L’Accabbadora sarda e l’Atropo etrusca [di Massimo Pittau]

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È cosa ormai abbastanza nota che fino a circa mezzo secolo fa esisteva in Sardegna, a livello popolare e in maniera nascosta o almeno molto discreta, l’usanza della eutanasia” o “buona morte”, applicata nei confronti di individui che fossero in lunga e penosa agonia. Questa macabra operazione era in genere delegata a donne specializzate, chiamate accabbadoras, che significa “finitrici”, “accoppatrici”, da accabbare «terminare, finire, accoppare». Esse, in tutta segretezza e con preliminari di carattere rituale, eseguivano la macabra operazione anche con un martello fatto tutto di legno, col quale colpivano il cervelletto oppure una tempia del malcapitato individuo. Un esemplare di questo martello funerario esiste in una casa-museo di Luras, villaggio della Sardegna centro-settentrionale.

In epoca recente ritengo di aver fatto un importante ritrovamento che avvalora grandemente la mia tesi della connessione e parentela tra i Sardi Nuragici da un lato e gli Etruschi dall’altro: nella scena che risulta incisa in uno specchio etrusco di Perugia risultano figurati quattro personaggi mitologici, Atalanta, Meleagro, Atropo e Turan (ET, Pe S 12). Atropo (= «l’Inflessibile», etr. Athrpa) era una delle tre Parche e precisamente quella che tagliava il filo della vita, cioè decideva e determinava il momento della morte di ciascun individuo umano.

Ebbene nella scena dello specchio etrusco Atropo tiene con la mano destra un martello, alla maniera dunque della accabbadora sarda, che determinava la morte di un individuo con un martello! (vedi mio studio L’Accabbadora sarda e l’Atropo etrusca). Oltre a ciò, abbiamo alcune raffigurazioni pittoriche e plastiche, su pareti di tombe o di urne funerarie etrusche, di Caronte e di altri demoni infernali, i quali risultano forniti di un grosso martello.

E dunque è evidente che sia fra i Nuragici sia fra gli Etruschi il “martello”, oltre che essere uno strumento di lavoro, aveva pure una funzione funeraria, nel senso che presso quelli e presso questi era uno strumento di “morte”. E s’impone pertanto questo problema: perché la scelta del martello come strumento con cui dare la morte a un individuo agonizzante? Certamente perché, in primo luogo, questo era lo strumento più immediato e inoltre non era cruento, ma quasi certamente nella scelta fatta entrava pure un’altra motivazione, simbolica e storica.

A questo proposito è da ricordare l’usanza che avevano gli Etruschi di infiggere – ovviamente con un martello – un chiodo nella parete del tempio della dea Northia, presso Orvieto, per indicare il passare degli anni. Questa usanza ha un notevole peso dimostrativo in ordine alla vecchia disputa sulla “origine degli Etruschi”: provenivano essi dalla Lidia, nell’Asia Minore, come dice Erodoto e con lui altri 30 autori, greci e latini, oppure erano autoctoni dell’Italia, come dice il solo Dionigi di Alicarnasso?

Ebbene, anche l’usanza degli Etruschi dell’affissione del chiodo annuale costituisce una forte prova a favore della tesi erodotea: il contare gli anni, infatti, implicava necessariamente un terminus a quo, ossia una data di inizio di tale usanza e questa era quasi sicuramente la data dell’arrivo degli Etruschi nell’Italia centrale, probabilmente nel 968 avanti Cristo. Se invece gli Etruschi fossero stati presenti in Italia ab origine, non avrebbe avuto alcun senso iniziare a contare il passare degli anni!

E pure in Sardegna restano ancora sia reperti archeologici sia reperti linguistici di quella usanza di iniziare a contare gli anni, a dimostrazione del fatto che pure i Sardi Nuragici tenevano a contare gli anni ad iniziare dal loro arrivo in Sardegna, pur’essi dalla Lidia. In primo luogo c’è da ricordare che “chiodi votivi” sono stati rinvenuti sia nel santuario nuragico di Santa Vittoria di Serri sia nelle rovine di Nora. In secondo luogo esiste tuttora nella Sardegna interna la locuzione pònnere unu cravu in su muru «mettere un chiodo nel muro» per significare la chiusura definitiva di una data questione.

Anche i Sardi Nuragici dunque conservavano la memoria storica della data del loro arrivo dalla Lidia nell’Isola, circa nel 2500 avanti Cristo (StSN 275). E tutto questo costituisce una chiara e forte prova a favore della mia tesi della connessione e parentela fra i Sardi Nuragici da una parte e gli Etruschi dall’altra.

Se ne deduce dunque che sia per gli Etruschi sia per i Nuragici affiggere un chiodo con un martello significava dichiarare chiuso un anno, dichiarare chiusa una questione, dichiarare la fine e la morte di un uomo in lunga e penosa agonia.

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