Più salassi per tutti [di Raffaele Deidda]

Libro Serra

Correva l’anno 1828 e un mio antenato, Giuseppe Serra chirurgo in Gergei, redasse un manoscritto, di circa 120 pagine, “Libro di Chirurgia”, ad uso del figlio Raffaele, flebotomista in Serri.

L’arte della flebotomia era stata descritta nel 1817 da Giovanni Battista Ferminelli, chirurgo in Terni, nel suo opuscolo Il cauto Flebotomista con cui aveva inteso proporre “un certo necessario metodo pel salasso, rendendolo, con le dovute regole, a tutti facile e sicuro”: “Dicesi Flebotomia e dall’uso emissione di sangue, salasso, o pur sanguigna, quell’opera della mano, mediante la quale si procura in qualche vena una proporzionata ferita con un istromento acuto e tagliente in ambi i lati, ad oggetto di estrarre la debita copia di sangue in occasione di un male che si vuole prevenire o curare. L’istromento comune dicesi lancetta o flebotomo. Questo viene guidato dalla provida mano a differenza degli altri inventati per quelli, i quali hanno bisogno di un istromento, che automaticamente si muova. La mano operatrice anche nelle piccole imprese non deve essere diretta dall’istromento ma dai lumi della mente perché, senza l’intervento di essi nella manovra la più usitata, quale è la sanguigna, ciò che non accade nel corso di uno o più anni, può accadere in un punto”.

Nei primi decenni dell’Ottocento in Europa il salasso era preminente nel repertorio terapeutico per curare ogni tipo d’infiammazione, crampi e convulsioni, febbri e disturbi nervosi. Poteva essere praticato anche con l’applicazione di sanguisughe. Giuseppe Serra riportò i rimedi più usati per curare le malattie più frequenti, con questo spirito: “Voi, occupando il posto nel piccolo villaggio di Serri bensì sotto la mia direzione, ma non potendo ad ogni momento ottenerla per essere tra noi una ora di transito (da Serri a Gergei, n.d.r.), a tal fine vi ho scritto questo piccolo libretto.” Il manuale conteneva altresì “la tavola delle ricette numerate ed indicate nei medesimi mali”.

A leggere alcuni passaggi la reazione è di curiosità ed insieme di ironia e sgomento. Ad esempio, il capitolo “Delle donne gravide” riporta testualmente: “Le donne gravide non si conoscono mai al polso, è necessario per conoscerla di saperla bene esaminare ed ella dica, però, la verità. Prima la mancanza del mestruo [……] Secondo inappetenze e alcuni cibi fa nausea […….] e dolori in varie parti del corpo”.

La conclusione? “Non si trova rimedio che la buonora del parto”! Quasi incredibile la terapia post-parto: “Si dia un salasso al braccio e se le dia a bere un decotto [……] si faccia la fumigazione alla parte dell’utero con una tegola di fuogo acceso con cose puzzolenti…” Per poi arrivare alle puerpere che “sogliono patire delle infiammazioni al basso ventre sotto nome di colica” Quale cura? Un bel salasso al piede e un decotto di capelvenere.

Non meno inquietante il tema del mal di denti. In caso d’infiammazione “l’ottimo rimedio” è, ovviamente il salasso, in caso invece di dente cariato l’ottimo rimedio sono “le tanaglie od altro simile ferro”. L’idea crea non poco spavento.

E così via salassando per ogni tipo di patologia, dal fegato infiammato o gonfio (?) all’epilessia. Il prelievo di così tanto sangue poteva provocare lo svenimento del paziente, ma veniva considerato benefico. Per fortuna, dal Novecento, la scienza medica ha sviluppato la ricerca clinica e ha prodotto strumenti diagnostici per il riconoscimento delle patologie. La farmacologia ha messo a disposizione farmaci più efficaci come gli antidolorifici e gli antibiotici. Adesso la flebotomia è riferita al prelievo di sangue per le analisi di laboratorio o per trasfusioni.

Il salasso oggi non è più considerato di natura medica ma economica. E’ quello operato dal Governo attraverso l’imposizione fiscale sui cittadini, che il 16 dicembre scorso hanno vissuto fra Iva, Imu e Tasi un drammatico tax day, stimato in complessivi 44 miliardi di euro. Se il mio antenato chirurgo avesse potuto immaginare che a distanza di 186 anni il termine salasso sarebbe stato associato a tanta sofferenza, lo avrebbe sicuramente denominato diversamente.

E il figlio Raffaele forse non avrebbe fatto il flebotomo.

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