Quegli antichi graffiti su pietra [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione Sarda 20/05/2015. La città in pillole. Da Cagliari provengono due terzi delle iscrizioni latine della Sardegna. Le iscrizioni raccontano luoghi, personaggi, istituzioni, consuetudini. L’epigrafia ne studia testi formati da parole, a volte abbreviate, simboli e numeri scritti in supporti di pietra, terracotta, pelle, metallo, tessuto. Ma anche su affreschi o roccia come nella Grotta della Vipera dove rupes loquentes si rivolgono con versi strepitosi all’indifferenza di passanti e soprattutto di amministratori e di chi deve tutelare quel capolavoro. Sono continuatori di tanta tradizione graffiti, cartelloni pubblicitari o di pubblica utilità, sms che hanno costruito cospicui dizionari. Scienziati di varie discipline si interrogano sulle relazioni tra sviluppo del linguaggio, lingue e scrittura, segni fonetici e ideografici. I popoli redassero pensieri e narrazioni soprattutto con ideogrammi o astrazioni, lungi in gran parte dall’essere decodificati anche quando si sa molto della loro cultura materiale. La scrittura e la lingua sono il loro lato oscuro. Se ne ignorano i codici fondanti: significato del significante ovvero di ogni segno, figurato o aniconico. D’altra parte la stessa grafia del latino e del greco è stata, nel tempo, diversa da come si trasmette a scuola e si riconoscono le loro iscrizioni perché sono le lingue antiche più studiate. Persino i geroglifici devono l’interpretazione, ai primi dell’Ottocento, alla visionarietà di Champollion. Da Cagliari provengono due terzi delle iscrizioni latine di Sardegna. Nei magazzini del museo tante dai territori in diversi idiomi. Un Museo o una Sezione delle forme di scrittura in Sardegna imporrebbe una revisione a 360° di un luogo comune. A fronte di migliaia di parole del sostrato, sopravvissuto ad oggi, si attende infatti di ammettere la possibilità di una scrittura indigena. A quando la caduta del tabù?
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