Nessun cielo ha mai avuto il suo azzurro [di Giorgia Satta]

Nascere in un’isola non è fortuna, è un preciso destino. L’isola ti genera, ti è madre, ti imprime il suo sigillo. Sarai suo figlio per sempre. Il mare che la circonda è intorno a te. Sei isola a tua volta, sei ogni sua pietra, ogni suono di vento, ogni pascolo impervio. Sei profumo di macchia, animale di macchia, rugiada di macchia. Io sono tutto questo, sento di esserlo. Nessuno me l’ha detto, l’ho scoperto da sola vivendo lontano dalla mia isola.

Dopo che la vita, senza tanti riguardi, mi ha presa e mi ha portato dove ha voluto. Quel giorno che sono andata via ho guardato la costa che si allontanava lentamente ma inesorabilmente. Le mani in tasca, stringendo una speranza e abbracciando tutto. La stretta era leggera, ancora non potevo sapere che lei, l’isola, mi avrebbe preteso ogni giorno come un padrone geloso, che non avrebbe mai allentato il legame, che mai mi avrebbe resa totalmente libera da lei.

Ora so che, subdolamente, mi avrebbe messo davanti il piatto del paragone, perché così è stato. Nessun cielo ha mai avuto il suo azzurro, nessun vento la musica del suo maestrale, nessuna luna la sua magia, nessuna casa è mai stata casa, mai più come la mia isola! Quel sigillo come una bolla che marca l’appartenenza, come un orgoglio portato sulle spalle, come un faro per illuminare la strada del ritorno. Un sigillo d’amore, impresso nel sangue.

E io torno, torno ogni volta che posso. A bagnarmi i piedi, a ritrovare le mie radici, a sentirmi a casa. La casa che è ancora lì, nella mia isola. L’isola che mi è casa.

*Nata a Sassari, vive a Castelguelfo di Bologna.