Le scorie sul tavolo [di Franco Meloni]
Pensare un tavolo sul quale definire delle trattative condivisibili presume che i presenti abbiano lo stesso livello di importanza. Tra un Governo e una Regione, seppure con la sua specialità, la discussione sembra quella con genitori che si fanno chiamare per nome dai figli per una mascherata rappresentazione di uguaglianza. E alla fine, mancando le motivazioni, si blocca la discussione in base al principio di autorità. E’ così e basta. Pensare che un Governo possa essere “amico”, quando in campo si presentano argomentazioni che riguardano, come il problema delle scorie nucleari, l’interesse di tutta la nazione, è impostare male una discussione complessa e difficile. Gli argomenti a favore della scelta della Sardegna come luogo di ricovero delle scorie, sono noti e, per certi versi, scientificamente plausibili. Una compensazione finanziaria in un momento di gravissima crisi, potrebbe indurre ad accettare un prezzo apparentemente congruo. Peter Minuti comprò una piccola penisola tra due fiumi che i nativi chiamavano Manhattan con il corrispondente di 26 $. Recriminare sullo stato attuale della Sardegna è troppo facile e citare i moltissimi motivi per diffidare delle competenze tecniche che prevedono la costruzione e la messa in sicurezza per tre o quattro secoli degli impianti, quasi banale. Un qualunque fiorentino potrebbe citare Brunelleschi come esempio di competenza, magari dimenticando New Town con balconi cadenti o, ma non si può sempre citarla, la Salerno Reggio Calabria. La RAS, e sottolineo la A, dovrebbe presentarsi al tavolo con un progetto redatto secondo i noti criteri: originalità, fattibilità e convenienza economica. Presentando l’idea che renderebbe la nostra Isola un luogo vivibile per i Sardi e con i Sardi, magari allontanando la maledizione dell’emigrazione forzata, si offrirebbe alla comunità tutta, Europa inclusa, una possibilità alternativa all’abbandono del bene più prezioso, la Terra, che noi abbiamo. Dalla Terra nasce la vita, e il Sole deve essere utilizzato per i suoi benefici su di essa e non come strumento di multinazionali con coinvolgimenti mafiosi. La terra deve tornare alla sua originale e fondamentale funzione: provvedere in modo equo e solidale alle necessità alimentari degli abitanti. Ogni terreno incolto deve essere messo a produrre ricchezza agricola con opportune riqualificazioni delle competenze. La terra deve ricominciare ad insegnare in una agricoltura e pastorizia che ci mettano in condizioni di guadagnare da un lavoro nobile e antichissimo. E salvare la terra significa tutelare il bene inalienabile del paesaggio. E un bel paesaggio favorisce l’unica cosa che nessuno può toglierci: la creatività, sia nello scolpire Giganti che nel progettare Scienza. Sul tavolo deve essere fatto presente inoltre che un problema che riguarda effetti nei prossimi millenni non può e non deve essere lasciato alle scelte, non sempre considerate, di una singola nazione. La potenza dell’atomo è al di fuori dalle scale umanamente governabili, in potenza e in tempo, se non con la condivisione dei rischi e dei benefici, non si sfugge alla II Legge della Termodinamica, con una comunità consapevole e informata. Forse il Mondo è diventato troppo piccolo per permetterci di non valutare bene la localizzazione dei rifiuti, l’Europa è ancora più piccola, e la Sardegna praticamente inesistente. Sta a noi, e senza un progetto credibile sarà impossibile, far valere le ragioni che si differenzino da un semplice No, Grazie. *Fisico. Università di Cagliari
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