Ecologia Scientifica e Modelli di Sviluppo [di Luciano Burderi e Tiziana di Salvo]
In occasione dell’iniziativa La buona terra. Fonti energetiche e impatto su suolo e ambiente in Sardegna organizzata dal FAI Sardegna Giovedì 19 febbraio ore 16:00 alla Fondazione Banco di Sardegna via San Salvatore da Horta, traversa tra via Torino e viale Regina Margherita, gli autori , fisici dell’Università di Cagliari e di Palermo, hanno prodotto il testo che sottoponiamo all’opinione pubblica.. Il consumo di energia mondiale ammonta a 143,000 miliardi di kWh/anno. L’energia consumata ammonta ad un solo decimillesimo di quella che il sole riversa sulla terra sotto forma di luce ogni anno. L’87% dell’energia consumata viene prodotta a partire dalla combustione del carbonio contenuto nei combustibili fossili, petrolio, gas naturale, e carbone. Sfruttando i giacimenti ai tassi di consumo attuali petrolio, gas, e carbone sono destinati ad esaurirsi in 55, 65, e 110 anni, rispettivamente (British Petroleum Statistical Review of World Energy, 2014). Nel processo di combustione il carbonio viene combinato con l’ossigeno dell’aria producendo calore ed anidride carbonica. Ai tassi di consumo attuali, ogni anno immettiamo in atmosfera un parallelepipedo di anidride carbonica di area di base pari alla superficie della Sardegna e di altezza pari ad 1 kilometro, il che implica che in soli 24 anni raddoppieremo l’ anidride carbonica presente nell’aria. Poiché l’anidride carbonica trattiene efficacemente l’energia che arriva sulla terra come luce solare (effetto serra), l’incremento predetto implica un aumento della temperatura media della terra di circa 3 gradi centigradi in soli 24 anni. Un aumento di temperatura di 3 gradi implica rilevanti cambiamenti climatici quali la desertificazione progressiva su larga scala nelle fasce subtropicali e temperate, l’aumento di fenomeni meteorologici estremi come l’intensificarsi degli uragani anche nel Mar Mediterraneo, il quasi completo scioglimento delle piattaforme ghiacciate galleggianti dell’Artide e dell’Antartide. Tuttavia, poiché lo scioglimento interesserà principalmente ghiaccio che galleggia sull’acqua, il principio di Archimede implica che l’eventuale innalzamento del livello dei mari sarà assai modesto se non irrilevante. Superati i primi 24 anni il ritmo riscaldamento globale potrebbe aumentare notevolmente a causa dei complicati effetti di retroazione positiva quali l’aumento dell’umidità dell’aria e la diminuzione dell’albedo delle calotte polari (il ghiaccio bianco riflette meglio la luce solare del mare più scuro, pertanto una diminuzione del ghiaccio galleggiante aumenta l’assorbimento da parte della terra della luce proveniente dal sole, con conseguente aumento della temperatura). Superata la soglia dei 4 gradi di aumento, la spessa coltre di ghiaccio che ricopre Antartide, Groenlandia, e Patagonia, che, in alcuni punti, supera i 3 kilometri di spessore, comincia a fratturarsi e grandi masse di ghiaccio finiscono a galleggiare in mare. In questo caso l’aumento del livello globale dei mari è imponente potendo raggiungere i 60 metri se tutto il ghiaccio continentale finisce a galleggiare in acqua. Siccome la maggior parte degli insediamenti umani si trova sulle coste, le conseguenze sarebbero a dir poco catastrofiche. Siamo pertanto obbligati dalle circostanze a convertire in tempi rapidissimi il nostro modo di produrre energia utilizzando una fonte energetica che sia: i) disponibile a un tasso comparabile con il consumo annuo mondiale onde scongiurare l’imposizione di una drastica dieta energetica alle nazioni industrializzate dalle imprevedibili conseguenze sociali; ii) non si esaurisca nell’arco di un secolo, evitando una carestia energetica a lungo termine dalle imprevedibili conseguenze geopolitiche; iii) non immetta gas serra in atmosfera determinando lo sconvolgimento del clima. L’unica fonte energetica che soddisfa ai tre criteri testé esposti è l’energia solare. Esistono sostanzialmente tre tecniche di trasformazione dell’energia solare (che arriva sotto forma di luce) in energia utile per le attività umane (energia elettrica): il fotovoltaico in cui i pannelli convertono direttamente una frazione dell’energia in corrente elettrica; il solare termodinamico in cui degli specchi concentrano la luce e riscaldano un liquido che viene utilizzato in una macchina termica che fa girare una dinamo producendo corrente elettrica; l’eolico in cui l’illuminazione solare della terra genera il vento che alimenta una turbina che fa girare una dinamo producendo corrente elettrica. Indipendentemente dalla tecnica adottata, la condizione i) è ampiamente soddisfatta in quanto il tasso a cui l’energia solare è disponibile è pari a diecimila volte l’attuale consumo energetico mondiale annuo. Ove si decidesse di utilizzare pannelli fotovoltaici commerciali per soddisfare l’intero fabbisogno energetico mondiale annuo, basterebbe ricoprire di pannelli un’area pari al 6% del Sahara; la condizione ii) è ugualmente soddisfatta poiché il sole continuerà ad illuminare la terra con la stessa intensità di oggi per altri cinque miliardi di anni (che corrispondono, grosso modo, a 5000 volte l’intera storia dell’evoluzione dell’Homo Sapiens, che è pari a mezzo milione di anni); infine la condizione iii) è rispettata perché nessuna delle tre tecniche descritte (fotovoltaico, solare termodinamico, eolico) comporta alcun processo di combustione e pertanto non immette anidride carbonica nell’atmosfera. Tuttavia, per sua stessa natura (alternanza giorno/notte, variabilità meteorologica) l’energia solare è una fonte energetica intermittente, a differenza dei combustibili fossili che possono essere bruciati al bisogno, pertanto un’utilizzazione su larga scala dell’energia solare deve prevedere un efficace metodo di immagazzinamento. Una tecnica assai efficace ed utilizzata ampiamente dalle compagnie elettriche mondiali per assorbire e conservare eventuali eccessi di produzione elettrica sulla rete è quello delle batterie idrauliche. Il metodo consiste nell’utilizzare l’energia elettrica in eccesso per alimentare pompe che trasferiscono acqua da un bacino posto ad un altezza inferiore ad uno posto ad altezza superiore. Al momento del bisogno, la stessa acqua è trasferita in basso attraverso condotte forzate che alimentano delle turbine che fanno girare delle dinamo che producono corrente elettrica. Una centrale “Idrofotovoltaica” (perché utilizza pannelli fotovoltaici per la produzione e un sistema di tipo idroelettrico (batterie idrauliche) per l’immagazzinamento, in grado di soddisfare il fabbisogno energetico di una città. Che questo ciclo di produzione di energia è effettivamente praticabile è dimostrato dall’isola di El Hierro, la più piccola delle Isole Canarie che è diventata la prima isola al mondo energeticamente autosufficiente grazie ad un sistema di produzione che utilizza pale eoliche e ad un sistema di immagazzinamento con batterie idrauliche interconnesse. Nella stessa linea si colloca il faraonico progetto del consorzio internazionale Desertec, a guida tedesca, che vanta tra i partner una serie di importanti industrie tra cui la Siemens. Questo progetto si propone di fornire all’intera Europa energia elettrica a basso costo prodotta per la quasi totalità da una rete di centrali a energia solare disposte in Nord-Africa e nell’Europa Meridionale, in parte immagazzinata attraverso batterie idrauliche, ed inviata in Europa attraverso elettrodotti trans-mediterranei. Per dimostrare la fattibilità di un progetto simile, illustriamo un progetto per produrre il 70% del fabbisogno annuo di energia elettrica della Sardegna, circa diecimila GWh, attraverso energia solare prodotta da pannelli fotovoltaici. Questa scelta implica una riduzione nell’emissione di anidride carbonica pari al 20%, richiesta contenuta nel pacchetto di misure per il clima e l’energia sviluppato dalla Comunità Europea e definitivamente approvato nel 2008, i cosiddetti obiettivi del 20-20-20: entro il 2020 riduzione del 20% di emissioni di gas serra, aumento del 20% dell’efficienza energetica, e raggiungimento del 20% di produzione di energia da fonti rinnovabili. La superficie di suolo necessaria per ospitare i pannelli corrisponde a circa 100 km2, il 30% dell’area totale delle servitù militari in Sardegna (350 km2), corrispondenti ad un quadrato di 500 metri di lato per ognuno dei 377 comuni della regione. Il volume di acqua necessario per il sistema di immagazzinamento attraverso batterie idrauliche è di 100 milioni di m3 con differenza di quota tra gli invasi di 250 m: il volume totale degli invasi oggi presenti sul territorio sardo (altezza media 250 metri sul livello del mare) è venti volte superiore. Il costo totale dell’opera si aggirerebbe ai prezzi attuali di mercato intorno ai 18 miliardi di €. Una stima prudenziale della manodopera necessaria a realizzare il progetto sfiora le diecimila unità. Tenuto conto che la spesa annua per comprare questa quantità di energia a 15 centesimi al kWh è di 1,5 miliardi di €, l’intero investimento verrebbe ripagato in 12 anni. Stante la scalabilità del progetto, illustriamo un analogo progetto per l’Italia. In questo caso si tratta di produrre 225.000 GWh all’anno. Il costo dell’opera, realizzabile in 10 anni, si aggira intorno ai 300 miliardi di €. Una stima prudenziale della manodopera necessaria a realizzare il progetto sfiora le 160.000 unità. Un calcolo accurato del risparmio ottenuto sul costo dei combustibili fossili (che l’Italia acquista per il 95% da produttori esteri), tenendo conto di un incremento dei prezzi del 8% annuo (pari all’incremento medio dei prezzi registrato dal 2000 al 2014) e della necessità di restituire i capitali investiti (p.es. all’Unione Europea) ad un tasso del 2% annuo, dimostra che l’investimento verrebbe interamente ripagato in 15 anni. La portata economica di un intervento di questo tipo è, evidentemente, assai rilevante, costituendo, a regime, un risparmio medio pari ad almeno l’1,4% del PIL per ogni anno del prossimo decennio. Da quanto esposto alcune conclusioni possono essere tratte. La conversione all’energia solare è in grado di scongiurare la crisi produttiva legata al progressivo esaurimento dei combustibili fossili che si verificherà nei prossimi 70 anni. L’utilizzazione dell’energia solare non prevede alcun processo di combustione e conseguente emissione di anidride carbonica e pertanto non determina alcun riscaldamento globale che potrebbe produrre variazioni ingovernabili del clima. L’energia solare è una fonte energetica praticamente inesauribile (fino a 5 miliardi di anni). L’assunto dell’Ecologia Classica è che la quantità di beni e servizi che è necessario produrre per sostenere il modello di sviluppo sociale, economico, ed industriale adottato nella maggior parte degli stati industrializzati, sia incompatibile con la salvaguardia dei delicati equilibri ecologici del pianeta in quanto implica una utilizzazione così massiccia di materie prime e fonti energetiche da risultare insostenibile per il pianeta terra. Conseguentemente è necessario cambiare lo stile di vita ed i modelli comportamentali, rinunciando a molti dei beni e servizi oggi disponibili per le popolazioni dei paesi industrializzati in nome di uno sviluppo sostenibile per l’ecosistema della terra. Di contro, il risultato dell’analisi dell’Ecologia Scientifica è che, ove si utilizzi l’energia solare è possibile disporre di quantità pressoché illimitate di energia senza alterare l’equilibrio ambientale. Per capire come questo sia possibile, è necessario esaminare il modo in cui l’energia viene utilizzata nelle società industrializzate per produrre i beni ed i servizi richiesti. Bruciando i combustibili fossili si produce energia ad alta temperatura (tipicamente superiore ai 1000 gradi centigradi) che viene utilizzata per produrre beni, prima di essere restituita all’ ambiente circostante a più bassa temperatura e successivamente irradiata dalla terra nello spazio (a 14 gradi circa, la temperatura media della terra). La grande differenza di temperatura tra l’energia prodotta e quella restituita all’ambiente comporta che gran parte di questa energia può essere efficacemente utilizzata per produrre i beni e manufatti richiesti dalla società. In queste condizioni la quantità di beni prodotti è sostanzialmente limitata dalla quantità di combustibili fossili utilizzati. L’energia utilizzata da pannelli fotovoltaici, impianti solari termodinamici e pale eoliche proviene invece dall’ energia che ogni anno il sole riversa su tutta la terra. Questo incessante flusso di energia è caratterizzato da un’alta temperatura (la radiazione solare corrisponde alla energia emessa da materia riscaldata a circa 5500 gradi centigradi) e pertanto può essere in parte utilizzato per la produzione di beni con efficienze confrontabili, se non addirittura superiori, a quelle ottenibili dai combustibili fossili. A causa del principio di conservazione dell’energia (un’importantissima legge fisica di validità universale) l’intero flusso di energia che arriva dal sole, indipendentemente dalla frazione intercettata ed utilizzata per produrre beni, viene infine ceduto alla superficie della terra e da questa irradiato nello spazio sotto forma di radiazione a bassa temperatura (14 gradi centigradi). Intercettare anche l’uno per cento di questo flusso di energia per produrre beni implica la possibilità di accedere ad una fonte energetica pari a cento volte l’attuale consumo energetico mondiale ad impatto ambientale nullo. Energia disponibile a bassissimo costo ed impatto ambientale nullo significa poter produrre i beni riciclando la gran parte delle materie prime oggi utilizzate e dunque aumentare la produzione dei beni ed i servizi, per soddisfare adeguatamente le esigenze dell’intera popolazione mondiale, senza compromettere l’equilibrio ecologico del pianeta. La transizione verso un’energia ecologica ed illimitata, lungi dall’imporre una rinuncia nella quantità di beni fruibili, consentirà un imponente aumento nella quantità di beni e servizi prodotti, un boom economico che, proprio perché intrinsecamente rispettoso dell’ambiente, contribuirà a migliorare in maniera sostanziale la qualità della vita di tutti. La riconversione all’energia solare è fattibile con le tecnologie esistenti in un periodo breve (qualche decina di anni).Bisogna tuttavia tener presente che la strada qui indicata non è di facile attuazione, a causa della convergenza degli interessi dei grandi gruppi economici, che detengono il monopolio della produzione e distribuzione dell’energia prodotta da combustibili fossili, verso un mantenimento dell’attuale sistema. Il “conservatorismo” tecnologico-scientifico che le lobbies dominanti sono in grado di indurre sulle classi politiche dei paesi industrializzati, comporta che questa nuova rivoluzione industriale venga percepita, da gran parte delle persone, come una utopia non realisticamente praticabile, almeno nell’immediato. Che un’opportunità, economicamente molto conveniente, venga caparbiamente e sconsideratamente rifiutata dalle classi dirigenti di una società, disperatamente aggrappate ad una anacronistica difesa dei loro passati privilegi, è un elemento comune nella storia. Basti qui considerare, a titolo d’esempio, la sanguinosissima guerra civile americana (1861-1865) che accompagnò la transizione dall’economia pre-industriale degli Stati Confederati, verso l’economia industriale sagacemente abbracciata dagli Unionisti, quell’economia che in poco più di cinquant’anni avrebbe permesso proprio agli Stati Uniti di diventare la prima potenza mondiale. Come risulta dai progetti discussi precedentemente, una riconversione anche parziale della produzione energetica è una operazione complessa che interessa frazioni importanti del territorio e della popolazione di una regione o di una nazione. Nelle società avanzate, progetti di così ampia portata sono esclusivo appannaggio della collettività la cui azione si esercita attraverso l’organizzazione dello Stato. A titolo di esempio basti qui ricordare che il sistema stradale, il sistema fognario, gli acquedotti sono servizi di competenza statale in tutte le civiltà avanzate. Questo non preclude che, in una certa misura, lo stato non possa delegare ai privati la gestione di parte di questi servizi, mantenendo comunque il controllo generale attraverso opportuni piani regolatori che hanno lo scopo di coordinare le attività dei singoli soggetti. In Italia, invece, a tutti i livelli sono in corso iniziative che cercano di promuovere la libera iniziativa privata per quanto riguarda la produzione di energia da fonti rinnovabili nella convinzione che il libero mercato naturalmente promuova un’armonica ed ordinata riconversione del sistema di produzione energetica dalle fonti fossili a quelle rinnovabili. Ulteriormente si cerca di stimolare la riconversione affidata ai soggetti privati attraverso i cosiddetti incentivi: agevolazioni economiche per i soggetti produttori e/o costruttori di impianti di produzione che, nella maggior parte dei casi, consistono nell’impegno, da parte dello stato, di acquistare l’energia prodotta da fonti rinnovabili ad un prezzo superiore a quello a cui lo stato stesso vende l’energia prodotta da combustibili fossili ai suoi cittadini. L’esito di questa sciagurata politica di deregulation è stato il proliferare di una galassia di speculatori privati anche transnazionali nutriti dal profitto economico immediato determinato esclusivamente dal sistema degli incentivi piuttosto che da un reale interesse industriale verso il mercato della produzione dell’energia. Nel corso degli anni recenti abbiamo assistito alla crescita ipertrofica e disomogenea sul territorio nazionale di impianti di produzione eolici e fotovoltaici appartenenti ad anonime società di capitali: “Non si ferma il boom del fotovoltaico. L’Italia copre il 33% della domanda mondiale. Il nostro paese nel 2011 ha raggiunto il primo posto per potenza installata.” (La Repubblica, 8 maggio 2012). Il profitto economico è di tale portata che le mafie hanno fiutato l’affare ed hanno reinvestito gli ingenti profitti illeciti legati alle loro attività tradizionali (droga, usura, gioco d‘azzardo, armi) in questo nuovo e lucrosissimo business. Questo è quanto è emerso dalle indagini delle procure soprattutto in Sicilia, Calabria e Sardegna. La produzione energetica di tali impianti, per sua stessa natura altamente variabile nel corso del tempo, viene acquistata dallo stato ad un prezzo superiore a quello dell’energia prodotta dai combustibili fossili e, in assenza di un adeguato sistema di accumulazione, non può essere immessa nella rete elettrica nazionale e resta inutilizzata nella stragrande maggioranza dei casi. Questi costi insensati che lo stato è costretto a pagare vengono poi scaricati sul prezzo della bolletta energetica pagata dai cittadini. Il paradosso è che la collettività paga i profitti degli speculatori attraverso un aumento del prezzo dell’energia superiore a quello determinato dall’incremento dei prezzi dei combustibili fossili. Tutto questo scempio di risorse è perpetrato in nome della convenienza economica della conversione all’energia solare: un paradosso tutto italiano. La conseguenza immediata di questa disordinata corsa all’oro degli incentivi in una colpevole latitanza dello stato ed in assenza totale persino di una minima programmazione a livello nazionale nel settore probabilmente più strategico per l’uscita dalla crisi economica, è che la collettività subisce danni imponenti all’efficacia del proprio sistema produttivo, ed ingenti danni economici a beneficio di speculatori anonimi e senza scrupoli, piuttosto che beneficiare degli incredibili vantaggi legati al processo di riconversione di cui si è detto pocanzi. Si immagini, per avere un’idea concreta dello stato delle cose, una nazione che inviti i suoi cittadini a costruirsi le strade da soli secondo le proprie personali esigenze, incentivando altresì la costruzione con un premio per ogni kilometro di strada realizzato. Nel giro di poche settimane la circolazione dei veicoli sul territorio di quella nazione sarebbe irreversibilmente compromessa, paralizzata dal disordinato incrociarsi di strade costruite più allo scopo di incamerare i premi di costruzione che di svolgere una reale funzione di collegamento, per non parlare dello scempio diffuso del territorio. Nessuna nazione civilizzata al mondo consentirebbe questo. A voler essere dietrologi, ma noi non lo siamo, si potrebbe persino ipotizzare un piano assai raffinato da parte delle lobbies che detengono il monopolio della produzione e distribuzione dell’energia prodotta da combustibili fossili che, facendo in modo che lo stato incentivi in modo incongruo le fonti rinnovabili, determinino un costo insostenibile per l’energia prodotta da fonti rinnovabili dimostrando, nei fatti, l’impraticabilità della riconversione energetica ed orientando le scelte di politica energetica su larga scala nel mantenere ancora a lungo la dipendenza dalla produzione da combustibili fossili. L’approccio scientifico e non ideologico al problema della conversione della produzione di energia da combustibili fossili ad energia solare, qui indicato come il punto di vista dell’Ecologia Scientifica, dimostra invece come la conversione energetica a fonti rinnovabili sia fattibile con le tecnologie attuali, in brevissimo tempo, a costi accettabili e costituisca il modo più efficace di uscire dalla attuale crisi economica innescando un circolo virtuoso foriero di un rinnovato benessere per tutti senza sacrifici e ad impatto ambientale nullo. Risolvere il problema energetico significa risolvere la crisi economica senza imporre sacrifici ed imprimendo altresì una spinta talmente significativa all’ economia da proiettare l’Italia nel gruppo dei paesi che trainano la ripresa mondiale. Questa verità scientifica è, a tutti gli effetti, una proposta politica rivoluzionaria che, auspichiamo, venga presto raccolta da una nuova classe politica perspicace e lungimirante.
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ottimo articolo