Il bisogno di politiche pubbliche per l’ambiente e lo sviluppo [di Pietro Ciarlo]

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L’intervento è stato presentato al Convegno “Tutela dell’ambiente e sviluppo sostenibile” martedì 7 aprile ore 9:30 organizzato alla Sala Convegni Fondazione Banco di Sardegna dall’ Associazione degli ex parlamentari della Repubblica. Coordinamento regionale della Sardegna.

Coniugare tutela dell’ambiente e sviluppo economico, o, ancor meglio, far sì che la stessa tutela ambientale diventi motore di sviluppo economico, non può fare a meno di efficaci politiche pubbliche. Sono gli enti locali, le regioni, lo Stato, l’ Unione Europea che, oltre ad intervenire attivamente, devono incentivare, vietare, individuare luoghi, stabilire standard, amministrare, dare certezze normative ed attuative all’ iniziativa economica dei privati.

Questa affermazione può sembrare ovvia, viceversa essa è solo la premessa per sottolineare come le politiche pubbliche nel nostro Paese siano gravemente deficitarie. Nell’ ultimo anno è possibile individuare dei segnali positivi, ma certo il percorso è ancora lungo. Si tratta di recuperare decenni di ritardi, di errori, di consapevoli spoliazioni.

Le accuse che vengono mosse dalla politica alla burocrazia hanno un ampio fondamento di verità, ma sono anche un alibi per sfuggire alle proprie responsabilità. Compito precipuo dell’ amministrazione è dare esecuzione alle leggi, ma se le leggi da eseguire sono confuse e velleitarie, o artatamente nascondono poco commendevoli interessi, allora la responsabilità primaria va ricondotta a chi le leggi le fa e cioè alla politica stessa. In Italia, la drammatica assenza di partiti politicamente ed eticamente adeguati è stata la causa principale di tutti i nostri mali istituzionali. Anche questo spiega il ruolo di supplenza sempre più rilevante di associazioni come il FAI o quella degli ex Parlamentari.

Oggi, i livelli europeo e statale paiono in un modo o nell’altro presidiati. I comuni devono far fronte più direttamente ai bisogni dei cittadini e quindi sono in certa misura responsivi. Viceversa, è l’ essenziale livello di governo regionale ad apparire assolutamente inadeguato rispetto ai compiti che l’ ordinamento gli assegna. Difficilmente si può immaginare di coniugare tutela ambientale e sviluppo senza che siano elaborate e praticate coerenti politiche a livello regionali. Si tratta di un deficit molto grave per il Paese intero. Oggi le regioni sono l’anello più debole della catena di governance e la Sardegna non sembra fare eccezione. Bisogna avere la capacità di affrontare con costanza e determinazione almeno quelle questioni sulle quali vi è una generale condivisione.

Il FAI ha organizzato molteplici iniziative di consultazione dalle quali sono sortite proposte qualificanti e condivise che, però, per avere speranze operative devono necessariamente trovare interlocuzioni a livello regionale e statale. La prima riguarda un no netto al solare fotovoltaico su terreni agricoli o suscettibili di utilizzazione agricola. E’ una delle grandi iatture italiane. In nome dell’energia rinnovabile e pulita si sta commettendo uno dei più gravi attentati all’ ambiente e alla nostra storia.

Il secondo punto riguarda la imprescindibile connessione della Sardegna alla rete nazionale di distribuzione del metano. Un metanodotto reversibile che, come l’elettrodotto SA.PE.I, possa funzionare in un senso o nell’ altro. Ove mai la Sardegna dovesse diventare un ponte metanifero dall’ Africa all’ Europa, o dal mondo mediante rigasificatori, il collegamento potrebbe funzionare in un senso. Ma comunque l’interesse primario ed immediato della Sardegna è che essa possa ricevere il gas naturale come tutte le altre regioni d’ Europa.

E’ vero la Sardegna è un isola, ma ciò non è di per sé sufficiente a fondare una discriminazione quando la tecnica consente di superare le condizioni deteriori. I costi del metanodotto Sardegna-rete nazionale, secondo alcune stime, non sarebbero insormontabili, ma, a parte le potenzialità di infrastruttura all’ import il cui rilievo deve essere comunque tenuto nella massima considerazione, lo Stato italiano deve decidere se vuol fare della Sardegna il primo deserto nazionale o se vuole ad essa dare un futuro.

E la Regione Sardegna deve mostrarsi capace di porre con forza una rivendicazione in sé intuitiva, oltre che necessaria. Bisogna tirarsi fuori dall’imperscrutabile grande risiko internazionale del metano: il collegamento tra la Sardegna e la rete nazionale è una decisione politica esclusivamente italiana. Non ci sono alibi.

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