Che fine ha fatto il discernimento? [di Salvatore Multinu]

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Nella società di oggi sembra scomparsa quell’attitudine ad approfondire, a distinguere per meglio analizzare e conoscere, che veniva definita con la parola “discernimento”: si scivola frequentemente nella banalizzazione, nel “fare di ogni erba un fascio” che costituisce l’humus nel quale attecchisce e prolifera il populismo. Ora, finché l’oggetto è la chiacchiera da bar il danno che ne consegue è tollerabile; quando invece riguarda l’attività legislativa, ai diversi livelli, le conseguenze dannose possono essere gravi e, talvolta, irreparabili. Ed è quanto sta accadendo sia nel Parlamento che nei Consigli regionali, cioè nelle istituzioni chiamate ad emanare i provvedimenti legislativi.

L’ultimo caso – ma la pratica è purtroppo assai diffusa – riguarda la riorganizzazione di quell’ente elefantiaco che si chiama Regione Autonoma della Sardegna: è stata recentemente approvata dal Consiglio regionale la legge che definisce il nuovo impianto organizzativo della Regione e dei suoi Enti strumentali e modifica profondamente la L.R. 31 del 1998.

Insieme ad una semplificazione positiva e allo snellimento delle attribuzioni ai diversi livelli organizzativi politici (Giunta, Consiglio, Commissioni permanenti) e gestionali (direzioni generali, servizi, uffici, etc…) vi si trova qualche scelta apertamente in contrasto con la promessa, sbandierata a più riprese durante la vittoriosa campagna elettorale del 2014, di importare in Sardegna le migliori pratiche burocratiche applicate nelle diverse regioni italiane.

E’ il caso dell’Azienda regionale per le politiche abitative, la tanto vituperata AREA (Azienda Regionale per l’Edilizia Abitativa) alla quale la legge istitutiva assegnava il compito di:

“a) incrementare e valorizzare il patrimonio abitativo di proprietà pubblica attraverso interventi di nuova costruzione, di recupero e di riqualificazione urbanistica;

b) ampliare l’offerta degli alloggi pubblici in locazione a canone ridotto rispetto ai valori di mercato;

c) perseguire obiettivi di qualità e di vivibilità degli alloggi pubblici e delle aree urbane di riferimento favorendo il contenimento dei costi di costruzione, il risparmio energetico e gli interventi di architettura ecocompatibile;

d) ottimizzare le risorse finanziarie disponibili perseguendo l’efficacia, l’efficienza e l’economicità degli interventi anche attraverso una razionalizzazione dei modelli organizzativi e di gestione degli enti operativi preposti”. (L.R. 12/2006).

Per il perseguimento di tali obiettivi AREA veniva configurato come ente pubblico economico, dotato di autonomia patrimoniale e gestionale, in linea con la scelta fatta dalla maggior parte delle Regioni ed anzi, con una visione particolarmente avanzata, i vecchi Istituti Autonomi per le Case Popolari (IACP) con competenze territoriali di livello provinciale venivano accorpati in una Azienda di livello regionale, con effetti benefici sia per i risparmi dovuti alla sostituzione di quattro Consigli di amministrazione con uno solo, sia per l’opportunità, almeno potenziale, di assicurare a tutti i cittadini sardi uguale attenzione per i loro bisogni abitativi.

Certamente ci sono stati ritardi e incertezze nella fusione di organismi dotati fino al 2006 di diversi programmi gestionali e di diverse procedure; probabilmente ci sono anche state carenze e inadeguatezza nel management e nelle competenze di qualche amministratore. Ma in base a quale logica si ritiene che trasferendo pedissequamente il modello organizzativo della Regione – che pure non ha fama di essere particolarmente efficiente – si possa assicurare un vero cambiamento dipasso? E perché non porre la dovuta attenzione alle differenze sostanziali che esistono tra un agenzia, alla quale il bilancio regionale eroga fondi per la gestione ed i servizi, ed una azienda, che invece vive di risorse proprie, ha un proprio capitale e quei compiti specifici che la legge istitutiva le attribuisce?

La sensazione è che ci troviamo di fronte all’ennesimo atto accentratore, che non si cura delle caratteristiche dei vari territori dell’Isola e del fatto che il compito assegnato ad AREA, certamente soggetto agli indirizzi politici generali della Regione, richiede tuttavia una politica aziendale improntata alla più ampia autonomia gestionale: non a caso questa è stata la scelta che hanno compiuto le Regioni italiane più efficienti, alcune delle quali – come le province autonome di Trento e Bolzano o la Toscana – hanno esaltato tale autonomia creando società di capitali (per azioni o a responsabilità limitata), mentre le altre hanno per o più mantenuto l’organizzazione dei vecchi IACP (compresa la ripartizione in ambiti provinciali o interprovinciali).

Il ruolo delle Aziende Casa, infatti, non è quello di erogare servizi, ma quello di compiere atti aziendali volti ad offrire, nell’asfittico mercato immobiliare sardo, alloggi in locazione per le fasce più deboli della popolazione. Ciò non è finora avvenuto nella misura che sarebbe stata necessaria? Può darsi. Ma se un concerto per pianoforte non riesce bene si cambia il pianista, non il pianoforte. Il pianoforte, tutt’al più, lo si accorda.

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