Un’ateru Amsicora [di Luigi Sotgiu]
Per la lingua sarda non è un buon momento: la Regione tace e i vecchi esperti sono messi all’angolo dall’irruenza del giovane rottamatore linguistico, un nuovo Messia che vuole demolire tutti quelli che si sono permessi di occuparsi del sardo prima del suo avvento. Intervengo sull’argomento proprio perché non sono un esperto, non devo schierarmi con o contro nessuno, penso che servano soluzioni di buon senso. Parto dalla mia esperienza personale. Sono cresciuto in una famiglia, in un paese (e in una età) dove si parlava in sardo: l’italiano l’ho imparato a scuola. Quando sono arrivato all’università, alla Casa dello studente, ho scoperto tanti altri modi differenti di parlare il sardo. Sono nato a Cuglieri (confine meridionale del Logudoro, inteso come Giudicato e come macrovariante), mio padre era di Buddusò, mia moglie è di Teti e vivo a Cagliari da 40 anni. Oggi riesco a esprimermi decentemente utilizzando differenti varianti di sardo ma non è stata una impresa facile né breve. Non è vero che, se uno conosce il dialetto del proprio paese, non ha nessuna difficoltà a capire anche quello di paesi distanti. Se è una forzatura incasellare le varie parlate sarde in due o tre macrovarianti lo è ancora di più dichiarare, sic et simpliciter, che esiste un’ unica lingua sarda senza problemi di comprensione al proprio interno. Senza entrare nel merito della proposta di LSC e delle ricerche scientifiche che la sottendono mi limito ad osservare che non si può sottovalutare il sentire collettivo dei parlanti delle varie comunità, frutto della sedimentazione di secoli di una lingua parlata in quel determinato modo. E’ giusto porsi un obiettivo di standardizzazione ma i tempi non possono essere forzati con decisioni prese a tavolino da una elite autoreferente. E’ opportuno uscire dall’assillo di utilizzare immediatamente uno standard comune per i documenti in uscita dalla Regione, che non mi pare il problema più importante e urgente; sarebbe più utile avviare un processo sociale che coinvolga tutti i sardi, invece che un compromesso tra esperti che utilizzano il bilancino per dosare le percentuali tra varianti di cui negano l’esistenza. Si potrebbe tentare una grande sperimentazione di massa, un lavoro in progress, anche a partire dall’attuale proposta di LSC che però, per definizione, deve diventare uno strumento provvisorio, in continua evoluzione (in caminu s’acconzat barriu). Alla fine del percorso, con la massima condivisione possibile, si dovrebbe definire uno standard di LSI (Limba Sarda Iscritta). Bisogna essere consapevoli che una sperimentazione di questo tipo non può durare meno di un decennio. Per iniziare questo processo si potrebbe partire da un gruppo di lavoro della Regione che avvia una grande campagna di ascolto di tutti i sardi, “365 giorni per 377 paesi della Sardegna”. Un anno di lavoro, un giorno (quasi) per ogni paese e città, per ascoltare tutti quelli che hanno qualcosa da dire, verificare la proposta, ascoltare critiche e suggerimenti. Può essere un ottima occasione per raccogliere, in maniera sistematica, tutta la produzione in lingua sarda, passata e presente, colta e popolare, scritta e orale, attraverso cui costruire un grande archivio on line immediatamente disponibile a tutti. La questione linguistica è troppo importante per lasciarla solo agli esperti o presunti tali. Il sardo non deve essere una prescrizione medica ma un piacere, un arricchimento per le persone e uno strumento di comunicazione tra di esse. Insegniamo il sardo delle varie comunità nelle scuole, prima che sia troppo tardi, facciamo respirare Sardegna ai bambini, aiutiamoli a capire come è stata nel passato e come potrà diventare nel futuro. Fermiamoci un attimo, calamos tottus dae caddu e caminamos a pè. Cerchiamo di collegare meglio la diffusione e valorizzazione del sardo all’idea di una possibile Sardegna diversa. Se riusciamo a fare questo ci troveremmo con una lingua più unita e più bella, che ci aiuterà a far sentire meglio oltre il Tirreno la nostra voglia di autogoverno e di sovranità. Per fare questo, però, forse dovrebbe levarsi un nuovo Ampsicora. De sa zittade ‘e Cornus segnore, S’istoria l’iscrien sos binchidores, Ghia de sos sardos diventau, De peddes bestìos, Pro combattere s’invasore, Galu in Sardigna ses esempiu, Oe semus chena identidade,
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