Carceri [di Franco Masala]

pietro paolo pinna

È singolare che una tipologia scomoda come quella carceraria abbia fruttato a Nuoro due interessanti edifici, collegati quanto al loro uso, ma oggi senza un confronto diretto a causa delle rispettive vicende. Il vecchio carcere, costruito nella prima metà dell’Ottocento su progetto di Enrico Marchesi, è stato sciaguratamente demolito nel 1975 per costruire un centro culturale. Aveva una forma circolare adeguata ai criteri punitivi dell’epoca per un controllo totale.

Il nuovo istituto di pena a Badu ‘e Carros, invece, ha avuto una gestazione pluridecennale, compresa tra l’affidamento dell’incarico (1953) e l’apertura della struttura (1968). L’edificio non fu completato secondo il progetto originario di Mario Ridolfi e del suo collaboratore Volfango Frankl, poiché mancano i due blocchi detentivi a ovest mentre il cortile centrale a rombo fu realizzato solo per metà.

L’idea progettuale di Ridolfi presenta una semplicità di mezzi, ancor più evidente poiché legata soprattutto al valore urbanistico del complesso, situato su un’ampia distesa di colline. Il progetto gioca su figure regolari – rombi, esagoni, prismi triangolari – tutte basate su una serie di angoli di 30° per costruzioni articolate intorno a pochi punti nodali (il corpo di guardia, l’amministrazione, la caserma, il cortile dei colloqui).

Alla semplicità formale corrisponde un’attenzione verso la tradizione sarda, tramite il ricorso a materiali contrastanti cromaticamente come il granito grigio e la trachite rosa, visibili anche nelle finestre a rombo suddiviso in due triangoli.

Ridolfi ebbe la sensibilità di meditare sul tema del carcere con un’ampia partecipazione umana, curando gli aspetti pratici in funzione di chi doveva stare a lungo all’interno dell’istituto, ma recuperando anche motivi locali in termini di rilettura più che dal punto di vista accademico: è il caso della bicromia particolarmente legata all’eredità dell’architettura pisana in Sardegna, come motore di tutto l’intervento. Ciò che ancora una volta rivela la posizione isolata di un architetto come Ridolfi secondo “un’autonomia di lavoro intellettuale distante da quel milieu architettonico sempre attento, invece, alle variabili suggestioni delle immagini alla moda”, come scrisse Giorgio Muratore nel 1974.

Dopo circa mezzo secolo e nonostante Badu ‘e Carros sia una prigione “d’autore”, rimane che il carcere è la sanzione ufficiale dell’indegnità delle persone. Citando le parole di Gustavo Zagrebelsky (la Repubblica, 23 gennaio 2015) è opportuno riflettere sul fatto che “La reclusione non si concilia con la dignità umana e toglie il diritto al proprio tempo. Sono più coerenti sanzioni risarcitorie che costringano a vivere, ma cambiando vita.”
*Foto di Pietro Paolo Pinna

 

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