Universo badanti [di Marco Fois]

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Sono un esercito di un milione e 650.000 le badanti straniere oggi in Italia. Almeno altre 500.000 nei prossimi anni sono richieste dal mercato del lavoro e sarà un trend in crescita fino al 2030, quando saranno 8 milioni gli italiani vecchi bisognosi di assistenza. Peraltro in una situazione caratterizzata, per i prossimi 16 anni, da importanti restrizioni del welfare.

Sono dati resi noti da uno dei maggiori sindacati di categoria. In Sardegna, secondo i dati INPS (che non tengono conto della presenza di voucher, di agenzie o pseudo tali e di agenzie interinali) le badanti sono circa 20.000. Almeno il 50% di esse lavora senza contratto , senza tutele, diritti e contributi. Lavorano quindi in nero, termine che ha sostituito la parola lavoro nel dizionario giuslavoristico.

Nell’isola la più alta concentrazione di badanti si ha fra le filippine e le rumene. La loro integrazione appare buona, pur in un periodo in cui anche le donne sarde, per necessità familiari, riscoprono il lavoro domestico sia in qualità di colf che di badanti. La concorrenza è all’insegna dello stato di necessità. Nel Sulcis è rilevante la presenza di di badanti marocchine accompagnate da cubane, venezuelane, cilene, albanesi, georgiane. Oltre a quelle della Russia asiatica come le kirghize, uzbeke, tagike etc..

Gli aiuti provengono dallo Stato, che ha sempre integrato nelle varie regioni una partecipazione economica per coloro che rendicontano i costi sostenuti per l’assistenza ad un familiare. In Sardegna L’Assessorato Regionale della Sanità ha favorito la diffusione presso i comuni di iniziative progettuali come Ritornare a casa, a cui si sono accompagnati percorsi formativi per le lavoratrici presso Centri e Associazioni Onlus accreditate dalla Regione.

Oggi, con la spending review e i conseguenti tagli agli Enti Locali, la stretta economica fa si che molti comuni non accedano più ai servizi. A seguito dell’entrata in vigore del Jobs Act si sono ridotti gli ammortizzatori sociali e a partire dal 2016 il lavoro domestico avrà sempre minori certezze. Già oggi la vita lavorativa media di una badante presso la stessa famiglia si attesta fra uno e due anni.

Il rapporto di lavoro famiglie-badanti presenta diverse criticità non essendo contrattualmente prevista, in particolare, una tassatività delle mansioni. Sono, ad esempio, obbligatorie la vigilanza e l’assistenza ma questa non comprende quella sanitaria, riservata per legge alle professioni mediche e infermieristiche. In merito sorgono spesso contenziosi. Se è legittimo il controllo dell’insulina e della pressione operato dalla badante, non lo è certamente l’iniezione intramuscolare o endovenosa.

Da parte delle famiglie la rivendicazione più sostenuta é quella di una maggior conoscenza della lingua italiana, non ritenendo sufficienti i 3 giorni di corso minimo previsto dall’Accordo di Integrazione prescritto dal Ministero dell’Interno. Talvolta le famiglie protestano per la scarsa professionalità delle badanti, pur se compensata dalla dedizione e dalla disponibilità nei confronti degli assistiti che spesso manca agli stessi familiari.

Inoltre le famiglie tendono a trasferire, in virtù di un rapporto fiduciario, prima ancora che contrattuale, altri oneri e responsabilità senza pensare alle conseguenze (economiche e contributive). La consegna delle chiavi di casa, il rispondere al telefono, andare in farmacia, parlare col medico etc. dovrebbe infatti comportare l’implicito riconoscimento di una diversa qualifica e mansione.

Le badanti richiedono invece un maggior rispetto del ruolo di donna e lavoratrice attraverso una più efficace attività di controllo da parte degli Enti preposti (ad esempio in merito ai giorni di riposo) e la vigilanza sui fenomeni di razzismo e di discriminazione sul lavoro. Oltre la vigilanza sui ricatti dei datori di lavoro che riducono i diritti e le spettanze delle lavoratrici in cambio del rilascio di attestazioni utili al rilascio dei documenti per esse indispensabili.

E’ scarsamente applicata in Italia la Direttiva Europea Bolkestein sulla libera circolazione dei lavoratori comunitari. Di conseguenza si verificano forme particolari di concorrenza in materia di tariffe e di costo del lavoro anche fra i lavoratori domestici. Le stesse badanti talvolta riescono a spuntare col datore di lavoro retribuzioni orarie più alte rispetto a quelle previste dai Ccnl di categoria.

A parere di chi scrive manca soprattutto un adeguamento del mansionario contrattuale alla realtà del terzo millennio, essendo ormai scomparse figure contrattuali come lo stalliere e la dama di compagnia. Servono figure piu’ professionali in ambiente domestico dove, in assenza di vere governanti, operino badanti che sappiano gestire la casa in cui vivono con l’anziano. Con competenze che vanno dal saper fare la raccolta differenziata al saper leggere la bolletta della luce e quella dell’acqua, fino all’acquisizione di nozioni fondamentali in merito sulla sicurezza del lavoro in ambiente domestico.

Gli Uffici Sociali che gestiscono gli elenchi comunali delle badanti non dovrebbero inoltre sostituire quelli del Collocamento, al fine di non creare doppioni e discriminazioni basate sulla presenza del proprio nome in una lista o un’agenda privata. Sicuramente è meritevole il ruolo della Caritas che aiuta i bisognosi anche a trovare lavoro. Talvolta però questo può creare, col coinvolgimento di altri soggetti, malintesi e distorsioni nell’orientamento al lavoro.

*Consulente del Lavoro, specializzato in Politiche Immigratorie. Ha studio a Cagliari e a Mosca, con un network nei paesi dell’Est Europa.

 

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