Le giunture che tengono insieme hanno bisogno di chi stia ogni giorno sul pezzo [di Umberto Cocco]

ottana

Sindacalista suona quasi come un insulto, anche in fabbrica. Grazie a Renzi, bisogna dire, siamo tornati agli anni ’50. Anzi, peggio: gli stessi operai mal tollerano il sindacalista. Sono stati assunti direttamente dal padrone, su segnalazione dell’uomo politico, sì certo anche su richiesta del delegato sindacale che ha accettato il prepensionamento in cambio dell’assunzione del parente (Chi scaglia la prima pietra? Si faceva, si fa (?) nelle banche, nei giornali).

Mi viene da pensare all’ultima assemblea di fabbrica a Ottana di poco più di una settimana fa, alla difficoltà del sindacato a condurre un’assemblea mentre gli operai della Polimeri sono in cassa integrazione e quelli della centrale elettrica stanno per seguirli a ruota, essendo tutto inestricabilmente connesso nelle realtà produttive che restano nella Sardegna centrale.

Vedo i dirigenti di Cgil, Cisl e Uil cercare di tenere insieme tutto anche dalla parte degli operai e di allargare la prospettiva, guardare alla chimica in Sardegna e oltre, alla questione dell’energia e alle sue evoluzioni. Devono fare i conti non con le spinte massimaliste come una volta, che ho visto magistralmente incanalare e moderare con cento tecniche diverse (e un leader operaio popolare massimamente ortodosso alla Cgil e al Pci come Saverio Ara, per esempio, che in assemblea scavalcava tutti a sinistra ma poi lavorava a comporre le vertenze con tutte le componenti della fabbrica di allora, anni ’70 e ’80); devono fare i conti con istanze contraddittorie, che non sono né sindacali né politiche.

Un sindaco propone che si lasci chiudere la fabbrica per due anni e così ci si pensa bene a cosa fare, anziché inseguire le crisi come lui stesso – ex operaio – ha visto sempre fare. Lo applaudono. E un giovane operaio chiede dal pubblico al segretario regionale dei chimici che sta intervenendo con molta serietà e sforzandosi di dare coordinate, allargare l’orizzonte dell’analisi: “Ma voi lo sapete com’è la situazione della fabbrica?“. Pensa che non lo sappiano, dice che la produzione è fuori mercato, lascia intendere che forse non serve accanirsi, più che rassegnato al liberismo radicale, sembra condividerlo.

Torna anche a emergere il tema dell’alternativa agricola e pastorale all’industria di Ottana. Ahimè, la realtà dimostra che non ce n’è alternativa nella campagna. La vasta area irrigua fra Sedilo, Ottana, Noragugume, Bolotana, Orani, è senza colture, i pastori arrabbiati perché non vorrebbero pagare per una rete che porta acqua che non utilizzano. O il modello sono i cantieri forestali a sei mesi, regalati dalla politica a questi paesi come ammortizzatori sociali?

Ha messo radici anche in questo contesto operaio sia pure spurio, l’antagonismo generico che si ritrova attorno a tutti i No. In pochi anni abbiamo detto No all’inceneritore a Ottana, a quello nuovo di Macomer, alla centrale a carbone in sostituzione di quella attuale alimentata con la colza. Avremmo avuto energia a buon prezzo, meno inquinamento, costi più bassi per lo smaltimento dei rifiuti che adesso che arrivano le bollette della Tares scopriamo quanto elevati siano in Sardegna, i più alti in Italia (mentre Brescia riscalda le case con il calore prodotto dall’inceneritore localizzato in città).

In questo clima di coesione saltata, di irrazionalismo, la politica regionale si fa assente. Non c’è un consigliere regionale all’assemblea, non un parlamentare, non un assessore regionale. Chi dovrebbe farla la politica energetica, la politica industriale, coinvolgendo i territori e sentendo i sindaci sì ma poi assumendosi le responsabilità, se ne sottrae. Accadono così cose paradossali, che i sindaci che non hanno una lira per garantire i servizi ai cittadini, e sono privati ormai di ogni potere, hanno quello (un potere e un onere) di decidere di insediare impianti eolici e di non insediare altri impianti, come un inceneritore e una centrale elettrica; come se le conseguenze del Sì e del No riguardassero i loro soli paesi, e non invece la Sardegna intera, per come tutto si tiene, oggi più che mai.

Così i sindacalisti sono soli, sempre più soli, fatti bersaglio facile, sovraesposti dalle battute irriguardose di Renzi e dei suoi anche agli sberleffi, al neoliberismo ultrà degli operai assunti dal padrone per chiamata diretta.

Avrà anche colpe il sindacato, ha professionalizzato una parte dei delegati facendone una burocrazia, sia pure mal pagata. Ma al pensiero che chiuda la fabbrica a Ottana, c’è da rabbrividire per chi conosce queste zone, i nostri paesi. Ci sono ancora un migliaio di posti di lavoro in questa piana, e anche se in qualche fase non è accaduto, la fabbrica e gli operai e anche i padroni pubblici e privati, hanno prodotto beni e reddito e Pil che ogni altro settore se lo sogna, nella Sardegna assistita che si è invaghita del turismo e del modello sviluppo locale-Autunno in Barbagia. Non c’è granché di classe dirigente in questa Sardegna interna, più consapevole e sobria di quella che ha esperienza di lavoro in fabbrica e nel sindacalismo operaio.

Penso a loro, a Sergio Zara operaio dell’Enel e dirigente dei chimici e degli elettrici della Cgil nuorese, un anti-demagogo, che risponde con serietà e senza tremore a ogni osservazione, a ogni attacco, tornando al merito delle cose, che conosce bene, benissimo, ci penso leggendo oggi sul Corriere della Sera il sociologo Giuseppe De Rita, ancora una volta sul tema dei corpi intermedi: “Va molto di moda in questo periodo parlare e scriver male del mondo della rappresentanza (sindacale, imprenditoriale, territoriale, politica) come se esso fosse il buco nero in cui sprofonda ogni meritevole istanza collettiva e decisionalità pubblica“.

Mi interessa anche come sindaco, mi accorgo che la fase (e Renzi che la interpreta e la alimenta) prevede che siano anche loro, i sindaci, nel mirino, esposti a ogni impulso di contestazione. Fa impressione il massacro dei sindaci delle grandi città da parte di categorie, quartieri, folle più o meno grandi ma sempre ingigantite dai giornali, che li indicano come responsabili di tutto, le alluvioni, le tasse, il degrado dei quartieri di periferia. Il Corriere sta sottoponendo il sindaco di Roma a una campagna che somiglia a un linciaggio, i cronisti fattisi picchiatori. Ma ne riparleremo.

Oggi mi interessa un anello di questa catena che si vorrebbe spezzare, perché intralcia il rapporto fra il leader populista e “la gente” che lo guarda alla televisione apprezzandone le guasconate. Mi interessava il sindacato, il sindacalista di questi tempi, di questi giorni. Parla anche di Ottana oggi Giuseppe De Rita: “Non è allora del tutto imprevedibile che, superata l’attuale cattiva forma della rappresentanza, si arrivi a riconoscere la funzione e i meriti del sindacalista di reparto o del dirigente delle rappresentanze datoriali che si spendono per la fidelizzazione degli iscritti, del quadro di partito che si sbatte sul territorio, e così via; lavori noiosi, per carità, ma le giunture che tengono insieme il mondo delle imprese e del lavoro hanno bisogno anche di chi stia ogni giorno ‘sul pezzo‘”.

*Sindaco di Sedilo

10 Comments

  1. Valeria

    Vorrei far notare a lei e a politici come lei, intellettuali che mai si sporcherebbero le mani, che in Sardegna si produce molta più energia rispetto a quella di cui abbiamo bisogno, la paghiamo però il 30% in più delle altre regioni italiane, il 45% in più delle imprese lombarde. Le alte bollette della Tares per lo smaltimento dei rifiuti che lei cita, sono proprio dovute agli alti costi dell’impianto di incenerimento di Tossilo, le più alte aliquote in Sardegna, 218 € a tonellata più IVA, tra le più alte in Italia, in ogni caso nel nuovo progetto dell’inceneritore di Tossilo non è previsto l’uso dell’energia prodotta per il riscaldamento delle case, è però di ieri la notizia che in solo 10 mesi dell’ultimo anno a Macomer sono morte 31 persone di CANCRO. Per contro, dall’ultimo dall’ultimo rapporto di Confindustria della Sardegna centrale, nella presentazione del “Progetto Mosaico” il dato importante è che su 120 milioni di fatturato dell’agroalimentare nuorese ed ogliastrino quasi il 60% si realizza nel Marghine, ed in particolare nel comprensorio di Tossilo e zone limitrofe, anche questo in totale contrapposizione rispetto alla sua analisi che riguarda l’economia agropastorale. Tutto ciò di cui parla, positivamente invece è quello che ha generato la triste situazione odierna. Mi chiedo come oggi si possano ancora andare a fare e a proporre esosi investimenti che in questi anni hanno generato soltanto grande spreco di denaro pubblico, assistenzialismo, disoccupazione, morte. Voi che governate i nostri paesi avete progetti seri per il nostro futuro o dobbiamo continuare a cercarlo altrove?

  2. Antonello Farris

    L’idea renziana è che il sindacato non serva a niente. Anzi che le rappresentanze sindacali all’interno delle fabbriche siano dannose, che impediscano agli imprenditori (tutta brava gente (!), mossa da buone intenzioni nei confronti degli operai (!)…chissà…). Ho vissuto in fabbrica negli anni settanta e ottanta, e se dovessi immaginare quella fabbrica senza il sindacato mi vengono i sudori freddi. Ma l’onda renziana oggi sembra sommergere ogni attenzione per una democrazia sociale. La sinistra (se ancora esiste) e il sindacato sono chiamati a contrastare questa deriva, a resistere perché una cosa è certa (a mio parere): l’incantamento ultra liberale terminerà presto. Un magistrato tempo fa diceva: resistere, resistere, resistere. Ecco, i sindacalisti, oggi, devono ricordare e applicare quella esortazione.

  3. umberto cocco

    Eh quante certezze, la semianonima Valeria! La mano sicura nell’insulto (“I politici come lei, intellettuali che non si sporcano le mani…”), la successione delle verità inconfutabili su energia, tumori, industria alimentare, la parola terribile cancro scritta a caratteri cubitali, usata come clava. Che noia. Tutte cose orecchiate nell’intermittente partecipazione alla politica dei No, sembrerebbe dal linguaggio. Intanto che si riscalderà casa con qualche energia (magari più costosa e più inquinante del metano al quale abbiamo detto No), getterà via i rifiuti da bruciare (in inceneritori meglio lontano da casa), si sposterà in macchine alimentate da carburanti (che non provocano il cancro, come si sa…), indosserà vestiti di industrie tessili (localizzate altrove, perché a Tossilo no, meglio l’industria agroalimentare che non costa alla collettività, non inquina, respira l’aria del vecchio inceneritore romanticamente obsoleto)… Poi accenderà le luci a casa la sera e il computer dove scambiare buoni sentimenti e foto di gattini con gli amici, e scaricare il livore su chi la pensa diversamente da lei…. O se non è cosi, ce la racconti una vita alternativa possibile. E intanto, se ha una sera libera da impegni su facebook, faccia un salto al cinema a vedere “Il giovane favoloso” di Martone, magari il giovane Leopardi-Elio Germano le insinua qualche dubbio sulla verità (o è troppo intellettuale?)

  4. ignazio cuccu

    Caro Umberto, condivido pienamente il tuo scritto e vorrei condividerlo… Mi piace che abbia fatto riferimento a due protagonisti – davvero seri – del movimento operaio della tua zona come Saverio e Sergio che conosco personalmente… Purtroppo in questi ultimi 20 anni abbiamo perso per colpa anche nostra ( “affascinati” dalla cosiddetta modernità del liberismo) la battaglia sul terreno culturale e non sarà davvero facile risalire la china. Certo non ci aiuterà a farlo Renzi che, in nome della sinistra, fa ciò che a Berlusconi non è riuscito.. Un abbraccio

  5. umberto cocco

    Caro Ignazio, con enorme piacere ti vedo, ti sento, ti so presente. Ci sarà anche un po’ di nostalgia nelle nostre rievocazioni, e non sempre la nostalgia aiuta a capire…. Ma insomma, non facciamoci nemmeno mettere da parte. Quanto mi piacerebbe sapere come tu leggi la realtà del Sulcis oggi. Scrivi, Ignazio, scrivi (se non ti sembra troppo vanitoso).

  6. Pietro Ciarlo

    Condivido i contenuti dell’articolo. Mi riprometto di riprenderli. Complimenti. Per quanto riguarda il commento semi anonimo, sorprende l’ assenza dell’ informazione più banale: per l’energia elettrica esiste una tariffa unica nazionale.
    Cordialmente Pietro Ciarlo

  7. Valeria

    Una risposta piena di “niente”. La mia è una vita pienissima, tra lavoro, famiglia e mille interessi. Credo lei abbia più tempo di me per fare quello che pensa io faccia. Da lei non mi aspettavo una risposta mediocre, mi aspettavo una risposta seria e soluzioni, ma pazienza, questo è. Continui a farsi vanto della sua cultura anche se a parte l’invito al cinema non è proprio emersa, troverò comunque il mondo per andarci come lei mi consiglia. Valeria Tola

  8. umberto cocco

    A Valeria, e alla redazione del sito, chiedo: dobbiamo continuare a lungo con questo tono, con queste ripicche? C’è possibilità di confrontarsi realmente sulle cose delle quali ho parlato nel mio articolo? Facciamolo. Valeria scriva, ragioni su quei punti per i quali mostra interesse e anche passione. A leggere l’inizio del primo commento (“Vorrei far notare a lei e a politici come lei, intellettuali che mai si sporcherebbero le mani…”), non sembrava aspettarsi da me “una risposta seria e soluzioni” come scrive qua sopra. E non sembra nemmeno a leggere l’inizio del secondo (“Una risposta piena di niente”).
    Se vuole ricominciamo, dal punto che contesta del mio articolo, quello sui “tanti No che abbiamo detto in questi anni nel nostro territorio”. Ho scritto “abbiamo”, non “avete” o “hanno”. Perché sono stato e sono in molti comitati dei No anch’io, compreso quello di Macomer, a Narbolia ancora oggi, contro il poligono nel Lago Omodeo, e potrei continuare. Ma non viene fuori una politica, nemmeno dalla somma dei No. O meglio, viene fuori la politica che resta l’esistente, compreso l’inquinantissimo inceneritore di Macomer che manda miasmi a Borore, Dualchi, Noragugume e Sedilo. Compresa l’inquinante attuale centrale elettrica di Ottana. Bisognerà costruirla una prospettiva, e io conto quanto Valeria, che mi dicono che fa politica per fortuna, era candidata alle elezioni regionali (con Michela Murgia).
    Così chiediamoci insieme che futuro stiamo costruendo per i nostri paesi, e magari guardando alle mete delle migrazioni dei nostri giovani, scopriremo che vanno dove ci sono industrie e inceneritori, ben fatti nella misura del possibile. Ragioneremo insieme anche dell’industria agroalimentare, quella di Macomer, magari a partire dai pionieri, gli Albano. Si dice che scelsero di far stagionare lì il pecorino in quel bel sito esposto al frequente maestrale…. Poi lassù da dove il vento penetrava nella cittadina, ci fecero l’immondezzaio. Sono contraddizioni nostre, cara Valeria, e la realtà ne presenta sempre molte e anche le soluzioni vi sono esposte. Se partiamo da questi presupposti, non ci insultiamo più, e diamo una mano. Scusi per l’arroganza del consiglio di andare a vedere il film di Martone. Stavo uscendo dal cinema, impressionato dalla forza dei passaggi sull’importanza del dubbio. Non voglio raccomandare a nessuno come vivere, si figuri. Non sono un intellettuale, o non più di quanto lo siamo tutti. Lei mi ha voluto sprezzantemente definire tale. Lei lo è quanto me, ed è anche una “politica”. Facciamo che non può essere disonorevole fare politica e che non può essere un insulto dire a qualcuno intellettuale, che lo sia o no, in qualunque misura. Facciamo che non ci offendiamo, e che proviamo a confrontarci?

  9. Valeria

    Certo proviamoci, non torno neanche a riprendere ciò di cui lei ha parlato non conoscendomi, non conoscendo il mio impegno e l’amarezza, la delusione nel sentire parlare ancora oggi di temi che non hanno portato benessere se non per un breve periodo. Quello che vorrei, quello per cui mi sono candidata, quello per cui mi impegno, è un futuro “sostenibile” ed è possibile averlo. Proprio pensando al passato di Macomer, ma è replicabile ovunque in Sardegna, è possibile pensarlo, grazie a tutto ciò che questo territorio offre. L’archeologia è il punto più lontano a cui posso pensare, vivere di cultura senza doversi inventare nulla in un territorio penso sia un punto da cui si può iniziare. L’ allevamento, le nostre campagne da sempre sono state punto di riferimento per i floridi pascoli, ed è l’economia che resiste ancora oggi. L’ industria, purchè sia di filiera, ed è possibile farlo, esiste, sempre considerando l’allevamento, si commercializzano e si trasformano le carni, ci sono tanti caseifici che trasformano il latte, perchè poi non riprendere il discorso della pioniera ALAS, industria proprio di filiera che trasformava la la lane delle nostre pecore in pregiati filati e caldissime coperte, perchè pensare al cotone, che non ci appartiene? Esiste una realtà prestigiosa in questo campo in Sardegna, EDILANA, i risultati di questa azienda li conosciamo. Perchè non ripartire mettendo a sistema tutto questo? Mi soffermo poi, sull’inceneritore, tema a me purtroppo molto caro, che in questi anni mi ha spinto ad approfondire l’argomento, sia dal punto di vista sanitario, ambientale e di risorsa economica. Il mio non è un No di chiusura senza alternative, non è voler scaricare su altri il problema. Oggi l’ alternativa esiste si chiama riciclo, anche da questo si possono creare molti più posti di lavoro rispetto a quelli esistenti nell’impianto, usando pochissimo denaro pubblico, senza rischi per la salute ed un risparmio per le tasche dei cittadini. Partiamo dalle nostre vocazioni, tutto il resto è una forzatura, il risultato lo abbiamo già visto.

  10. carlo dearca

    Un sindaco propone che si lasci chiudere la fabbrica per due anni e così ci si pensa bene a cosa fare, anziché inseguire le crisi come lui stesso – ex operaio – ha visto sempre fare. Lo applaudono. E un giovane operaio chiede dal pubblico al segretario regionale dei chimici che sta intervenendo con molta serietà e sforzandosi di dare coordinate, allargare l’orizzonte dell’analisi: “Ma voi lo sapete com’è la situazione della fabbrica?“. Pensa che non lo sappiano, dice che la produzione è fuori mercato, lascia intendere che forse non serve accanirsi, più che rassegnato al liberismo radicale, sembra condividerlo………)))))La proposta di chiusura della fabbrica per due anni non è farina del sacco di un Sindaco, un Sindaco che a priori è accusato di essere anti industria, per via del suo essere stato operaio sostiene invece la tesi proposta dall’azienda di riconversione al biologico come percorso possibile, poi l’altro che interviene non è un operaio qualunque ma un ingegnere , dico ingegnere di quelli competenti, che pone questioni altre e non ben comprese ed interpretate a piacere, far politica o antropologia non è la stessa cosa, lo spessore dell’articolo non è irrilevante, ma se ci saranno occasioni di discuterne vista la complessità delle questioni non ci tireremo indietro.

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