Beni culturali e festività [di Franco Masala]

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Napoli, 31 dicembre 2014. Il Museo Nazionale di Capodimonte è chiuso e si decide di ripiegare (si fa per dire …) sul Museo Archeologico dove un addetto consegna una pianta a chi la chiede, avvertendo che il museo è visitabile parzialmente (carenza di personale?). Intanto, allo stesso banco, due dipendenti chiacchierano amabilmente tra loro.

Certamente, la nuova sistemazione della collezione Farnese nelle gallerie spaziose e illuminate offre opere eccezionali, dal colossale Ercole allo spettacolare gruppo del “Supplizio di Dirce”, meglio noto come “Toro Farnese”, fino alla strepitosa galleria degli Imperatori dove la capacità ritrattistica degli antichi Romani supera se stessa. Sicuramente, è visitabile il settore dei dipinti con i mosaici e gli affreschi strappati dagli scavi di Pompei.

Ancora c’è l’interessante mostra “Augusto e la Campania. Da Ottaviano a Divo Augusto” che chiude le celebrazioni per il bimillenario della morte del grande imperatore. Ma la collezione epigrafica, il settore delle gemme incise e quello preistorico, la numismatica e la sala della Villa dei Papiri sono rigorosamente chiusi e del patrimonio egizio sono disponibili pochi pezzi per l’adeguamento degli impianti. Insomma, un museo a metà per il prezzo intero del biglietto a 8 €.

Intanto, durante la visita si segnalano soltanto due incontri con i custodi: un gruppo di tre che cammina e chiacchiera nel lungo corridoio di passaggio e altri due, seduti davanti a una finestra per godere del solicello che appare al di là della grande vetrata.

Forse è il caso allora di ripensare alla gestione del nostro patrimonio culturale al di là delle polemiche sull’apertura o meno di Pompei il primo giorno dell’anno, comunque di chiusura per tutte le istituzioni statali. “Perché il nostro è davvero un patrimonio negato: ma non per i tre giorni in cui Pompei chiude. Siamo seri.” Come ha ribadito Tommaso Montanari su la Repubblica del 28 dicembre scorso.

 

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