Custodire la terra [di Angelo Aru]

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In occasione dell’iniziativa “La buona terra. Fonti energetiche e impatto su suolo e ambiente in Sardegna”, organizzata dalla Presidenza regionale e dalla Delegazione di Cagliari del Fondo Ambiente Italiano, che si terrà a Cagliari oggi Giovedì 19 febbraio 2015 alle ore 16:00 alla Fondazione Banco di Sardegna, via San Salvatore da Horta – traversa .via Torino viale Regina Margherita- pubblichiamo una riflessione di Angelo Aru, già Professore Ordinario di Geopedologia dell’Università di Cagliari. Agronomo Emerito degli Ordini degli Agronomi d’Italia.

Custodire la terra non solo con la bontà, ma anche con molta tenerezza” è la frase che Papa Francesco ha pronunciato in un messaggio indirizzato agli organizzatori dell’EXPO di Milano. Aggiungendo che non saremo noi a lasciare in eredità la terra ai nostri figli, bensì che sono loro che ne concedono a noi l’usufrutto. Parole belle e dense di significato, quali mai un Papa aveva pronunciato.

Un appello ai responsabili dell’evento ed agli esponenti di governo perché l’ambiente torni ad essere al centro dell’attenzione delle politiche nazionali e planetarie; perché risorse primarie, come il suolo, siano considerate ed utilizzate in ragione della propria potenzialità e siano salvaguardate. La risposta di un alto funzionario dell’EXPO – nella trasmissione Presa Diretta di domenica 15 febbraio – è stata “terreni grigi ad alta urbanizzazione”, mentre descriveva l’espansione, oltre a quanto inizialmente previsto, del sedime della fiera e giustificava la realizzazione di molte infrastrutture inutili per le popolazioni interessate.

Questa, ahinoi, è la parola d’ordine dei “momenti decisionali” del nostro paese. Si deve realizzare una bretella autostradale, la cui utilità è tutta da dimostrare. Non c’è problema! Procedure di VIA “giustificazioniste” forniscono gli elementi per un parere favorevole delle Commissioni di valutazione. Si vogliono modificare gli assetti produttivi della Val di Chiana, decantate da Goethe con la frase “Non è possibile vedere campi più belli di questi”, per sostituirli con biomasse da utilizzare come biofuel. Non c’è problema! Stessa procedura ed il risultato è assicurato.

Si vuole introdurre nel Sulcis la canna per produrre biofuel e per alimentare centrali termoelettriche, ma anche il cardo per produrre materie plastiche e con finalità energetiche nella Nurra. Anche per questo non c’è problema! Si vogliono realizzare impianti di solare termodinamico a Campu Giavesu, a Decimoputzu e Villasor, ma anche a Gonnosfanadiga. Sottraendo i suoli più produttivi alla loro funzione primaria di produrre grano, foraggi, olivi, carciofi, e via elencando, in una regione come la nostra deficitaria di derrate alimentari per oltre l’80%. Occorre una radicale inversione di tendenza. Una politica di difesa del paesaggio e delle sue componenti primarie, quali il suolo.

Occorre limitare al massimo il consumo di suolo per urbanizzazione e per attività produttive. La localizzazione di insediamenti va fatta tenendo conto della qualità dei suoli, andando ad incidere – laddove sia indispensabile – su quelli a minore capacità d’uso. E’ il paradigma consumistico che va modificato. E’ assolutamente indispensabile, oltre ad un’adeguata conoscenza dei suoli attivare processi valutativi basati sul confronto tra le qualità dei suoli e le esigenze della coltura che si intende introdurre; ma reiterare anche questo processo valutativo con il confronto multiplo tra diverse forme di utilizzazione.

Sarà a questo punto interessante vedere se cardo o canna risulteranno le colture più convenienti sotto il profilo della produttività e anche sotto quello economico. Per tornare sull’aspetto – che sarà discusso nel corso di una iniziativa del FAI su “Buona terra. Fonti energetiche e impatti sui suoli” – della modificazione delle attuali utilizzazioni agricole nel nord come nel sud dell’isola per sostituirle con il cardo e la canna, occorre riflettere con attenzione sugli effetti di tali operazioni. La monocultura viene attuata su terreni definiti “marginali” dai proponenti i progetti, mentre emerge che saranno interessati suoli delle classi più alte di capacità d’uso; inoltre, alcune sperimentazioni effettuate, mettono in luce la diffusione di parassiti e crittogame.

L’uso dell’acqua, definito – sempre dagli estensori dei progetti – minimale, se non addirittura di soccorso, emerge essere un elemento fondamentale per queste produzioni fortemente idroesigenti. Né – come propone qualcuno – l’uso dei reflui può essere considerato sostitutivo rispetto all’utilizzo delle acque primarie invasate, già insufficienti per gli attuali usi agricoli in Sardegna. Va infine considerato che l’introduzione di specie invasive sopprime la biodiversità. Auspichiamo, come scienziati del suolo, una moratoria nella concessione di simili autorizzazioni, in attesa di un “Piano Energetico Regionale” e di adeguati e credibili studi sull’impatto che tali iniziative certamente avranno sui suoli della Sardegna.

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