a vedere se poteva trovare motivo di interesse a Sedilo, nell’ambito del progetto di residenza d’artista fatto insieme al comune. Lo trova. Viene a Sedilo per Sant’Antonio a gennaio, e al caldo del fuoco sente parlare dell’Ardia; a Sant’Antonio di solito il parroco comunica all’interessato la scelta di Sa prima Pandèla.

Ci torna alla vigilia, non ci si può trattenere per la festa, ma ha l’idea di cosa fare, lo scrive con precisione e manterrà l’intento; lo realizzerà l’anno successivo, questo, il 2014, quando sistema tre telecamere minuscole sugli stivali di altrettanti cavalieri, e comincia a filmare, fra mille difficoltà tecniche, trovando però l’intesa con due ragazzi dell’Ardia e una ragazza, e aprendo le videocamere per ore e ore, nei preparativi dell’Ardia nelle stalle, nei sentieri, nelle prove solitarie a San Costantino, e poi il giorno della corsa collettiva. Ha raccolto 40 ore di filmato, e il 13 settembre ha presentato dei pezzi a Caen, nella chiesa romanica sconsacrata di Saint Nicolas, nel vuoto totale delle navate. Allestimento puro ed essenziale, le immagini proiettate su sei schermi montati su cavalletti di legno color dell’arenaria di cui è fatta la chiesa. Uno schermo piatto a terra, orizzontale sul pavimento, altri due su un tavolo. “Polvere, polvere, polvere”, il titolo della mostra, lo sarà anche del film finale, non ancora montato.

La polvere, i corpi, e le oscillazioni di velocità – dice Carolina Saquel alla presentazione al direttore artistico della mostra il neozelandese Brent Klinkum – sono gli elementi che mi interessava filmare nel movimento massiccio di cavalli e cavalieri. La polvere sospesa nell’aria dopo il passaggio dei cavalli, che segue le variazioni e l’intensità dei movimenti, diventa traccia della corsa essa stessa. I corpi dei cavalieri e dei cavalli, le gambe, le zampe“.

Aveva scritto nel progetto: “Una visione intima, dove i rapporti corporali, quasi coreografici, che si producono fra cavalli e cavalieri (l’attrito, i colpi) sono assorbiti dalla telecamera. La mia intenzione non è né quella di realizzare un documentario né di riprodurre la corsa, ma di deviarla (de la detourner), per farla apparire nella sua dimensione fenomenologica“.

Così appare, insolita Ardia, potente anche nei suoi rallenty sulle groppe dei cavalli a volte nemmeno in corsa, o sulla mano del cavaliere che controlla le redini sfiorando il collo che asseconda il passo poderoso. Coreografie, in effetti, come il battere a terra delle zampe di alcuni cavalli vicini e in sosta nervosa, riprodotto nello schermo piatto messo a terra, visibili dall’alto solo le zampe che si spostano con una casualità che appunto è una danza.

Tutti questi brani fanno un grande effetto, quasi ossessivi nella loro lentezza, ripetizione, sono avvolti da un suono che l’artista voleva “con una funzione di immersione. Sordo, intenso e rallentato. Un suono che nasce dall’interno della corsa, dall’interno dei corpi del cavallo e dei cavalieri (l’alito, la respirazione, i galoppi, il brusio)“.

Arriverà in Sardegna, prima o poi, il film concluso e magari questi pezzi non ancora montati che una storia la raccontano, con efficacia superiore alle riproduzioni. Magari servirà da occasione per cominciare una campagna a favore del riconoscimento della festa di San Costantino come patrimonio Unesco… Lo è l’arazzo di Bayeux, il centro della città moderna di Le Havre, per stare in Normandia, e c’è in corso una campagna perché vengano riconosciute patrimonio dell’umanità le spiagge dello sbarco degli Alleati, a 70 anni dalla liberazione dell’Europa. Sarà provinciale, provare a copiare?

*Sindaco di Sedilo

3 Comments

  1. angelo

    No. Non lo è, per niente.

  2. Giuseppe Pulina

    Bravo Umberto, riesci a distillare dal caos della mediocrità che ci assale ad ogni programmazione annuale dei progetti cosiddetti culturali, una luce e un indirizzo. L’analogia è la forma più potente di creazione e l’emulazione ne è la ragione pratica.

  3. FRANCO STEFANO RUIU

    Ribadisco che con quella di Sedilo, in quanto a partecipazione corale e spettacolarità, nessuna delle Ardie che rendono ricco il patrimonio culturale dell’isola può competere. Però, appartengono, come quella di Sedilo, a una cultura secolare, a un rito iniziale che è andato smarrito e di cui rimangono tracce che bisognerebbe saper leggere. Continuo a sostenere che se di patrimonio dell’UNESCO si vuole parlare all’Ardia di Sedilo deve essere giustamente riconosciuta la “copertina” ma a quella “copertina” deve essere allegato il “volume”, volume che può essere allargato anche all’intera cultura isolana del cavallo, giusto per tornare a un “forza paris” che non sia solo uno slogam ma una presa di coscienza..

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