Sans famille [di M. Tiziana Putzolu]

adolescenza

Avanti il prossimo! La Selezionatrice attende che entri il prossimo candidato da dietro la sua scrivania. E’ uno dei tantissimi. Se ne sono presentati quasi mille per frequentare un corso di formazione per camerieri. Titolo di ingresso terza media. Di tutte le età. Ce ne sono anche che hanno quasi sessant’anni . Con anni di lavori più diversi alle spalle. Gente con la laurea. Che saranno venuti a fare? Si chiede la Selezionatrice? Se lo chiedono anche gli altri della Commissione.

E’ lei M.D.? Il ragazzo fa cenno di sì con la testa. Bene si accomodi. Dà uno sguardo alla sua scheda che ha di fronte. Si presenta bene, questo ragazzo. Ma chissà. Bene M.D., 19 anni, vedo, e … terza media. Sì, risponde M.D., serio e composto. E’ ben vestito, pulito, un vistoso zircone all’orecchio. Capelli corti e sguardo dolce. Non mi freghi così, pensa la Selezionatrice. Ne conosce molti di questi ragazzi. Più o meno simili. Maschi, poca voglia di studiare. Molta voglia di dormire fino a mezzogiorno. Sigarette e motorini. Qualche canna. Dicono di voler lavorare. Veri prototipi di un’epoca capace di forgiare passioni tristi.

M.D. è ancora in piedi. Non è affatto emozionato. E’ calmo. La Selezionatrice lo osserva da dietro le lenti dei suoi occhiali. M.D. … terza media… non le piace studiare? Poi pensa che il ‘tu’ potrebbe essere più efficace. E’ così giovane. Gli dice di accomodarsi. Cambia strategia. Perché non hai proseguito gli studi? M.D. risponde subito, senza esitare, calmo. Mentre sposta la sedia e sta per sedersi. Ho fatto le medie alle Serali. La Selezionatrice incalza. Alle serali? Ormai è seduto davanti a lei. E deve capire perché sceglierlo tra i tanti o perché no. Lei si appoggia allo schienale della sedia. Scorre quello scarno curriculum che ha di fronte. Vedo che hai fatto qualche corsetto! E anche qualche mese di lavoro in un bar! Studiare non ti piace, vero?

In fondo il suo pensiero è capire perché tanti mollano gli studi. Anche se sarebbe più corretto dire che mollano la scuola. Studiare è altra cosa. Poi deve capire se per caso questo ragazzetto così per benino, in realtà vuole fare questo corso solo perché sa che gli daranno una piccola indennità di frequenza. Ne ha sentito alcuni che in corridoio, nell’attesa, commentavano. Sai, si dicevano, ci danno milleduecento euro. Di questi tempi…

La Selezionatrice attende la risposta. Perché alle serali, era la domanda. Ne ha altre, di domande … M.D. non si scompone. Lei lo guarda severa. Vede, dice M.D., ho fatto le medie alle serali perché sono stato bocciato molte volte. E alla fine pur di prendere la terza media sono andato alle serali. Le ho terminate da poco. Poi aggiunge io sono un ragazzo molto sfortunato. La Selezionatrice accusa il colpo. Ben assestato, pensa. E sente il ragazzo avviarsi verso un racconto. Il suo. Forse racconterà un sacco di balle. Un fascio di luce che entra di colpo dalla finestra gli illumina il volto. Sfortunato? In che senso? Incalza lei. Tutti abbiamo avuto delle vicende sfavorevoli nella vita. Vuole intenerirla. Pensa.

M.D. prosegue mantenendo la sua compostezza. Vede, Signora, io sono un ragazzo sfortunato. Rincara. Mia madre è morta quando ero piccolo. Avevo 8 anni. Sono stato affidato a mia nonna. Mia nonna mi picchiava. Molto. E mi hanno portato via da lei. Mio padre non esisteva. Cioè, esisteva. Ma non si occupava di me. Era in galera. Sono cresciuto così.

La Selezionatrice sente che sta perdendo il controllo. E gli chiede una cosa banale, del tipo di cosa è morta tua madre se non sono indiscreta. Ma la cosa non è importante. E’ morta e basta. Allora gli chiede di proseguire, se vuole. E M.D. prosegue. Quando ho compiuto 18 anni, circa un anno fa, non potevo più stare dove stavo. Perché sono diventato maggiorenne. Mio padre era uscito di galera. Ma io non avevo con lui nessun rapporto. Però mi ha detto che potevo andare da lui. Campa vendendo nei mercati roba usata. Che si porta a casa. Io dormivo nella stanza dove teneva quegli stracci. Soffro di asma. Era una sofferenza. Me ne sono andato, litigava anche di continuo con sua madre, che sarebbe mia nonna. Vede, Signora, io sono un … senza famiglia. Nel vero senso della parola. Se non fosse per la famiglia di una mia amica che mi ha accolto, io ora sarei in strada. O non so dove sarei.

Colpita ed affondata. Mentre guarda M.D. sente che un nodo le sta per stritolare la gola. Gli occhi inumidirsi. La mascella stringersi. Porca miseria. Ha pensato. Ha deglutito e gli ha detto togliti dai piedi. Vai. Ci sentiamo più avanti. Gli fa un cenno con la mano. Vai, M., vai. M.D. la guarda e le dice posso andare, davvero? Sì sì, vai pure. Tutto a posto.
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La storia di M.D. è una storia vera. Una delle tante invisibili storie di ragazzi che hanno vissuto in quella specie di orfanotrofi chiamati più gentilmente Case famiglia. L’Istat ha calcolato che in Italia siano oltre 22.000 i minori che vivono fuori famiglia. Aggiungendo le stime dei minori immigrati non accompagnati forse 32.000. Sono per lo più maschi. In Sardegna vivono nelle circa 55 Case famiglia che hanno spesso nomi altamente simbolici che richiamano il sole, la luna o il sogno, oltre 500 minori. Che allo scattare del 18° anno di età, diventati improvvisamente adulti , vengono talvolta messi alla porta perché privi di necessari sostegni finanziari pubblici. Senza famiglia, sostegno e lavoro, vivono grazie alla generosità di persone sensibili.

 

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