La bellezza sopravvive al tempo [di Maria Antonietta Mongiu]

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L’Unione Sarda 25/0272015. La città in pillole. San Saturnino, un fascino che resiste a dispetto di tutto. Mai luogo più di san Saturnino richiama l’aforisma di Oscar Wilde “La Bellezza è l’unica cosa contro cui la forza del tempo sia vana”. Malgrado le vetrate offendano la fascinazione della penombra di un tempo; l’escursione termica sbricioli le pareti; la perdita di senso che abitava generazioni di costruttori.

A santu Sadurru la bellezza resiste, alimentata per secoli, nel luogo del martire patrono, dai pellegrini. Sadurru identifica la civitas nella Carta in lingua sarda in caratteri greci (1081/1089) conservata nell’Archivio del Dipartimento del Rodano a Marsiglia sopravvissuta con l’altra (1108), sempre in sardo e in caratteri greci, dell’Archivio Capitolare di Pisa.

Sadurru oltrepassa la compartimentazione della città altomedievale e dichiara di quella giudicale multilinguismo, ruolo del sardo, pluralità delle relazioni. Prima dei benedettini di Marsiglia (1089), una Carta in lingua sarda (1074) racconta di maistros de pedra et in calcina et in ludu et in linna, messi a disposizione da Orzocco Torchitorio per ristrutturare la chiesa.

L’incontro tra i monaci costruttori della Provenza, arti e mestieri del giudicato producono un palinsesto. In una necropoli preesistente, si stratificano il cristianesimo delle origini con sepolture e basilica funeraria; un martyrium a croce greca (V/ VI secolo); il monastero di Fulgenzio da Ruspe, fondato durante il suo secondo esilio (517/523) voluto dai Vandali. Nel luogo dei papi Ilario e Simmaco i francesi insieme ai giudici attuano la riforma gregoriana.

Santu Sadurru divenne un priorato. Il martyrium con cupola fu inglobato in un edificio cruciforme di cui persiste con tre navate il braccio orientale. Un meticciato simbolico, stilistico, materico ha il manifesto negli spolia: colonne e marmi figurati riutilizzati a memoria di luoghi mai dismessi.

 

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