L’Informazione è un bene comune[di Susi Ronchi]
1.Un radicale mutamento di scenario. Per capire come si configura, oggi, il rapporto tra informazione e democrazia è necessario tener conto di un radicale mutamento di scenario. Fino a non molti anni fa l’informazione era scarsa, un bene prezioso e di non facile accesso. C’erano, certo, i giornali, la radio e la televisione che fungevano, però, da potenti filtri dell’informazione e la selezionavano, la confezionavano e la servivano ben infiocchettata al cittadino che aveva scarse o nulle possibilità di risalire alle fonti e controllare la qualità delle notizie che gli venivano fornite e la loro attendibilità. Oggi l’informazione è divenuta sempre di più un bene comune e di facile accesso. Grazie alla rivoluzione microelettronica trasmettere e registrare l’informazione diventa sempre più facile e meno costoso. L’enorme scambio di dati e la moltiplicazione dei supporti attivi e passivi (memorie, reti, calcolatori, stazioni di lavoro, banche di dati) resi possibili dal progresso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione offrono uno spettro sempre più ampio di nuove possibilità comunicative, culturali e aggregative, con la formazione di piccole e grandi comunità collegate in rete, che si aggregano e si dissolvono all’insegna di un comune interesse più o meno durevole. Mettere in piedi un blog o un sito a partire dal quale diffondere notizie e gestire l’informazione è relativamente semplice e alla portata di tutti e i lettori di giornali o gli utenti del servizio radiofonico o televisivo attraverso la rete sono in grado, se lo vogliono, di andare alla fonte delle notizie e di controllare ciò che viene loro comunicato. 2.Un rischio. La perdita di senso dell’informazione. Questa sempre più incondizionata libertà di accesso all’informazione presenta però, come inevitabile rovescio della medaglia, il rischio della perdita del senso della comunicazione. L’impressionante incremento quantitativo della massa dei messaggi e dei dati scambiati rende sempre più arduo valutarne la qualità. Spesso il curioso sostituisce l’importante e, di fronte all’ampliarsi delle possibilità, nella scelta finisce con l’incidere sempre di più il caso. L’ incremento quantitativo dell’informazione, rende difficoltoso individuare concetti e idee di fondo di cui è sempre più problematico riuscire a cogliere il significato profondo. Per valutare nella giusta misura la portata di questo rischio occorre rendersi conto che si può parlare di informazione contenuta in un sistema di qualsiasi tipo, per esempio in un telegiornale, tenendo in considerazione l’organizzazione interna dei singoli elementi, cioè le notizie. Faccio un esempio semplice e banale per esprimere questo concetto fondamentale. Se tu ed io abbiamo due automobili della stessa marca e del medesimo modello la chiave della mia automobile risulta tanto simile alla tua che potremmo facilmente confonderle. La mia, però, apre la portiera della mia vettura, la tua no. Non è quindi fuori luogo dire che nella microstruttura, cioè nella disposizione degli elementi interni della mia chiave è contenuta un’informazione che non c’è nella tua e che viene trasmessa alla serratura, consentendoci di aprirla. È proprio in seguito a questo suo nesso essenziale con la questione della disposizione interna dei singoli elementi e della loro organizzazione interna che da quando l’uomo ha avuto a che fare con l’informazione, il problema che gli si è posto è stato quello di articolarla in livelli, di conferirle un ordine, una struttura appunto, in modo da poterla selezionare, suddividere in classi superiori e inferiori e disporre di una bussola, di un sistema d’orientamento. Cosa sarebbe una biblioteca e come sarebbe possibile trovare un libro all’interno di essa se non ci fosse un catalogo, un sistema di classificazione che la trasforma da un insieme disordinato e causale di opere in un sistema ordinato e organizzato intorno a uno schema di informazioni che consente di accedere al sistema nella sua completezza. La qualità del telegiornale che noi mandiamo in onda quotidianamente è data anche dal numero e dalla qualità delle singole notizie che riusciamo a dare. Ma se le dessimo in forma casuale e disordinata, senza alcuna organizzazione e armonia interne, senza un ordine logico, senza collegamenti interni tra le informazioni che sono in qualche modo legate tra loro faremmo un pessimo servizio a chi ci guarda e ascolta. Questo significa che in un’epoca, come la nostra, di informazione sovrabbondante e proveniente da una molteplicità di fonti diverse è fondamentale, per un buon giornalista, fare una preliminare operazione di selezione dell’importanza delle notizie e di organizzazione dell’informazione in modo da permettere a chi ci segue di orientarsi e di disporre del classico filo d’Arianna che gli consenta di non perdersi in un labirinto sempre più caotico. È per questo aspetto che compito prioritario di un buon giornalista è riuscire a restituire un senso autentico, genuino e non fazioso all’informazione che fornisce permettendo a coloro ai quali si rivolge di disporre di una bussola affidabile per comprendere gli aspetti qualificanti del tempo e dello spazio in cui vive. Questo è il punto qualificante che ci consente di affermare legittimamente che una buona informazione è fondamentale e imprescindibile per una vera democrazia. 3.Informazione è questione di genere. Nella primavera del 1987, il famoso romanziere statunitense Philip Roth, dopo un episodio di violenta depressione, decise di scrivere la propria biografia. In questo caso, però, si trovò a dover affrontare la scrittura senza poter inventare un racconto, senza l’ausilio della fantasia che aveva sempre utilizzato nei suoi romanzi; doveva solo attenersi ai fatti. Il racconto dei fatti, in questo caso la narrazione della propria vita, ci dice Roth, può avere un valore terapeutico, può aiutare una persona che si trova in uno stato di confusione e depressione a guardare dentro se stesso, a comprendersi meglio, e dunque a uscire da una situazione di smarrimento e guarire. Questo è vero non solo per gli uomini, ma anche per i territori e gli ambienti sociali, che spesso, proprio attraverso la rievocazione del loro passato e gli elementi di riflessione forniti da una comprensione più approfondita del loro presente, acquistano quella fiducia, quella forza e quella coesione interna necessarie per trovare opportunità di sviluppo nuove e persino imprevedibili. Un racconto però, per catturare l’attenzione di coloro ai quali è diretto, oltre che fedele nell’esposizione dei fatti e credibile, deve essere anche avvincente e coinvolgente. Deve rivolgersi, oltre che all’intelligenza cognitiva, anche a quella emotiva, deve essere capace di suscitare interesse e passioni. La ragione e la conoscenza ci aiutano a vivere, ma sono le emozioni e le passioni che ci motivano a farlo, che ci dicono perché e per che cosa impegnarsi e lottare, e non solo come farlo. Per quanto riguarda questo specifico aspetto le donne, da sempre attente al significato, al valore e all’importanza della sfera delle emozioni e per questo più in grado dei loro colleghi dell’”altra metà del cielo” di far coesistere e interagire cognizione ed emozione, informazione e passione, possono riuscire a fornire un servizio migliore dal punto di vista della completezza del racconto della realtà della loro terra, la Sardegna, nel nostro caso specifico. Migliore perché nutrito di quell’entusiasmo, di quella freschezza e genuinità dei sentimenti, di quell’autenticità del coinvolgimento nel vissuto da raccontare che noi donne – lo dico con serenità e convinzione profonde – sappiamo esprimere più dei colleghi di sesso maschile. Perché noi alla fedeltà del racconto e al resoconto obiettivo sappiano abbinare una partecipazione, mai fredda e distaccata, alle storie che raccontiamo. Voglio quindi concludere questo mio breve intervento completando e arricchendo lo slogan “informazione è democrazia”, che voi avete proposto come tema del nostro incontro, con l’idea che l’informazione più diretta ed efficace è quella nutrita di una tensione emotiva che noi donne sappiamo gestire al meglio, senza compromettere l’esigenza di attenersi ai fatti e di darne una rappresentazione autentica. *Giornalista. Sede Regionale RAI Sardegna Relazione tenuta nella Tavola Rotonda “Informazione è Democrazia”, il 3 Agosto 2013, nell’iniziativa “Ripartiamo dal lavoro delle donne” de “S’ischola de su trabagliu”, organizzata da Lamas a Pattada (SS), 1-4 Agosto 2013
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