Io – nel Metrò – ci vivrei. Cross now, Gaetano, ci mancherai molto [di Franco Meloni]

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Lettura per la RAI di Gaetano Brundu fatta nei giorni in cui la Città si apriva a discussioni sul ruolo dell’Arte nella vita sociale. Si facevano addirittura dei dibattiti con artisti che, venendo da altre parti del mondo, nella Facoltà di Piazza d’Armi riconoscevano una sana e vivace voglia di seguire la strada aperta da Mauro Manca. Maria Lai giocava con i bambini insegnando a vestire di sabbia i giocattoli che non avevano ancora microchips all’interno e Fausto Melotti mostrava gessi colorati mentre Veronesi inventava delicati equilibri cromatici.

Geymonat festeggiava compleanni nella sua Città di adozione. Arte Duchamp aveva i tre moschettieri: Casula, Brundu e Liberati e favoriva un dialogo con il circuito internazionale.
Erano anni pieni di speranza e di entusiasmo e tutto era messo in discussione. Credevamo di avere le idee chiare e di aver superato, con morti e feriti, l’angoscia degli anni di piombo.
Gaetano, nascosto nel Metrò, osservava.

Una sera è apparso a casa nostra non per cucinare l’anatra laccata ma per proporre di entrare, io come fisico e Anna come scultrice, in un movimento nato a New York, PLEXUS, che tendeva a coniugarell’Arte con la Scienza, entrambe in maiuscolo. L’accompagnava un giovane dal parlar fluente che sarebbe riuscito a convincere un indù a mangiare, magari solo una volta, una bistecca di mucca. Sandro Dernini è entrato, complice Gaetano, nella nostra vita. Era il 1986 e iniziava un lungo e accidentato viaggio che comunque continua alla ricerca del Piccolo Graal.

Il Metrò aveva delle fermate in superficie, magari vicino a Pigalle. Gaetano partecipava, preferibilmente di notte nelle stanze deserte del Dipartimento di Fisica dove si effettuavano collegamenti, per quei tempi fantascientifici, con Istituti d’Arte negli USA. Il baffo, o l’interlochina, diventava messaggero di libertà quando Mandela era ancora in carcere. Tagliagambe e Naitza intervenivano coinvolgendo austeri e perplessi docenti di una Università che doveva aprirsi al dialogo.

In una certa misura ci divertivamo, anche se Gaetano temeva l’uso da parte del “sistema” dell’opera degli artisti. Con Mazzarelli costituivano, comunque, un riferimento di rigore nella qualità delle opere prodotte. Ora molte cose sembrano aver perso la lucentezza di un tempo e la fiducia in futuri rinnovamenti. Il Metrò attraversa profondità poco illuminate. Con il suo sereno pessimismo, comunque, aveva sempre una grande attenzione per i giovani, e per questo merita il titolo di Maestro.

Cross now, Gaetano, ci mancherai molto.

 

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