Carne tritata [di Raffaele Deidda]

Maggiore Martin

Nel cimitero di Huelva, città spagnola della Comunità Autonoma dell’Andalusia, c’è una tomba la cui lapide reca il nome di William Martin. Colui che, si dice, con la sua morte salvò migliaia di vite e cambiò il corso della storia. Nell’aula consiliare del Comune di Cagliari c’è invece una lapide che riporta: “Capoluogo dell’isola Nobile e generosa, scolta invitta d’Italia al centro del Mediterraneo, sopportò per anni, con indomita fierezza della sua gente, lunghe, terrificanti ed assillanti distruzioni di guerra recate dalla intensa offesa aerea. Fiera del suo destino, accolse con fierezza ogni prova dolorosa. Dilagata, stroncata e ferita a morte non smentì mai le sue alte e civiche virtù e la fama gloriosa acquisita nei secoli dal suo popolo eroico, sublime in ogni sacrificio per l’amore della patria“.

La tomba spagnola e la lapide sarda hanno qualcosa in comune. William Martin, o chiunque egli fosse, con la sua morte cambiò forse il corso della storia e salvò migliaia di vite in Sicilia, ma fu causa della morte di tante persone in Sardegna. Il 30 aprile del 1943, un pescatore trovò un cadavere in stato di decomposizione nella spiaggia di Huelva. Era di un uomo vestito da ufficiale dell’esercito britannico. Venne identificato come il maggiore William Martin e gli venne trovata addosso, dentro una cartella, una busta sigillata. Fra Madrid e Londra si attivarono immediatamente i contatti per il recupero della busta e del suo contenuto.

Durante la Seconda Guerra Mondiale la Spagna aveva mantenuto una posizione di neutralità, ma erano ben note le simpatie dell’esercito spagnolo per la Germania ed erano molte le spie tedesche in Spagna. Queste non tardarono a scoprire che la busta conteneva dettagliate informazioni sui piani strategici delle forze armate alleate che si preparavano, stava scritto, a sferrare un attacco in Grecia e in Sardegna che i tedeschi, convinti dell’autenticità del documento, rinforzarono massicciamente con uomini e mezzi. In particolare, la Luftflotte 2 del feldmaresciallo Richthofen fu trasferita dalla Sicilia alla Sardegna.

Fu il trionfo dell’intelligence militare britannica, Tutto era stato preparato nei minimi particolari, il piano era perfetto. Il cadavere del maggiore era in realtà quello di un vagabondo inglese. Aveva addirittura con se le lettere di una fidanzata e la ricevuta dell’acquisto di un anello. Il The Times aveva pubblicato la notizia della sua morte. L’operazione venne chiamata Mincemeat (Carne tritata). Gli alleati invasero la Sicilia, il loro vero obiettivo, il 10 luglio 1943. Trovarono poca resistenza nella male equipaggiata VI Armata italiana e completarono l’occupazione il 9 agosto dello stesso anno.

Il 12 maggio 1950 il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi conferì alla città di Cagliari, che aveva dovuto subire i devastanti danni provocati dai bombardamenti del 1943, la medaglia d’oro al valor militare. Una medaglia pagata cara dalla città col sangue dei suoi abitanti, vittime innocenti e inconsapevoli dei giochi di guerra. Ignari della verita che, affermava Winston Churchill, “In tempo di guerra è così preziosa che bisogna proteggerla sempre con una cortina di bugie”.

Per via di quella cortina di bugie, da far passare come verità, gli inglesi bombardarono ripetutamente Cagliari. I tedeschi dovevano convincersi che gli alleati avevano davvero in animo di sferrare l’attacco massiccio in Sardegna. Le fonti storiche riportano che il 13 maggio del 1943 ben 197 bombardieri e 186 caccia scaricarono su Cagliari 893 bombe trasformandola in un cumulo di macerie, creando distruzione e morte. Migliaia di persone (si parla di circa 50.000) abbandonarono la città per rifugiarsi nei paesi dell’interno, diventando formalmente “sfollati”.

Chi è sopravvissuto a quella devastante esperienza può testimoniare quali e quante sofferenze siano state patite dai cagliaritani, quanta distruzione abbiano vissuto. Può soprattutto testimoniare come suonino retoriche quelle parole scolpite nel marmo e riferite alla città: “Dilagata, stroncata e ferita a morte non smentì mai le sue alte e civiche virtù e la fama gloriosa acquisita nei secoli dal suo popolo eroico, sublime in ogni sacrificio per l’amore della patria“.

Nient’altro che carne tritata, altro che popolo eroico, sublime in ogni sacrificio per l’amore della patria!

*Nella foto il cadavere del falso Maggiore William Martin. Secondo lo storico Roger Morgan il vero nome dell’uomo era Glyndwr Michael, un alcolizzato gallese.

One Comment

  1. Paolo Cau

    Vorrei chiedere a Raffaele Deidda, che dovrebbe sapere che le “massime ricompense al valore” (per esempio la “Victoria Cross” inglese) sono previste in tutti i Paesi del mondo, democratici e non, fieramente antifascisti o anche guelfi e/o ghibellini se ce ne fossero ancora, in che caso dovrebbero essere elargite e quali parole bisognerebbe usare nella motivazione. Si tratta di alcune centinaia di equipaggi di aerei che hanno bombardato una città difesa da pochi caccia e cannoni contraerei?: “Eroici demolitori di abitazioni civili e neutralizzatori di vite di qualche militare e di ben più numerose di donne, vecchi e bambini, contribuivano con minimo o nessun sacrificio da parte Loro ad ingannare il nemico sui veri obiettivi della guerra etc etc ” . Oppure, nel caso di alcune decine (non migliaia: Cagliari, il 13 maggio era già stata abbondantemente sfollata, e la distruzione fu gravissima soprattutto per gli edifici) di Cagliaritani morti sotto le bombe dei suddetti eroi: “Immeritevoli di qualunque elogio o ricompensa, perché ridotti ormai a carne tritata, il loro non può esser chiamato sacrificio, giacché per inqualificabili motivi (come quelli che avevano spinto 17 ferrovieri a rimanere sul posto di lavoro, cioè la Stazione FF.SS., nonostante l’allarme) essi non avevano abbandonato una città priva financo dei servizi più elementari: si dichiara dunque il non luogo a procedere per la concessione della Medaglia d’Oro.” e invece, guarda un po’ cosa si spinge a fare l’Italia democratica ed antifascista, nata dalla Resistenza…
    Ringrazio dell’attenzione, se c’è stata.
    Paolo Cau

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