Si può ritornare alla politica? [di Salvatore Corveddu]

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Per diversi aspetti appare scoraggiante, almeno a me, che sia stata rimossa rapidamente la necessità di un’analisi sulle ragioni che hanno prodotto i risultati elettorali nelle recenti elezioni amministrative della Sardegna (e non solo). Ancora non si sono insediate tutte la nuove amministrazioni, eppure sembra che non sia successo niente. Invece è successo qualcosa che dovrebbe suonare disarmante, soprattutto a chi ha subito una sonora sconfitta. Ma è successo anche qualcosa di sconvolgente, e non solo per una questione di risultati.

Prendiamo in esame ciò che è avvenuto a Porto Torres, ma che può essere un paradigma per una discussione più generale: una schiacciante vittoria del “Movimento 5 stelle” (per niente attesa dai più convinti attivisti in quelle dimensioni) ed una bruciante sconfitta di tutti i partiti che si sono avvicendati negli ultimi 15 anni alla guida dell’amministrazione cittadina. Tutti costretti all’opposizione da un monocolore penta stellato e, soprattutto, dalla grande affluenza al voto nel turno di ballottaggio: circa il 62% degli aventi diritto rispetto al 66% del primo turno.

E qui sta uno degli elementi che, a mio avviso, suonano un campanello per coloro che hanno contatto molto, in questi ultimi anni, sulla disaffezione al voto. Un segnale che dice che si è “rotto il vaso“. Un vaso colmo, certamente, anche dei riflessi che derivano da una scellerata politica nazionale ma anche di un supino adeguamento della Giunta regionale, di una politica onnivora e senza orizzonti, e che sembra non voglia leggere che l’indignazione ha raggiunto livelli non controllabili dalle solite camarille politico-affaristiche-assistenzialistiche, che appaiono incuranti che dalla crisi finanziaria si è passati a quella industriale e che ora è diventata, in Sardegna più che altrove, profonda crisi sociale.

Se a questo si aggiunge che oramai tutti, anche quelli meno informati, sosteniamo che la prevalenza del profitto pubblico su quello privato, lo strapotere del ricco sul povero, il rinchiudersi delle caste (politiche) a difesa di privilegi ora come non mai immeritati, la manipolazione della scuola pubblica a favore di quella privata senza riguardo per gli insegnanti, il disastro introdotto con le cosiddette riforme delle pensioni, e si potrebbe continuare con altri fenomeni degenerativi, sono segnali che svelano il forte degrado di una comunità che dagli anni della ricostruzione post-bellica era fondata sull’interesse generale.

Una situazione che ormai rende fin troppo evidente il respiro corto di chi agisce i ruoli del potere politico per propria convenienza, calpestando ogni valore comunitario e sociale a cui non possono che opporsi, ad un certo punto, le ragioni del bene comune. E a Porto Torres questo fatto, ora, è diventato imperativo: la città più (ex)industrializzata della Sardegna ha detto basta all’indignazione e ha mandato a casa quelli che a più riprese avevano promesso ciò che non è successo. Da un voto che affida le ragioni del “bene comune” di quella comunità ad un sindaco sconosciuto con la speranza che, a differenza di quelli conosciuti e ritenuti colpevoli di averlo calpestato il bene comune, possa pensare non a se stesso ma agli altri.

Una grande sfida. La sfida e la forza morale che dovrebbe riguardare una visione politica più generale, visione che oggi è molto lontana da un interesse generale di una politica tutta concentrata più che sulle future generazioni nel far confliggere queste con la realtà attuale e che abbisogna, oggi per il futuro, di grandi attenzioni proprio per i guasti prodotti da alcune cosiddette riforme.

Un esempio che può valere per tutti: quanti sanno che con la “riforma Fornero” si è passati dal considerare utili almeno 5 anni di versamenti contributivi per avere una rendita pensionistica (se questi permettevano di maturare un assegno superiore alla pensione sociale), ad almeno 20 anni? E che se non si raggiungono 20 anni di versamenti non ci sarà alcun riconoscimento?!

La signora Fornero è tornata ai suoi agi, decine o centinaia di migliaia di ex lavoratrici e lavoratori, con quelle nuove condizioni consegnate a nuovi e futuri disagi. Grazie a tutto il Parlamento. Questo e tanto altro non offre un’idea alta e forte di comunità se si aggiunge che gli agi dei signori parlamentari decisori, invece, non si possono toccate perché sarebbe incostituzionale. Quel campanello riguarderà solo Porto Torres se a votare decidono di andarci molti di coloro che via via hanno fin qui rinunciato?

One Comment

  1. Giorgio Cicilloni

    Quanto successo a Porto Torres e’sicuramente il prologo di quanto averra’ in tanti comuni da qui a un anno non solo in Sardegna ma in tutto il paese. Le promesse quando si fanno bisogna essere in grado di mantenerle…soprattutto quelle fatte dai professionisti della politica.

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