I sogni sono faticosi, se non sono illusioni[di Umberto Cocco]
Il gruppo Clivati ha chiesto alla Regione di poter bruciare carbone nella centrale elettrica di Ottana, oggi a olio combustibile. O così, o la lunga crisi dell’industria della Sardegna centrale sarebbe all’atto finale. Assemblee nei paesi, Ottana alla testa del No, e drammi, e psicodrammi.Fra due e trecento persone erano venerdì sera all’assemblea di Ottana, molti sindaci dell’area, da Orotelli a Illorai, da Bortigali a Olzai, a Mamoiada, Sedilo. Molta classe operaia disgregata e non più classe; anzi, disposta ai più furibondi attacchi antisindacali, alle più arrabbiate, disconosciute memorie di sé, del proprio lavoro, dei propri ex compagni. E’ una bella occasione, per capire come stiamo (male), cosa ci infiamma ogni tanto, quali luoghi comuni condividiamo nella contingenza, quali paure, e che sogni, se ne abbiamo. Nessun’altra assemblea popolare riesce nei nostri paesi se non queste per dire dei grandi No a opere infrastrutturali o industriali energetiche, dall’inceneritore di Macomer al gas di Arborea, dal termovalorizzatore a Ottana alla condotta per il metano algerino. Nelle coste, riescono quelle per dire dei grandi Sì, agli insediamenti turistici (miracolistici), a un emiro, a un “grande” gruppo che li propongono mostrando i rendering nelle aule dei consigli comunali, da Bosa a Oristano, fra golf e discoteche. Qualche assemblea sulla zona franca, riesce e si accende, e non è un argomento troppo diverso. Non c’è tutta la nostra povertà e subalternità, culturale e politica? Sempre a rimorchio: altri fanno le scelte, a noi resta il sì o il no, e il gusto e la libertà di poterli gridare, appassionandoci, credendo di contare. Non so perché, mi viene in mente che anche la politica è così: il tifo, il sì o il no all’uno o all’altro candidato di volta in volta lanciato da un gruppo costituito o da un giornale, nessuna partecipazione nella fase in cui le cose maturano, nessun peso nell’orientare la politica, le politiche del proprio stesso partito, e questa democrazia illusoria delle primarie, “aperte” (“ke sa melarenàda”, si dice in sardo…). L’illusione della partecipazione: a un dirigente della Cgil che cercava di portare qualche argomento a favore della tesi della nuova centrale di Ottana, citando qualche dato, dal pubblico un uomo ha gridato: “Ma ite ses nande? Li conosciamo tutti i dati, basta andare su facebook”. Gli esperti sono sempre gli stessi, per tutti i no gli stessi esperti su tutte le piazze, indiscutibili per definizione, prescindendo dai curricula, così che Veronesi viene confutato dal medico di base e accusato di intendersela con le multinazionali dei farmaci, ogni caso umano e i racconti di personali malattie anche gravi, messi a carico dell’industria, come i cavoli verdi che il vicesindaco di Illorai coltiva nell’orto di Molìa. Sono problemi veri, giganteschi, anche qui. La paura, il terrore delle mamme, per esempio, delle giovani mamme: è un sentimento così antico, “animale”, che bisogna solo tacere davanti a loro, anche quando urlano, intolleranti e irriguardose. Una centrale a carbone effettivamente fa tornare indietro il tempo, anche se il nucleare che sembrava un’alternativa lo abbiamo rifiutato con terrore, e c’è un movimento per il no al metano in Sardegna con gli stessi protagonisti, in parte. Così come bruciare rifiuti che basterebbe non produrre, sembra un irragionevole comportamento degli umani. L’industriale privato che si è insediato qui è un giovane padrone con qualche spregiudicatezza di troppo, concorda le assunzioni con il consigliere regionale del territorio (vedere i luoghi di origine degli operai, anche per questo Ottana si arrabbia), minaccia licenziamenti se le cose non vanno come lui vorrebbe nelle scelte di politica industriale della Regione, dà del tu e concede che anche a lui si rivolgano con familiarità sindacalisti, sindaci, consiglieri regionali, e fa un effetto bruttissimo, il cameratismo che abbatte ogni differenza di ruolo, di funzione, di responsabilità. Però, anche noi, che tristezza. Divisi, arrabbiati, intolleranti, alla ricerca di semplificazioni, non sappiamo fare i conti con la crisi dell’industria e con il suo rilancio, e con un futuro autoprodotto, ragionando su cosa conservare dell’esperienza della prima e articolando il secondo con l’intelligenza, la fatica e la responsabilità che sono necessarie per fare del resto entrambe le cose. Non sarebbe il paradiso terrestre la piana di Ottana senza industria, e sarebbe il caso di fargliela bonificare sinché un’industria e un industriale ci sono, prima che vadano via senza averlo fatto, come è accaduto altrove. Già oggi, la piana fra Sedilo, Ottana, Noragugume, Orani, Bolotana, resa irrigua con enorme spesa (quando si faranno i conti di quanto è costata e di quanto rende l’infrastrutturazione agricola della Sardegna, ci sorprenderemo, nel confronto con spese e rese dell’industria….), ha la percentuale più bassa in Italia per utilizzazione dell’acqua nelle coltivazioni, siamo sotto al 10% della superficie servita. Dieci%, un terzo della già bassa media regionale, un quinto di quel che accade a Siniscola, un ottavo dell’utilizzazione dell’acqua a Orosei. Fa impressione, e sarebbe un tema della Coldiretti, che all’assemblea di Ottana non ne ha fatto cenno. Mi piacerebbe ragionare anche su quanto inquina l’agricoltura. Ad Arborea si sa, qui meno: ma il professor Nicola Sechi racconta da decenni che il lago Omodeo è morto, meglio non immergerci la mano in quell’acqua, per i rifiuti organici e dell’allevamento. Per eliminare le discariche abusive dal territorio di Sedilo sono necessari 42 mila euro ogni anno, quattro volte i fondi dati alla biblioteca, e i rifiuti sono i nostri, dall’eternit alle gomme, alle carcasse delle pecore. Ma insomma, anche i sogni sono faticosi, se non sono illusioni, concluderei.
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Un’analisi molto bella e soprattutto molto vera, di quella verità scarna che fa male, ma è libertà.
Ma in Regione, per caso, è stato soppresso l’Assessorato all’Industria?Credo sia la fonte più autorevole per dare delle indicazioni.Il Comune di Ottana e il Consorzio industriale per la Sardegna Centrale e i Comuni del territorio Macomer in primis dovrebbero pretendere una risposta e scelte di indirizzo.Sopratutto pe evitare che la gente sindacati e partiti compresi finiscano per accapigliarsi con le popolazioni del circondario.
prosa sempre efficacissima quella di Umberto… soprattutto pone problemi angoscianti… ma quando i temi si affrontano in maniera solo fegatosa, come nelle cosiddette assemblee popolari, poi hci rappresentano? finisce così tragicamente… perchè le classi dirigenti, sindaci, non si assumono le loro responsabilità. Quanto ai consiglieri regionali, sempre la stessa minestra acida: qualche marchetta E VA BENE MADAMA MARCHESA…..
… Bisogna pensare in modo coinvolgente ed esigente per diventare popolo conduttore di se stesso, un popolo capace di costruire una Natzione che guarda al futuro con fiducia. Abbandoniamo le giustificazioni autonomistiche e “dipendentistiche” che dà sempre si affidano agli altri per scaricare le responsabilità dei propri fallimenti.
Diventiamo liberi di pensare il nostro futuro rispetto alle nostre possibilità e alle nostre capacità. Pensiamoci capaci di essere adulti.
Il Sindaco di Sedilo parla raramente (almeno su facebook) dicendo sempre cose sensate e realistiche, ma sono proprio quelle che molti non vogliono sentirsi dire preferendo, agli argomenti che obbligano ad assumersi responsabilità, una “ciarla” facile e facilona, con il risultato che si attira più critiche che consensi. Mi piace.
Ciao Umberto, qui non ti avevo letto ma, come al solito, si vede chi bata conca e sale!
Fuor di metafora: da quanto tempo non sentiamo più parlare delle “questioni” per quello che sono. Ma nei luoghi deputati a farlo. Non che l’assemblea popolare non lo sia ma se è l’unico luogo. . . è come Papa Francesco che si sostituisce alla Politica! Non va bene, non va bene che si lasci fare a imprese, sindaci, operatori economici, senza una bussola.
E il caso di specie – L’ENERGIA – è l’esempio più emblematico del nulla e degli affari contemporaneamente! A me, da piccolo, hanno insegnato che prima di guardare in casa dei vicini occorreva sapere i fatti di casa propria. Ma alla casa non si è sostituita l’agorà. . . piuttosto il caos-ino!!!