L’antica Darsena del Porto di Cagliari [di Paolo Ritossa]
Pubblichiamo l’intervento letto da Paolo Ritossa in piazza Darsena in occasione della FAIMARATHON Cagliari… tra bianchi colli e piazze svoltasi a Cagliari domenica 12 ottobre un percorso che ha coinvolto 10 piazze della città ed un centinaio di accademici, studiosi, professionisti, intellettuali, artisti che si sono prestati a fare i “ciceroni speciali” per spiegare la bellezza della città del sole (NdR). Cagliari è certamente da considerare, anche se molti lo dimenticano, una città di mare o ancora di più una città d’acqua ove si consideri la presenza delle due grandi lagune di S. Gilla e Molentargius. Come tale la città ha visto la sua storia legata a quella del suo porto accompagnandone strettamente periodi di sviluppo o di decadenza. Allo stesso modo Cagliari vede il suo futuro profondamente legato a quello del suo fronte del mare attraverso un’attenta e saggia forma di pianificazione che sappia ben coordinare le esigenze di sviluppo con quelle ambientali. Come vedremo la Darsena è stata per lunghi secoli la protagonista della storia del porto ed ora questo piccolo specchio acqueo, misura all’incirca 100 m* 200 m, rappresenta l’unico ed ultimo ricordo dell’antica portualità e come tale deve essere riconosciuto, rispettato e financo amato dai cittadini. Questa breve relazione avrebbe la necessità di essere accompagnata dalla illustrazione di una serie di carte geografiche dalle quali evincere naturalmente come l’impronta della Darsena nel panorama urbano si sia mantenuta inalterata per secoli e come ancora oggi, pur tra molte offese alla sua integrità, mantenga ancora il suo segno caratteristico. Per inquadrare brevemente la storia dobbiamo necessariamente partire dal 14° secolo lasciandoci alle spalle un lungo periodo storico che si origina dal porto fenicio a quello romano, dal porto del sale, a quello militare o granario, dalle antiche denominazione di Bagnaria a Lapola. Tra la fine del 1200 e gli inizi del 1300 i Pisani, secondo le loro migliori tradizioni portuali, cinsero circa 500 m di litorale, antistante il quartiere marinaro, con un arco costituito da una poderosa palizzata di migliaia di grossi pali di legno che si protendeva a mare per circa 250÷300 metri. Il tratto di litorale era delimitato dall’esistente banchina occidentale della Darsena per finire alla allora Punta Sa Perdixedda in corrispondenza dell’attuale Largo Carlo Felice. Al centro della calata portuale, strettamente collegata al quartiere, si protendeva a mare perpendicolarmente un pontile in legno, lungo circa 100 m, al quale attraccavano i bastimenti per lo scarico e il carico delle merci mentre le navi in attesa si ormeggiavano direttamente ai pali della palizzata alle traverse che li collegavano. Al centro di questa esisteva un varco che poteva essere chiuso da una grossa catena per impedire l’accesso alle navi. Il porto era considerato un ricovero sicuro nella navigazione mediterranea e vi si commerciavano in arrivo tessuti, spezie e, in genere, manufatti mentre si esportavano lana, grano, formaggi, vini e animali vivi. Offriva un’ampia capacità di ormeggi considerando che poteva ospitare fino a 20 galee. Il regolamento del porto era costituito dai 68 articoli del Breve Portus Kalaretani che fissava, a partire dai due consoli, le gerarchie e i compiti per le categorie commerciali. Ad esempio, ogni mercante doveva tenere in casa tutte le armi necessarie per accorrere in difesa del porto. Col tempo i Pisani oltre a rafforzare l’opera di protezione con l’inserimento di nuove palificate e la realizzazione di un secondo pontile d’attracco verso ponente destinato alle navi più grosse, posero mano ad opere che facevano da preludio alla nuova idea della Darsena. Infatti oltre il limite della palizzata si comincio a scavare per approfondire il fondale ma soprattutto andò sostituendosi il tratto di preesistente palizzata che separava i due ambiti portuali con un lungo molo in muratura detto “lo moll de llevant”. Questo oltre a costituire la prima banchina in muratura del porto di Cagliari rappresentava il lato di ponente della futura darsena. In tale assetto portuale si andò avanti per circa due secoli, con modesti interventi di manutenzione tesa a mantenere in efficienza le strutture portuali fino ad arrivare alla metà del XVI secolo in cui la nostra darsena si avviò ad assumere la sua configurazione finale. L’allora Vicerè di Sardegna Fancisco de Mora, Marchese di Castel Rodrigo, decise infatti di dotare lo specchio acqueo del secondo braccio a levante utilizzando come fondazione una lingua sabbiosa che percorreva il fondale trasversalmente alla linea di costa. La distanza tra le due banchine era di circa 90m e la lunghezza di circa 150 m. L’imboccatura fu chiusa lasciando un varco di circa 40 m in modo da controllare l’accesso tendendo, anche in questo caso, una robusta catena. Venne rafforzata ed allargata anche la banchina di ponente ampliandone la testata e munendola di un fortino di forma esagonale armato con sei cannoni denominato “Baluardo del Castel Rodrigo”. Questa vera e propria opera marittima mantenne a lungo la sua validità commerciale soprattutto quando l’ingiuria del tempo distrusse la palizzata e la darsena costituì l’unico ambito veramente protetto del porto di Cagliari. Se immaginiamo di scorrere le piante della città nella serie cronologica della “Forma Karalis” di Dionigi Scano troviamo la situazione immutata sino alla carta del 1860, situazione che si protrasse senza grandi variazioni sino ai primi anni del secolo seguente. Per venire alla prima metà del ‘900 sulla banchina di ponente, che intanto aveva preso il nome di Banchina Dogana, esistevano due notevoli fabbricati il primo dei quali era la Stazione Marittima che venne distrutta dai bombardamenti del ’43 mentre il secondo, il Palazzo Dogana, venne demolito in quanto bloccava il nuovo allineamento della Via Roma, per costruire, poco tempo dopo, il palazzo dell’Enel, certo non meno ingombrante e certamente più brutto. Il rispetto del nuovo allineamento fu un prezzo che anche la Darsena dovette pagare con avanzamento notevole della banchina di riva. Ora la nostra cara Darsena è ancora là con la sua forma a ricordare l’impronta del passato. Le galee cedettero ben presto il mare a navi più moderne, l’evoluzione del mezzo marittimo, seppure lenta ma continua, è diventata rapida negli ultimi decenni e ultimamente vecchi pescherecci sono stati sostituiti da luccicanti barche da diporto che, per lo più, vedono passare il tempo ondeggiando pigramente ai flussi di marea. Falsi imbellettamenti hanno alterato la memoria delle strutture pur dovendo tenere a mente, come peraltro indicato dal Piano Regolatore Portuale, che ogni metro dei coronamenti e pavimenti in granito, ogni metro quadro del paramento in pietra calcarea raccontano, a saperle leggere, tante belle storie. Ma il progresso non sempre sa leggere. A voi insegnarglielo. |