Si è rotta la playstation [di Raffaele Deidda]
La notte del primo giugno scorso Matteo Renzi e Matteo Orfini ingannavano l’attesa dell’esito delle elezioni giocando a Pro Evolution Soccer sulla playstation. Rilassati e convinti di festeggiare un risultato pieno che, come aveva anticipato con certezza granitica Alessandra Moretti, candidata Pd alla presidenza del Veneto, sarebbe stato di 7 a 0 con il Veneto golden goal. Si sa com’è andata: la Liguria a Toti e il Veneto a Zaia che ha doppiato la Moretti. Brutta faccenda, con il 50% degli elettori e un calo del 10% nell’affluenza rispetto alle precedenti regionali. “Abbiamo comunque vinto 5 a 2”, ha detto il premier-segretario del Pd, mentre per il presidente del partito Orfini non si è trattato di un voto sul governo la cui tenuta non sarebbe stata messa in discussione. Ci sarebbe stato il secondo turno delle comunali e una compensazione era attesa! Invece, altra doccia fredda: Pd e centrosinistra, sconfitti a Venezia, Arezzo, Nuoro, Matera, Enna e nei centri industriali di Gela, Augusta, Portotorres dove i nuovi sindaci sono del M5S. Il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini commenta: “Brucia la sconfitta di Venezia. Aver riconquistato città simbolo come Mantova o Trani o confermato buoni amministratori a partire da Lecco non è sufficiente a giudicare positivo questo risultato“. A Renzi, oltre il risultato di Venezia, brucia quello di Arezzo, città di Maria Elena Boschi, feudo inespugnabile per esserci nato Amintore Fanfani, per la ministra grande statista e riferimento per tante donne e uomini della mia terra, compreso mio padre. Renzi proprio ad Arezzo aveva raccolto nelle Primarie un consenso “bulgaro”, l’80% dei voti! Al Pd sardo brucia la clamorosa sconfitta a Nuoro, roccaforte storica del centrosinistra dove Alessandro Bianchi si è fermato poco sopra il 30% e Andrea Soddu, con quattro liste civiche e il Partito Sardo d’Azione ha sfiorato il 70%. Dopo aver perso, al primo turno, La Maddalena, Tempio, Orgosolo e molti altri comuni, si sono aggiunti Porto Torres e Sestu. Non si capisce perché un dirigente del Pd giudichi complessivamente positivo il risultato. Forse per la vittoria, risicata e problematica, per il soccorso dei Riformatori, a Quartu S.Elena? Stefano Delunas ha battuto (51,63% a 48,37%) Mauro Contini, in una città di 72.000 abitanti e con un’astensione record: 8.000 elettori sui 61.000 aventi diritto. Mentre a livello nazionale Renzi attribuisce la sconfitta non a se stesso ma alla sinistra (sic!) il renziano segretario regionale del Pd commenta che ha vinto la voglia di cambiare e la gente chiede risposte. Renato Soru ritiene indispensabile una riflessione approfondita nel Pd e nel centro sinistra, perché il crollo dell’affluenza è sintomo di sfiducia a cui il Pd non può rimanere indifferente: Il Pd è nato per allargare la partecipazione, per consentire ai cittadini di avere una casa dove discutere del destino della propria comunità. In queste amministrative evidentemente questo non è avvenuto. Parole di buon senso ma non originali perché già sentite dai precedenti segretari regionali che, archiviate le riflessioni approfondite dopo sonore sconfitte, hanno ignorato o non hanno saputo gestire le istanze di iscritti, di simpatizzanti, della comunità regionale. Forse non le sapevano leggere o forse perché non coincidevano con gli interessi autoriferiti della dirigenza del partito. Questa infatti anche nei momenti più critici per la comunità regionale ha sempre trovato un posto al sole per se stessa. Ma come si legge in rete, gli iscritti del Pd non intendono più tollerare il predicare bene e il razzolare male. Pretendono una politica basata sulla partecipazione che dev’essere non solo declamata ma agita concretamente. I risultati elettorali in Sardegna, come in Italia, sono un segnale forte che nel Pd è tempo di smetterla – come ha detto Luciano Barca – con i familismi e i clan di stampo medievale. Il giocattolo politico usato ad personas si sta definitivamente rompendo. Come sembra essere avvenuto alla playstation di Renzi. |