Note di cronaca urbana [di Maria Francesca Chiappe]

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Pubblichiamo l’intervento letto da Maria Francesca Chiappe in piazza L’Unione Sarda in occasione della FAIMARATHON Cagliari… tra bianchi colli e piazze svoltasi a Cagliari domenica 12 ottobre un percorso che ha coinvolto 10 piazze della città ed un centinaio di accademici, studiosi, professionisti, intellettuali, artisti che si sono prestati a fare i “ciceroni speciali” per spiegare la bellezza della città del sole (NdR).

Questa piazza è nuova ed è nata insieme al nuovo edificio che ospita quella che è un’autentica istituzione zione per Cagliari e la Sardegna: la sede de l’Unione Sarda. Il giornale. E dall’Unione Sarda prende il nome. Poi qui dietro c’è la via dei Giornalisti, insomma siamo nel tempio dell’informazione regionale, e uso quel sostantivo di proposito, proprio per restituire l’importanza che merita la funzione del fornire notizie ai cittadini perché l’informazione veicola la cultura.

Ma: che cosa è notizia, che cosa fa notizia, come nasce una notizia, come si usa una notizia?
Quando la presidente del Fai mi ha detto che questo sarebbe stato il mio tema ho riflettuto su una cosa che il giornalista da per scontata. La notizia. E’ notizia tutto quello che può interessare, ogni fatto di interesse pubblico. Dallo sport alla nera, dalla politica allo spettacolo, dalle storie ai personaggi.

E se è facile individuare una notizia in un episodio di cronaca nera e giudiziaria (un omicidio, una sentenza) o sportiva (il risultato di una partita di calcio) è diverso quando si parla di cronaca slegata rispetto agli avvenimenti. Ecco, questo è il momento in cui il giornalista va alla ricerca di una notizia. Di più: la costruisce, la rende tale per offrirla ai lettori per poi, magari, farne il centro di una discussione, di un dibattito. Pensiamo alla cronaca cittadina, alla cronaca di una città come Cagliari, tra l’altro candidata insieme ad altre sei a Capitale europea della cultura per il 2019.

Il cronista va in giro per la città alla ricerca delle bruttezze che nascondono bellezze, per stare nel tema di questa giornata della Fai Marathon. Guarda e osserva. C’è un palazzo abbandonato nel viale Trieste? Che cosa è ? Chi l’ha costruito? Perché è in abbandono? Il cronista che ha la curiosità di sapere che cosa si nasconde dietro un edificio in rovina deve avere la capacità di trasformare la sua curiosità in quella del lettore, e quindi di tutti, perché un giornale ha il dovere, e l’ambizione, di rivolgersi a tutti. Se il cronista è bravo, attorno alla sua curiosità saprà creare la curiosità di tutti, costruendo un’inchiesta in grado di sollevare il problema, di farne un problema dei cittadini e di portarlo all’attenzione della politica in modo che venga affrontato e, perché no?, risolto. Questo è l’atteggiamento con cui i cronisti de l’Unione Sarda stanno rivolgendo il loro sguardo alla città.

I lettori segnalano la presenza di topi nel centro storico? Il cronista va, osserva, chiede, constata che è tutto vero, lancia il problema, cerca un perchè, chiede spiegazioni.
E ancora: i parcheggi (ho imparato che i cittadini sono molto attenti a parcheggi, spazzatura, traffico, marciapiedi rotti, e Poetto, e questo chi si occupa di cronaca cittadina deve sempre tenerlo bene a mente ). Parcheggi, dunque, da quelli eliminati da via Roma per consentire i lavori della metropolitana a quelli che si vorrebbero costruire sotto le mura di Castello a quelli cancellati da piazza Palazzo. Lo sguardo del cronista deve essere quello sì del cittadino, di tutti i cittadini, quindi anche il suo. Perchè, magari, un cittadino vuole i parcheggi sotto casa e un altro vuole Castello libero dalle auto, e solo chi ha un visione più larga può intravedere la soluzione migliore per tutti.

Dico questo per sottolineare che anche nella cronaca l’obbiettività non esiste. Nel giornalismo l’obbiettività non esiste. Sì, perchè ogni notizia verrà inevitabilmente scritta col filtro culturale di chi la propone. Quello che è sempre importante, direi fondamentale, indispensabile, è l’onestà. Perchè il cronista ha una sua ragione d’esser letto, di esistere, solo e soltanto se sarà credibile. Nel momento in cui perde di credibilità (“scrive quello perchè è amico o nemico di quell’alto, perchè vive in quel palazzo e vuol parcheggiare lì” ) potrà scrivere tutto quello che vuole e il lettore guarderà la firma e passerà oltre.

Onestà, dunque ,e credibilità.

Sempre, anche quando si tratta di notizie di cronaca nera e giudiziaria. Anche qui, sembra tutto facile: il cronista va dagli inquirenti o dagli avvocati, raccoglie informazioni su arresti, o va in cancelleria e prende una sentenza. Finito? No. Anche nella cronaca nera e giudiziaria l’attenzione deve essere massima e non solo perchè c’è in ballo la vita delle persone. Anche qui, il lavoro va oltre la cronaca. Perché da moltissimi fatti di cronaca nera e giudiziaria vien fuori uno spaccato sociale che val la pena, anzi, deve essere raccontato. E allora nel riferire gli accadimenti di un processo, lo sguardo del cronista sarà sempre importantissimo per fornire al lettore tutti gli strumenti di conoscenza affinché possa farsi un’idea sulla realtà sociale in cui quell’episodio è maturato.

Un esempio: Dina Dore, il femminicidio di Gavoi, non è soltanto l’uccisione di una donna, è la storia di un paese che, grazie ai festival della letteratura, aveva conquistato nell’opinione pubblica una visibilità molto diversa da quella tradizionale dei comuni barbaricini. E invece col processo si è scoperta una realtà completamente diversa. Il cronista che segue il processo fa la cronaca di un fatto di sangue e insieme ricostruisce lo spaccato di una società dell’entroterra sardo negli anni duemila. Lo stesso vale per le cronache giudiziarie legate ai reati commessi dai politici. Sono recenti le cronache giudiziarie sull’uso dei fondi dei gruppi del Consiglio regionale.

Il cronista giudiziario non si può limitare a riportare le notizie sul numero degli indagati, i nomi e i reati contestati, va oltre, studia le norme, va a vedere se ci possono essere fatti che non costituiscono reato ma possono essere eticamente riprovevoli, solleva un problema che va oltre quello giudiziario: anche qui, al di là del lavoro della magistratura, tenta di mettere a disposizione del lettore le norme, le leggi, i regolamenti in modo che si possa sollevare un dibattito che possa portare, se serve, a modificare le regole.

Altro esempio: le alluvioni, Capoterra, Villagrande, Olbia. Il cronista riporta i fatti, il cronista giudiziario scrive degli indagati ma tutto questo non basta. Gli atti dell’inchiesta penale serviranno al cronista per avere a portata di mano carte e documenti altrimenti difficili da reperire, per studiare, vedere, osservare, proporre, indicare cosa non va in modo che nel futuro si possa essere pronti. Le inchieste giudiziarie soprattutto nei grandi disastri servono non tanto, o non solo, per individuare le responsabilità, che pure ci sono e in molti casi anche gravi, ma soprattutto per capire e provvedere a rimuovere le criticità.

Per il poligono di Quirra o Teulada, stessa cosa: a prescindere dall’inchiesta giudiziaria, quel che importa è sollevare il problema, raccontare quello che succede, creare la base perché si formai un’opinione pubblica consapevole , conoscere per poi decidere che cosa fare del proprio territorio. E qui si capisce benissimo come sia grande la responsabilità di chi fa cronaca. Spesso quando si parla di responsabilità dei giornali si pensa al direttore, comunque ai vertici, che certo l’hanno perché danno la linea politica, e ci mancherebbe. Ma ha una grandissima responsabilità anche il singolo cronista perchè è quello che porta le notizie sulle quali poi trarrà spunto anche il commento, l’editoriale.

Dunque, se non obbiettività, sempre onestà e credibilità. Il cronista, ne sono profondamente convinta, deve studiare, informarsi per informare. Pensiamo al Poetto. Prima che un’inchiesta giudiziaria è stata un’inchiesta giornalistica. Il cronista ha preso le carte, le ha lette e rilette, studiate e poi, solo poi ha cominciato a scrivere, quando ormai sapeva che il progetto non era stato rispettato. E allora ha potuto fare un’autentica campagna che è stata una tra le più importanti che un giornale come l’Unione Sarda ha fatto per la città. I cittadini diventati lettori del quotidiano hanno trovato nel quotidiano le informazioni per farsi un’idea e capire se il ripascimento fosse da fare oppure no.

Il giornale in quel modo diventa il punto d’incontro della discussione, il giornale diventa di chi lo legge. E quando un giornale centra un obbiettivo così può dire di aver fatto il suo lavoro.

Ma la cronaca spazia in tanti altri settori e in ognuno di questi, anche se l’approccio è sostanzialmente sempre lo stesso, cambia la prospettiva.La cronaca è fatta di politica, da quella nazionale a quella dei consigli comunali. La cronaca è fatta di storie di disperazione, povertà, malattia. Di storie di successo. La cronaca è fatta di lotte di potere all’interno di organizzazioni che magari il potere lo gestiscono per davvero. La cronaca sono storie di personaggi conosciuti e non, emigrati, giovani in fuga all’estero, scoperte scientifiche.

Queste notizie arrivano al giornale in mille modi. Da una chiacchiera al ristorante una sera con amici (“hai saputo che tizio ha fatto quello”) a una telefonata in redazione, una lettera, gli uffici stampa, i comunicati ufficiali. In qualunque modo arrivi una notizia, il cronista dovrà sempre indagare per conto suo, verificare e poi procedere. Magari con un’intervista. Che è un esercizio difficile. L’intervista non è un microfono aperto sotto la bocca di una persona, “prego mi dica”. No, l’intervista è porre domande in modo che dalle risposte venga fuori il personaggio, la storia, le note stonate e quelle positive.

Un’intervista degna di questo nome è frutto di grande preparazione, un’intervista non si può fare su due piedi. Neanche su una storia che si conosce benissimo: il cronista prima deve fermarsi a riflettere e poi procedere con le domande, ascoltare le risposte e, nel caso, essere pronto a replicare.

Non vorrei annoiarvi e non vorrei che pensaste che queste cose che ho appena finito di dire fossero pura utopia. No. Assolutamente no. Sono il faro che indica la strada ogni giorno a ogni cronista che possa essere definito tale. Nella consapevolezza, che è vostra ma soprattutto mia, che si può anche sbagliare. Nessuno è perfetto. In quel caso bisogna subito ammettere l’errore, chiedere scusa all’interessato e ai lettori, e correggersi.

One Comment

  1. anna

    Strano che la giornalista non abbia ricordato cosa sorgeva prima della pomposa piazzza Unione Sarda.Il giorno della maratona FAI sarebbe stato conveniente citare che li sorgeva la cementeria,fabbrica che ha segnato la storia di Cagliari e di Sant’Avendrace.Isuoi ruderi perfettamente conservati e puro esempio di archeologia industriale son saltati in aria con cariche di tritolo.Va bene che tutto cambia ma il ricordo e la memoria storica dei luoghi non possono essere cancellati.

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