Crisi o cancellazione dei corpi intermedi? [di M. Tiziana Putzolu]

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Si abbracciano. Si accarezzano. Si baciano. Sembra quasi un rituale. Vanno incontro gli uni agli altri incamminandosi lenti e mesti verso quel punto della grande sala là, più in basso. Sembrano smarriti. Un’altra pacca sulla spalla. Un buffetto sulla guancia. Sembrano farsi coraggio, tenersi stretti. Sono lì dentro e sono successe brutte faccende. Naufraghi su un’isola dorata con un grande fratello che li osserva. Si proteggono. Dagli attacchi terroristici del giudizio dei loro elettori. Dentro quello spazio che pare avulso dall’esterno. Sfondano la quarta parete.

Quasi ti si stringe il cuore. Ma non si tratta dei giornalisti dopo l’attacco a Charlie Hebdo di Parigi. O dei turisti dentro il Museo Bardo a Tunisi. La scena da psicodramma si ripete sempre uguale in un altro luogo. In genere dopo un processo di decisione parlamentare e di annessa sofferta votazione. Dopo che si è deciso se uno di loro ha protetto la nipote di Mubarak, o se era colluso con la camorra o la mafia. Oppure per esprimere solidarietà bipartisan quando il processo si chiude con le dimissioni del soggetto in questione. Ultimo esempio di questo rituale si è ripetuto qualche giorno fa quando il Ministro per le Infrastrutture ha chiesto pietà per le sofferenze patite a dover difendere il proprio nido familiare da accuse ingiuste. Che nessuno può capire. Soprattutto i tanti giovani che non hanno un padre importante.

Ecco. Se una crisi dei corpi c’è forse non è proprio solo quella dei cosiddetti corpi sociali intermedi, che pure hanno i loro problemi. La crisi è nel più elevato livello dei corpi istituzionali che di quelli sociali intermedi sono al vertice. E’ tutta la dentro. E non è un caso che uno dei principali di questi corpi (il Senato) stia per essere cancellato e surrogato da un corpo istituzionale di secondo livello. Riempito con una inutile zavorra di eletti nei sistemi regionali attraverso leggi elettorali diverse tra di loro. Altri sono già stati più o meno cancellati (le Provincie). Parrebbe più corretto, in definitiva, parlare di attacco ai corpi intermedi, più che di crisi. Con gli impauriti incatenati che non sono che la patetica rappresentazione del mito della caverna di Platone.

I Partiti, principali tra i corpi sociali intermedi, sono da tempo alla corda. Ne fanno parte quei soggetti smarriti che trovano rifugio antiatomico con elmetto in testa nel più alto dei corpi istituzionali. Hanno spesso seri problemi di competenza. Di ruolo. Di rappresentanza, di aderenza alla realtà dei rappresentati. Danno però quotidianamente prova della loro muscolare funzione quando discutono di come rinominarsi, riformarsi, aderire alla società che vorrebbero rappresentare. Oltre a loro, invece, associazioni di ogni genere, sportive, di volontariato sociale e di ogni orientamento pullulano all’interno dei vari strati della società. Attivi ma assolutamente invisibili.

Il prodotto delle salivari dissertazioni sventagliate soavemente sulla crisi dei corpi intermedi, additate come il male di tutti i mali da intellettuali che hanno smarrito da tempo il loro compito, ha avuto l’effetto quasi immediato nelle nevrotiche reazioni che hanno visto la soluzione nella cancellazione di alcuni corpi istituzionali. Rovesciando i principi sulla utilità dei corpi intermedi di antica memoria. Ne l’Esprit des Lois, Montesquieu tracciò la teoria dei corpi sociali intermedi come necessari al formarsi delle democrazie, da contrapporre al potere assoluto del monarca. Ma nell’era delle cure draconiane, delle soluzioni ‘a levare’ pare più facile togliere che avere coraggio di cambiare.

Così, nella litania petulante sulla crisi di ogni corpo, levando levando prende forma neppure troppo timidamente l’inutilità di uno dei più importanti dei corpi intermedi moderni, cioè il Sindacato. Pure lui con molti problemi da risolvere. Ma se la liturgia deve andare avanti, così sia. Un economista confindustriale rilascia una intensa e accattivante intervista su una autorevole rivista on line. Spiega la sua versione circa la crisi dei Sindacati. Con i canini che gli si allungano pian piano, dice semplicemente che non servono più. Che hanno avuto un ruolo importante, hanno ‘educato’ i lavoratori alla contrattazione. Che i lavoratori non hanno più bisogno dei sindacati perché ormai, tanto sono educati, possono farsi da soli le loro contrattazioni individuali con i datori di lavoro. Ha già addentato il polpaccio.

Le aziende sono come grandi famiglie. Comunità di destino. Così si chiamerebbero ora. E così, via anche i sindacati. Il percorso è breve. La strada già tracciata. Tra il concetto di crisi dei corpi (istituzionali e sociali) intermedi e le comunità di destino vi è una particolare sintonia concettuale ed una continuità intellettuale, purtroppo, invisibile a molti. Che avrebbero la responsabilità di pesare bene le parole. E’ la teoria del tutti insieme, tutti uguali, tutti sulla stessa barca. Padri e figli. Ricchi e poveri. Imprenditori e lavoratori. In fondo potremmo essere tutti uno stesso corpo. Facendo di tutta l’erba un fascio.

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