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– Ascolta. Ho esperienza nel campo. Vedi, i tuoi parenti non ti prenderanno mai in casa con loro. E questo ha una sola spiegazione: non ti vogliono bene, non te ne hanno mai voluto davvero. Ti è chiaro il concetto? Cara la mia Carlotta! –
Tiziana crea, con abilità affinata negli anni, un invisibile filo tra i suoi occhi e quelli della sua cara amica Carlotta, anziana insegnante di pianoforte, di cui si prende cura.
E vi fa scivolare, come melma infetta, le sue quotidiane menzogne.
Nessun suono, né sillaba, dovrà disperdersi in quel breve ed invisibile contatto.
– Dici, Tiziana? – chiede insicura l’insegnante, dopo aver subìto l’ennesimo plagio.
– Certo! Che ingenua la mia Carlotta … – la sbeffeggia l’amica.
– E tu, Tiziana, mi farai compagnia? –
– Che domande! Ti farò compagnia per tutto il tempo che vorrai. Ricorda, sono la tua mi-glio-re a-mi-ca. Chiaro? – le risponde, scandendo le sillabe con tono da adulatrice.
– Sai, – prosegue Carlotta – un tempo gli allievi aspettavano impazienti, ma composti, che varcassi la porta dell’aula di pianoforte. Non vedevano l’ora di mettere le mani sullo strumento. Mi sembra trascorso un secolo, ahimè. Ora non so cosa fare, non posso far nulla da sola e sto sempre male. Male, hai capito? Sto male! –
– Con me quel tempo è tornato, Carlotta. Ci sono io che aspetto, impaziente, che tu rimetta le mani su quei tasti, e li faccia cantare come solo sai fare tu. –
La donna prende per mano l’insegnante, la accompagna verso il pianoforte, di fronte al quale la invita a sedersi.
La aiuta a sollevare il coperchio della tastiera, e le sussurra all’orecchio:
– Ora dimentica per un po’ i tuoi problemi, immagina di essere in concerto, ed immergiti nella musica che regalavi al tuo pubblico, durante quei meravigliosi anni. –
La musicista immagina, e comincia a suonare.
Tiziana si affretta a telefonare, lasciandola sola.
– Pronto? – risponde l’uomo.
È Mauro, il fratello di Carlotta. Anche lui in pensione, ora un po’ più tranquillo da quando sua sorella ha trovato, due anni fa, quell’amica paziente e disposta a farle compagnia, giorno e notte. La chiamata lo interrompe mentre si sforza di chiudere un cassetto che, da un po’, non vuole chiudersi. Sbuffa infastidito.
Soprattutto dopo aver letto, sul display del telefono, CARLOTTA, specialista in “attacca bottone” e “lamentele ad ogni costo”.
– Ciao Mauro, la senti tua sorella? –
– Tiziana? Possiamo risentirci tra dieci minuti? Sto finendo di sistemare una cosa … –
– Un attimo. Ascolta, ci sono riuscita! – lo informa quella allontanandosi la cornetta dall’orecchio, affinché il suono del pianoforte possa arrivare forte e chiaro dall’altra parte.
Il telefono, per quanto inadatto allo scopo, lo rende testimone del miracolo: sua sorella sta suonando.
Quanto tempo è passato? Dieci anni? Quindici? O forse di più? Non si ricorda e non può vedere, ma solo immaginare, le mani che percorrono la tastiera a velocità sostenuta.
Il suono è limpido e impetuoso. Sta suonando l’“Appassionata” di Beethoven!
“Come sarebbe bello tornare indietro nel tempo” riflette l’uomo, ricordandosi di quelle sere che trascorreva, con i suoi genitori, ad ascoltare Carlotta al pianoforte.
Mauro non sa, però, che sarà l’ultima occasione per ascoltarla, perché d’ora in poi non regalerà più il suo talento a nessuno, nemmeno a se stessa.
Un anno dopo.
– Amò, fai la doccia così usciamo, Carlotta si è già addormentata. Le ho messo qualche goccia in più, sai com’è … –
– Sei tremenda, Tizi. Vacci piano, però – commenta laconico l’uomo.
Non sta nella pelle: un’altra serata frizzante, in un’altra sala da gioco.
– Dai, muoviti, stasera offro io … come sempre – sorride Tiziana, un po’ imbarazzata.
La sua espressione dura ben poco, lasciando spazio ad un ghigno beffardo.
Le sue dita, nel frattempo, accarezzano un bancomat che, sporgendo da una delle tasche dei suoi jeans attillati, riflette la luce del soggiorno con la superficie argentata.
L’uomo riesce a leggere, sul lato visibile del documento, quattro lettere: Carl.
– Allora tutti quei contanti … mi hai sempre detto che erano soldi che riuscivi a farti regalare da Carlotta per inviarli ai tuoi figli, e per pagarti l’avvocato! –
– Beh, n…on e-esattamente – balbetta la donna, volgendo lo sguardo altrove.
– Non dirmi che sei riuscita … –
– Shhh – lo interrompe lei, appoggiandogli leggermente l’indice destro sulle labbra.
Con un profondo bacio gli chiude la bocca, impedendogli di continuare.
– Ti spiegherò tutto – gli sussurra, spingendolo verso la porta del bagno, e fissandolo in modo provocante.
Le luci artificiali della strada illuminano, intermittenti, i visi divertiti della coppia.
Avanzano ad andatura sostenuta, sulla loro utilitaria, verso la prossima tappa: il multisala più grande e moderno della città.
Il programma è esaltante.
Cena nel ristorante interno con animazione e balli, infine scommesse e giochi d’azzardo nella nuova sala per VIP.
Per quella sera possono avere tutto ciò che vogliono.
E per le prossime serate, anche.
– Basta non farsi prendere la mano, – lo rassicura Tizi – per questo lascia fare a me. Piccoli prelievi, ma regolari e distanti nel tempo. Così non ho mai dato nell’occhio. Tu non riusciresti a resistere, ti conosco troppo bene. –
Il maître, insospettito dai due clienti dall’aspetto non del tutto consono allo standard del suo ristorante, blocca il giovane cameriere sull’uscio della cucina, intento a portare l’ennesima porzione di arrosto al tavolo della coppia.
– È tutto di vostro gusto? – chiede il maître alla coppia, – Il vino è il migliore che offriamo. Qualcuno si lamenta del prezzo, ma la qualità si deve pagare: giusto? – sorride accattivante.
– Sappiamo riconoscere la qualità – replica Tiziana, e posa indifferente sul tavolino un voluminoso portafogli rosso griffato.
– Grazie per l’interessamento, comunque. Ed ora, se ci volesse scusare … –
– Certo. Perdonatemi voi per l’invadenza. –
La loro serata, nella sala scommesse, continua piacevole e senza pensieri.
Ad ogni giocata i soldi sembrano aumentare a vista d’occhio. Aprire il portafoglio, e trovarlo sempre più pieno, è una sensazione inebriante per tutti.
Col tempo si stanno abituando ad avere sempre più contanti a disposizione. E senza sforzi.
Ma, come sempre accade in quelle serate, non appena oltrepassano la linea di confine tra gioco sano e ossessivo, il nervosismo inizia a serpeggiare tra i due.
E le perdite iniziano a superare, di gran lunga, le vincite.
Finisce sempre così.
– Andiamo via, Tiziana. Ti sei fatta prendere la mano un’altra volta, maledizione! – La rimprovera l’uomo, consapevole di avere il suo stesso problema.
Ma, dare la colpa agli altri, è la via di fuga che preferisce da sempre.
Hanno dovuto usare il bancomat di Carlotta altre volte, perché il mazzo di banconote si è come dissolto nel nulla, lasciandogli un senso di vuoto allo stomaco, nonostante la cena esageratamente abbondante.
3 del mattino
Un’altra notte insonne per Carlotta.
Si deve alzare, c’è quella lettera che ha visto tra le mani di Tiziana.
Recava un timbro, una scritta già vista da qualche parte e che non era riuscita a distinguere.
Ma aveva un presentimento.
“Che m’importa se frugo tra la sua roba? Era la cassettiera di mamma, ed ora è la mia, dannazione!” pensa, sentendosi un’intrusa in casa sua.
La lettera è ancora lì, indecifrabile nella penombra.
La solleva verso il fascio di luce che, dal lampione in strada, attraversa le fessure della tapparella.
La sua intuizione trova conferma, ora che può leggere:
Mittente: Carabinieri.
Oggetto: denuncia per circonvenzione d’incapace e appropriazione indebita di denaro.
Che Tizi le prendesse la carta a sua insaputa, l’aveva capito da tempo.
Ma, ammettere che lo facesse per i suoi porci comodi, e non per farle la spesa, era un’altra faccenda.
Come avrebbe mai potuto fermarla, peggio ancora raccontare tutto alla polizia?
No, non se ne parlava proprio, aveva bisogno di lei.
Tizi sì che la capiva, e non l’aveva mai lasciata sola da quando si erano conosciute.
O forse sì? Eh già, qualche volta…anzi spesso la mollava da sola, anche di notte, e chiedeva sempre più soldi in prestito.
Bella fregatura.
Tizi sì che si dava da fare per vivere con lei, nella sua casa.
O forse Tizi non sapeva dove andare, e stare lì a sbafo non le sembrava vero?
Forse era vera la seconda ipotesi, ma meglio non ammetterlo. Soprattutto con i parenti.
Tizi sì che … uno scricchiolio sinistro giunge alle sue spalle.
Ha lo specchio davanti, non dovrebbe aver bisogno di girarsi.
“Si è messo un po’ di vento”, riflette Carlotta.
Ciò che sente non è vento, ma la presenza di qualcuno alle sue spalle.
Lo specchio, però, non le dà riscontro.
Ora sente una punta che le percorre, dolorosamente, il braccio sinistro dal basso verso l’alto, sino a fermarsi all’altezza della spalla, per poi tramutarsi in presa forte e lancinante, da spezzarle il fiato.
Con la coda dell’occhio vede dita ossute e artigli grigi che, lentamente, le bucano la camicia da notte che comincia a chiazzarsi di rosso.
– Hai visto cos’hanno combinato i tuoi parenti? – la voce assomiglia a quella di Tiziana, ma è più profonda, e si propaga insieme ad un alito mortale.
Carlotta continua a sbirciare di lato e sullo specchio. L’immagine alle sue spalle non viene riflessa, ma il dolore che le invade il lato sinistro del corpo, invece, è sempre lì, reale, talmente forte da farla quasi svenire.
– Tizi, sei tu? Perché non ti vedo allo specchio? – chiede Carlotta con voce tremante.
– Certo che sono io, però un po’ più incazzata del solito. Ora chi aggiusterà questo schifo di guaio in cui mi hanno cacciato i tuoi parenti? –
– Penso che tu abbia contribuito notevolmente a creare questa situazione, non trovi? –
Carlotta finalmente si gira, con una smorfia di dolore.
Ciò che vedrà, per l’ultima volta, pensa, saranno due lunghe zanne, illuminate di giallo dalla luce artificiale della strada, che scendono fameliche verso il suo collo.
Carlotta si sveglia di soprassalto sul suo letto.
Tiziana è seduta tra lei e il comò, la fissa con occhi severi.
Intanto, nell’aria, si sta diffondendo un buon profumo di caffè.
– Devo tornare in cucina, sta uscendo il caffè – commenta Tiziana, alzandosi un po’ a fatica per via delle poche ore di sonno alle spalle.
Carlotta la chiama, appena l’amica varca la soglia della stanza da letto.
– Tiziana, cosa mi hai fatto stanotte? Quelle zanne … – improvvisamente si ricorda delle chiazze di sangue ma, disorientata, nota che la vestaglia è pulita, non ci sono buchi, eppure è la stessa che indossava dalla sera prima.
– Quali zanne? Ti sei spaventata a morte e sei svenuta. Non sai la fatica che ho fatto per portarti a letto. Forse hai ragione, avrei dovuto azzannarti, sicuramente ti saresti svegliata per bene.
Ora chi me lo paga l’avvocato? Dai, alzati, mi devi aiutare a trovarne uno. E che sia in gamba. –
*Illustrazione: Viviana Careddu
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